Esagerati Celtics: Jaylen Brown batte il record di Jokic, è il più pagato di sempre

I Celtics superano di slancio il record stabilito l'estate scorsa per il campione dei Nuggets per trattenere la guardia fino al 2029. Non è tutto oro quel che luccica, però. Il fisco Usa si è inventato mille modi per tassare i campioni dello sport

Esagerati Celtics: Jaylen Brown batte il record di Jokic, è il più pagato di sempre

L’Arabia chiama, l’Nba risponde. Questa, in estrema sintesi, potrebbe essere la morale dopo la notizia che l’escalation dei contratti supermax, quelli che premiano le superstar della lega professionistica di basket più ricca al mondo, ha toccato un nuovo vertice. Dopo i 276 milioni di dollari che i neo-campioni dei Denver Nuggets avevano concesso al grandissimo Nikola Jokic l’estate scorsa, molti pensavano che si fosse arrivati al top. Hold my beer, hanno risposto i Celtics, rilanciando con convinzione per trattenere a Boston l’all-star Jaylen Brown. Viste le tentazioni da altre franchigie a caccia di rilancio, i Verdi hanno esagerato, ricoprendo d’oro la guardia: 304 milioni di dollari in cinque anni, abbastanza per farlo giocare al Garden fino a 32 anni. Molti scuotono la testa, pensando che pagare così tanto quello che, bene o male, è un numero 2 sia assurdo ma non c’è niente da fare: la lega più player-friendly del mondo non ne vuole sapere di tornare sulla terra.

Un contratto principesco

La notizia, circolata nella serata di martedì, segna un nuovo record nella ricca storia della Nba, facendo diventare il classe ‘96 di Atlanta il giocatore più pagato di sempre. L’agente di Brown, Jason Glushon, ha poi confermato che, come da tradizione Nba, il salario è fully guaranteed, cosa che fa morire d’invidia, ad esempio, i giocatori di football. Brown, quindi, prenderà lo stipendio in pieno anche se infortunato ma non basta: a quanto pare, all’interno, ha fatto inserire una clausola che farebbe salire ulteriormente il suo stipendio se fosse ceduto ad un’altra franchigia. Boston, quindi, è stata costretta a cedere più o meno su tutta la linea per trattenere quello che considera, evidentemente, un elemento fondamentale per la rincorsa al titolo, che manca dall’ormai lontano 2008. Intendiamoci, Brown al TD Garden non ha sfigurato per niente, visto che è reduce dalla sua migliore stagione di sempre, mettendo a referto 26,6 punti a partita, 6,9 rimbalzi e 3,5 assist.

Jaylen Brown Celtics Heat

La terza scelta del draft 2016 è stato nominato nell’All-Nba team, cosa che ha aperto le porte all’estensione del contratto e ad un sostanzioso aumento. L’accordo che lo legava a Boston non era certo economico: per averlo nel roster per quattro anni i Celtics avevano speso ben 106 milioni di dollari. L’investimento ha però pagato: nelle sette stagioni passate nel New England, i risultati non sono certo mancati. I Celtics sono arrivati cinque volte alle finali della Eastern e nel 2022 si sono giocati il titolo contro i Golden State Warriors, uscendone però con le ossa rotte. L’estensione del contratto si applicherà a partire dalla stagione 2024-25 e quindi consentirà a Boston di usufruire dei suoi servigi fino al 2029.

Chi ride di più? Il fisco Usa

Se gli amanti dello sport di una volta scuoteranno la testa sconsolati di fronte a cifre del genere, del tutto impensabili nell’Nba della nostra infanzia, a strofinarsi le mani sarà sicuramente l’Irs, la temutissima agenzia delle entrate statunitense, che da tempo ha messo nel mirino gli strapagati talenti del mondo dello sport. La cosa che coglie di sorpresa molti giovani talenti è come il fisco sia in grado di prendersi ben oltre il 50% dei ricchissimi stipendi che le franchigie sono costrette a concedergli, un vero e proprio choc che causa un’infinità di problemi a molti campioni. Da qualche tempo, poi, i vari stati hanno voluto prendersi una fetta della torta, esigendo la cosiddetta “jock tax”, la tassa sugli atleti, che sono chiamati a pagare in ogni stato nel quale giochino almeno una partita. La cosa, ovviamente, causa enormi grattacapi ai giocatori di basket, che nel corso della massacrante regular season giocano un po’ ovunque in America. La situazione è talmente complicata da richiedere l’aiuto di commercialisti esperti, specializzati nella giungla di leggi e regolamenti che circondano il mondo dello sport.

