Giovanni Antonucci
La scena italiana soffre dell'iterazione delle sue scelte: gli stessi titoli di Shakespeare, di Molière, di Goldoni, di Pirandello. Ma soffre, se possibile ancora di più, della tentazione di adattare per il palcoscenico le opere letterarie, quasi che non esistesse un repertorio teatrale vasto e spesso significativo. Ecco così adattamenti di testi, anche minori, di grandi narratori. È il caso di Novembre di Flaubert, proposto al Teatro dell'Orologio di Roma. Un breve romanzo, o piuttosto racconto, ricco di spunti autobiografici, scritto dall'autore di Madame Bovary a soli vent'anni nel 1842 e pubblicato postumo. Opera certamente minore di un narratore alle prime armi, ma che pure preannuncia in alcuni temi e nel taglio narrativo L'educazione sentimentale, uno dei capolavori di Flaubert. È la storia della passione sensuale del giovane protagonista per la prostituta Marie, la quale esprime, come ha lucidamente sottolineato il nostro maggiore studioso flaubertiano Massimo Colesanti, «i sentimenti, le idee di Flaubert» e cerca, nonostante il mestiere che esercita, «un amore ideale, un amore impossibile».
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