dal nostro inviato
Quello che inizia tra poche ore è il viaggio più importante e più difficile di Benedetto XVI. Il Papa parte per la Giordania, dove si fermerà tre giorni, quindi sarà in Israele e nei Territori dell’autorità palestinese. Un pellegrinaggio, continuano a sottolineare in Vaticano, eminentemente religioso, che culminerà nelle quattro messe dedicate alla comunità cattolica (ad Amman, a Gerusalemme, a Betlemme e a Nazaret), ma che avrà anche momenti altamente significativi per il dialogo religioso – come la preghiera al Muro del Pianto e la visita alla spianata delle Moschee di Gerusalemme – e per la situazione politica – come la visita al campo profughi palestinese a Betlemme. Importantissima sarà la visita del Papa al memoriale dello Yad Vashem.
Nella settimana di viaggio (da venerdì 8 a venerdì 15 maggio) Benedetto XVI pronuncerà 28 discorsi. Il viaggio di pace e riconciliazione, alla vigilia, è stato funestato da minacce più o meno velate da parte di gruppi estremisti musulmani, che non gradiscono la visita, così come dai pesanti dileggi della radio dei coloni israeliani, che hanno definito il Papa un «ex nazista», augurandosi che il suo aereo non parta. Ma non sono tanto queste le preoccupazioni per l’entourage papale. La preoccupazione maggiore è per i tentativi di strumentalizzare la presenza del Pontefice.
Va ricordato che le comunità cattoliche della Terra Santa, ridotte ormai al lumicino, erano contrarie allo svolgimento del viaggio in questo momento, e avrebbero preferito rimandarlo di qualche mese, temendo che, dopo le polemiche sul caso Williamson, il Papa rischi di apparire troppo sbilanciato al recupero del rapporto con il mondo ebraico.
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