"Non puoi vedermi". Bufera sul gesto alla cestista bianca che infiamma l'America

Basta riproporre il You can’t see me, la popolare celebrazione del wrestler John Cena, per gettare benzina sull’incendio sociale che divampa nel paese

"Non puoi vedermi". Bufera sul gesto alla cestista bianca che infiamma l'America

Randallstown è un gomitolo di case per lo più popolari, a due passi da Baltimora. Trentacinquemila anime condite da una proliferante comunità afroamericana. Conficcata nel cuore dell’Iowa, Des Moines è invece un solido centro economico, finanziario e culturale. Dire che un paio di giorni fa questi due mondi sono venuti a collidere per una partita di basket parrebbe riduttivo. Perché Louisiana – Iowa, finalissima femminile del campionato universitario Ncaa, si è trasformata in un caso politico che divide l’America intera.

Le premesse

La scossa tellurica nasce tutta da un gesto. Sul parquet sfrigolano e si incrociano le scarpe di Angel Reese, trascinatrice di Louisiana, e quelle di Caitlin Clark, astro iridescente di Iowa. È una di quelle gare che impediscono, letteralmente, di staccarsi da smartphone e teleschermi. D’un tratto un’enorme fetta del Paese si ferma per contemplare quello scontro, che ne racchiude dentro - preoccupante matrioska - molti altri, come ci è stato ancora una volta rammentato. Quasi dieci milioni di persone se ne stanno incollate lì.

Angel dal sobborgo di Baltimora, Caitlin dal patinato Iowa, dunque. Riflettori che spesso vanno a cercare faglie nei volti. Telecamere strette per indovinarne i pensieri sotto pelle. Poi quel gesto, all’apparenza – e anche nei fatti – del tutto innocuo, manifestazione di una rappresaglia meramente sportiva, dello sfottò sano che cade come un balsamo sulla tensione prosperante. Louisiana conduce largamente. Vincerà con il fragoroso punteggio di 102 a 85.

Il gesto finito alla gogna

Sul tramonto del match Angel, certamente appagata ma ancora in trance agonistica, sfila accanto a Caitilin. E le fa un segno con la mano, che chi ha seguito un minimo di wrestling a stelle e strisce, anche soltanto per osmosi, conosce nitidamente. You can’t see me. Non puoi vedermi, le comunica mimicamente, facendo scorrere le cinque dita e il palmo aperto lungo il suo stesso volto. Prende in prestito, la Reese, la celebre esultanza di John Cena, il sedici volte campione del mondo che l’aveva inventata a casa con il fratellino. “Non puoi vedermi arrivare, sono troppo forte per te”, l’aveva scherzato in una gara di ballo in salotto. Il senso era questo. Qui però l’innocuo dileggio sportivo, anziché disarmare la tensione, diventa kerosene su un incendio mai sopito.

Ed è ancora più assurdo che il lapidario scherno tra atleti – peraltro riccamente adoperato nella patria del trash talking – diventi motivo politico che angustia il Paese, specie perché surrettiziamente si tace del fatto che quello stesso gesto era avvenuto, a parti inverse - l'aveva sfoderato la candida, e pure lei vittima del circo creatosi, Caitlin - nei quarti di finale. L’irriverente sberleffo, tuttavia, assume evidentemente peso specifico differente nell’America che si nutre avidamente delle proprie divisioni interne.

Una tensione sotterranea

Nel posto che ha fatto detonare il Black lives matter, quello dove il solco tra bianchi e neri – culturale, economico e dunque sociale – resta ancora ottusamente profondissimo, la reazione della ventenne Angel diventa quasi un assist no look per innescare un dibattito furente. Schiuma quindi mezza America, natualmente sui social. Facebook, Instagram e Twitter vengono presi d’assalto. “Come si è permessa, la Reese, di schernire in quel modo Clark? Non sa che attaccando lei offende un intero modello?" Grandinano insulti razzisti. Si sprecano le intemerate. Agli attacchi d’una parte reagisce, rabbiosa, l’altra. Una lite da cortile – pardon, da parquet – diventa in fretta bailamme nazionale.

Non si scusa – e perché dovrebbe farlo – la giovane stella di Lousiana: “Vengo dal ghetto, sono tamarra, criticatemi pure”. Ma qui non c’entra, è evidente, la sua educazione personale.

La materia è molto più incandescente e disvelatrice di un antagonismo carsico che tambureggia da tempo contro una cornice sempre più liscia. La fetida strumentalizzazione di un inoffensivo gesto con la mano è soltanto l’ennesimo sbuffo. C’è un torrente pronto a rompere gli argini e quello sì, lo possiamo vedere tutti.

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