Jaylen Brown Hawks Celtics

Si dice che gli atleti, ai nostri tempi, sono delle vere e proprie aziende, cosa che non può che riflettersi quando si tratta di fare la dichiarazione dei redditi. John Karaffa, ex giocatore di basket che ha passato 12 anni in Europa, ha fondato la ProSport CPA, una ditta che aiuta circa un migliaio di atleti professionisti ad evitare costosissimi passi falsi. La situazione è più complicata di quanto si immagini: “Ci sono regole diverse per ogni tipo di entrata di un’atleta, dagli stipendi alle sponsorizzazioni, dai diritti d’immagine ai vari investimenti che compiono. Questo è solo a livello federale, poi ci sono anche gli stati che vogliono la loro parte e la situazione cambia da stato a stato. Dipende da quante partite giochi in quale stato, da dove ti alleni nella pre-season, poi ci sono anche le tasse che vogliono certe città. La dichiarazione dei redditi di certi giocatori va fatta in 26 stati diversi, un totale di oltre 200 pagine”. Karaffa se la prende con i vari stati, a partire dalla California, che hanno messo nel mirino gli atleti: “Avevano bisogno di soldi e hanno pensato che gli atleti fossero bersagli perfetti. Gli stipendi si conoscono e, quindi, è semplice stabilire quanto dovrebbero pagare. Non si accontentano mai”.

Anche dal lato esenzioni la vita degli atleti è molto più complicata: i soldi spesi per i trattamenti o per allenatori privati non sono più deducibili ma questo apre un vero e proprio vaso di Pandora. “In fondo è un paradosso: certi stati hanno deduzioni, altri negano quelle concesse dal codice federale. Se un giocatore spende per andare ad allenarsi e quindi avere più probabilità di essere messo sotto contratto non può dedurre queste spese, è assurdo”.

Non è tutto oro quel che luccica

Alle nostre latitudini tutto, in fondo è più semplice, visto che i numeri che circolano sono quelli degli stipendi netti. In America, invece, ogni centesimo deve essere tassato in mille modi diversi, cosa che non può che scioccare i giovani talenti che si affacciano nel dorato mondo dello sport professionistico. Karaffa dice che le tasse sono la spesa più grande di ogni campione: “il momento della verità arriva col primo stipendio. Magari prendi un milione di bonus quando firmi il contratto: il tuo agente ti dice che, forse di quel milione vedrai al massimo 400000 dollari. Si accorgono subito di quanto pesanti siano le tasse, ecco perché ci vengono a cercare. Nel mondo normale gli stipendi salgono con il tempo e, quindi, gli errori di gioventù non contano molto. Per gli atleti funziona tutto alla rovescia: succede tutto allo stesso tempo, trasferirsi, il primo lavoro e pagare una montagna di tasse. Molti hanno grossi problemi ad abituarsi”.

Jaylen Brown Sixers Celtics

I problemi, poi, si moltiplicano quando si inizia a giocare ed il tempo diventa sempre meno. Certi atleti nella Nba prendono l’aereo sei volte alla settimana e quindi devono affidarsi ad esperti per gestire il loro piccolo impero finanziario. Procuratori, consulenti finanziari, assistenti personali, un esercito di persone che hanno la responsabilità di tener conto di tutto in maniera puntuale, per evitare guai più seri quando, ogni aprile, bisogna presentare la dichiarazione dei redditi. Scegliere le persone sbagliate, magari amici d’infanzia o gente che si spaccia come professionisti, può avere conseguenze pesantissime. “Le cose che notiamo subito sono gli errori fatti da gente che, magari molto capace in circostanze normali, non ha idea di come gestire le regole di stati diversi, profitti generati all’estero o cose legate solo al mondo dello sport. Ci accorgiamo immediatamente se i conti sono stati gestiti da professionisti improvvisati. Spesso e volentieri siamo costretti a presentare documenti aggiuntivi per recuperare tasse che hanno pagato in eccesso. Ci vuole poco a fare disastri in questo ambiente”.

Siamo sicuri che

Jaylen Brown avrà fior di professionisti a suo servizio ma non tutti sono così fortunati. In fondo, anche i ricchi piangono, specialmente se hanno a che fare con una brutta bestia come il fisco statunitense.

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