Antonio Cirignano
da Torino
La volevamo cattiva. Sfrontata, beffarda. Insomma, Carmen deve annientare gli uomini e ridersela del loro dolore. Se si ferma a una sacrosanta rivendicazione dei propri diritti di libertà, diventa una femminista ante litteram. Il che, nel personaggio, ci può stare ma non basta. È qui il limite di questa produzione torinese dellopera di Bizet, in scena al teatro Regio fino al 26 marzo. Non dunque nelle risorse vocali, ottime, che la protagonista Julia Gertseva riversa generosamente nel ruolo, ma nel taglio drammatico un po troppo gentile. Il tenore Marco Berti fa altrettanto bene sul piano vocale ma non rinuncia a quel tanto di disperazione che rende il suo Don José un personaggio più centrato. E si merita le ovazioni della platea (gran pienone), perché quando il rilievo drammatico scarseggia, la storia di Carmen rischia di annegare nella strepitosa cornice musicale del suo colore spagnolo, fra cori di fanciulli e danze dallerotismo strisciante. Per fortuna, a difendere le ragioni del racconto ci pensa la splendida regia del compianto Jean-Pierre Ponnelle ripresa da Laurie Feldman (lallestimento è quello famoso della San Francisco Opera). La mano del maestro è in mille idee. Il gioco di luci che isola Carmen e Don José nella piazza affollata del loro primo incontro, il realistico sbraco della soldataglia accaldata sotto il sole andaluso, il festoso ingresso di toreri e picadores che preparano la corrida.
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