La battaglia dell'aria

C'è una battaglia nell'aria, è la battaglia dell'aria. La pandemia ha soltanto accelerato un processo irreversibile

La battaglia dell'aria

C'è una battaglia nell'aria, è la battaglia dell'aria. La pandemia ha soltanto accelerato un processo irreversibile. Secondo uno studio recente ormai il 90% delle persone respira aria insalubre. Non siamo neanche usciti dal tunnel del Covid-19 che il diritto a un'aria pulita si è fatto sempre più strada nella coscienza collettiva.

Per vincere questa battaglia servono comportamenti individuali e responsabilità collettive ma soprattutto politici competenti e capaci di promuovere soluzioni nel breve, medio e lungo termine. Finora abbiamo assistito a un balletto di promesse. Troppa demagogia, troppa ideologia e i risultati non arrivano. E sempre più persone muoiono di smog. Oggi la politica è sul banco degli imputati. E la gente è più consapevole. Può decidere di trascinare gli amministratori in tribunale. E avere ragione.

Basta vedere che cosa è successo a Londra, dove una madre ha ottenuto che venisse inserito anche l'inquinamento tra le concause di morte di sua figlia Ella Kissi-Debrah, scomparsa nel 2013 a 9 anni dopo un ultimo, fatale attacco di asma e un andirivieni dagli ospedali di Londra (27 volte in tre anni). I genitori di origini africane residenti a South Circular Road, nell'affollato sobborgo di Lewisham, periferia sud-est di Londra, hanno dichiarato agli inquirenti di non esser mai stati messi a conoscenza di pericoli rappresentati dall'inquinamento per la salute della piccola. Decisiva è stata la perizia del professor Stephen Holgate, medico legale, secondo cui la vita della bambina è rimasta per mesi «sull'orlo del baratro» prima dell'attacco fatale. Tanto è bastato al magistrato inquirente Philip Barlow, per convincere i giudici della Southwark Court a scrivere nel verdetto che «oltre allo scompenso respiratorio acuto e a una forma severa di asma» a uccidere la piccola è stata «un'esposizione eccessiva all'inquinamento ambientale», che ha dato «un tragico contributo materiale» alla morte.

SOGGETTI VULNERABILI

Insomma, non si scherza più. Chiedetelo al sindaco di Torino Chiara Appendino, indagata per inquinamento ambientale assieme al predecessore Piero Fassino, al governatore Alberto Cirio e a qualche ex assessore all'Ambiente degli anni scorsi perché non avrebbero tenuto conto «della vulnerabilità di gruppi sensibili della popolazione, come i bambini», mettendo in campo misure inadeguate per contenere lo smog, prevedendo peraltro «numerosissime esenzioni di divieti di circolazione veicolare» e un numero insufficiente di controlli e relative sanzioni.

In Italia, specialmente al Nord, l'inquinamento dell'aria è causato non solo da industria e trasporti. D'inverno basse temperature, conformazione della Pianura padana e inversione termica impediscono che lo smog si disperda nell'atmosfera. Il vero problema è che i cittadini non comprendono ancora fino in fondo la gravità del fenomeno. Perché, come il Covid, l'inquinamento è invisibile e anche se è dannoso per la salute noi riusciamo ancora a respirare, trascurando la questione. E non esiste un monitoraggio dell'aria in tempo reale da parte di un organismo governativo.

IL MERCATO ANTI PM10

Che cosa sta facendo l'Europa? Tante sono le iniziative, ma sono tutte o quasi a lungo termine. Ma nel breve, brevissimo tempo? Che cosa si può fare? Di questo parleremo. In compenso è esploso il mercato dei depuratori dell'aria, un mercato da centinaia di miliardi di euro all'anno, su cui i player del settore investono moltissime risorse ma di certezze ce ne sono pochissime. È un business enorme, le promesse si sprecano ma la verità qual è? Che non c'è alcuna certezza.

In fondo al rapporto dell'Istituto superiore di sanità dal titolo «Indicazioni sugli impianti di ventilazione/climatizzazione in strutture comunitarie non sanitarie e in ambienti domestici in relazione alla diffusione del virus Sars-CoV-2» del maggio 2020 si legge: «Ad oggi, in commercio, sono disponibili dispositivi per la sanificazione diretta di superfici e ambienti interni, basati sull'impiego di ozono, raggi UVC, vapore, plasma atmosferico non termico, ioni negativi e perossido di idrogeno allo stato di vapore o di plasma. Alcuni di questi trattamenti sono, al momento, in fase di valutazione al fine di accertare e definire la loro efficacia sterilizzante in assenza di effetti avversi per la salute umana, per l'ambiente e gli ecosistemi e per i materiali esposti nelle condizioni di utilizzo proposte dal produttore. Saranno pertanto tema di documenti specifici».

Insomma, non c'è una tecnologia che metta tutti d'accordo. Non abbiamo indicazioni certe nonostante alcune mirabolanti promesse che si sentono in tv, nei giornali e su internet. In base a quali informazioni l'amministratore di un'azienda può proteggere i suoi dipendenti, i suoi clienti e se stesso dal suo operato? Sarebbe interessante che le principali aziende che si occupano di depurazione mostrassero i report scientifici su cui si basano le loro promesse.

Secondo uno studio commissionato dall'Epha, il consorzio di alcuni Paesi europei tra cui l'Italia, il costo sociale dell'inquinamento nelle 432 città europee prese in esame ammonta a 166 miliardi a carico di 130 milioni di abitanti (dati 2018).

In questa classifica Torino è diciottesima, Roma è quinta e Milano ottava, con una perdita complessiva di welfare di oltre 3 miliardi, pari a 2.843 euro a testa per milanese. Proprio a Milano, sul banco degli imputati, ci sono le polveri sottili. Su tutte il Pm 2,5. Insieme al Pm10 contribuisce all'83% all'inquinamento dell'aria. La concentrazione del Pm 2,5 oscilla tra i 48 e i 50 microgrammi per metro cubo. Troppi.

IL CASO MILANO

Eppure il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che sogna di rappresentare i Verdi europei in Italia, è convinto che grazie al suo Piano dell'Aria il trend si possa velocemente invertire già nel 2025. La misura più nota è la sedicente congestion charge altrimenti nota come Area C, una maxi Ztl per limitare la circolazione in città dei veicoli più inquinanti, sospesa a causa delle restrizioni alla circolazione e riaccesa soltanto il 24 febbraio scorso, anche se in versione light, dalle 10 alle 19.30. Già, peccato che i livelli di polveri sottili sono stati altissimi - fino al doppio del consentito - anche per diversi giorni consecutivi.

Area C rientra nelle cosiddette Lez europee (Low emissions zones) ma con risultati discutibili, almeno leggendo il rapporto 2019 sulle altre Lez. A differenza di ciò che succede altrove, dal punto di vista delle emissioni di Pm10 e Pm2,5 Area C non ha dato «differenze significative». Un bel guaio, visto che su Area C si fondano le speranze di Sala di invertire il trend. «Ridurre, entro il 2030, con azioni locali le emissioni di CO2 del 45% rispetto alle emissioni del 2005» e «trasformare Milano in Città Carbon Neutral entro il 2050». Un concentrato di buone intenzioni lastricato di incertezze, legate per lo più alla reale efficacia delle misure previste da qui al 2030 per allineare le emissioni agli standard dell'Oms. Qualche esempio? Il piano di forestazione urbana ha quantificato «la messa a dimora di 220mila alberi all'interno del territorio comunale, in linea con la visione strategica di una Milano 2030 più verde, vivibile e resiliente». Ma piantare un albero oggi significa dover aspettare fino a 15 anni per ottenere un significativo impatto sull'abbattimento di CO2. Con buona pace delle stime di Sala. Prendete il rifacimento di piazza Sant'Agostino: sono stati piantati alcuni alberelli che daranno «frutto» tra molti anni. Ma quanto hanno impattato sull'ambiente i lavori per rifare la piazza? Oppure si può vedere cosa succede al Bosco verticale oggi. La maggior parte degli alberi è senza foglie. Siamo in inverno, direte voi. Già, ma senza foglie come fanno gli alberi a impattare sull'inquinamento? Durante il lockdown si è voluto evidenziare che l'inquinamento è migliorato, ma solo quello da traffico automobilistico. Ma le concentrazioni di Pm10 e Pm2,5 non si sono certo abbassate. Segno che la demonizzazione del traffico veicolare era una strategia sbagliata. Per non parlare della beffa sul fumo. Secondo il Piano aria le sigarette incidono sul 7% dell'inquinamento e quindi è vietato fumare alle fermate del bus. Ma su quali basi scientifiche?

E poi, con questo scenario, è giusto suggerire ai milanesi di andare in bicicletta o in monopattino, visto

che è dimostrato come ad alte concentrazioni di inquinanti il fisico venga debilitato e quindi diventi più vulnerabile? Se qualcuno decidesse di far causa, dati scientifici alla mano, avrebbe più di una chance di vincere.

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