"Vi insegno a cambiare i pensieri per vincere le paure"

Nel suo libro la psicologa e psicoterapeuta Federica Baruchello si rivoge a genitori ed educatori alle prese con bambini insicuri e sfiduciati e spiega loro come motivarli

"Vi insegno a cambiare i pensieri per vincere le paure"

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il pensare. Come aiutare i bambini a trasformare il “non saprei” in “come potrei”. È la prima pubblicazione, Edizioni Themis, di Federica Baruchello, psicologa e psicoterapeuta che ha deciso di contribuire così alle consapevolezze che le famiglie tutte dovrebbero avere in materia di educazione psicologica. Un testo centrato sui bambini ma destinato soprattutto agli educatori e agli operatori del settore psicologico, specie dopo la pandemia. Evento che ha influito eccome sulla sfera psichica di tutti, compresi i più piccoli.


Dottoressa, perché questo libro?

“Dopo aver riscontrato un aumento di richieste da parte di pediatri, genitori, insegnanti e educatori per supportare i più piccoli alle prese con frequenti episodi di mal di pancia, pianti incontrollati e notti insonni ho ritenuto necessario mettere a disposizione la mia esperienza professionale per fornire utili indicazioni pratiche affinché la paura non diventi la principale compagna emotiva dei bambini. L’assenza di attività, lo stare diversi mesi in casa hanno modificato alcune abitudini di vita, negli adulti come nei bambini, e ora c’è bisogno di porre attenzione sui pensieri perché un bambino, se parte da premesse di pensiero sbagliate può, ahimè, arrivare a limitare le proprie esperienze di vita e quindi il suo futuro”.


Tipo?

“Poniamo che un bambino smetta di volere andare a scuola o abbia difficoltà perché ancora allarmato dalle vecchie disposizioni Covid-19. Magari penserà: 'Perché togliere la mascherina e andare a scuola? Potrei ammalarmi? Quanti virus girano ancora nella scuola?'. Come conseguenza il bambino cercherà di evitare il contatto con i pari e manifesterà grandi difficoltà emotive nell’affrontare la frequentazione delle attività scolastiche".


Ci spieghi meglio.

“Soprattutto ora, dopo la pandemia, l’adulto è chiamato a stimolare nel bambino un auto-dialogo vòlto ad affrontare le situazioni temute. Il genitore o l’educatore si dovrà maggiormente attivare per aiutare il bambino a trasformare il “non saprei” come andare a scuola sereno a “come potrei” andare a scuola senza paura, strutturando così un pensiero sfidante e propositivo. Come ausilio a tale missione educativa, nel libro sono contenuti dei fumetti, disegnati appositamente dall’illustratore Jan Aleksander Prusalowicz. I protagonisti di questi fumetti sono la coppia di falsi amici “Sorella Paura ed Evitamento” che incitano il bambino a rinunciare con il “non ce la posso fare”; viceversa i veri amici “Fratello Coraggio e Sfida” sono sempre pronti a spronare il bambino per superare gli ostacoli percepiti come difficili ed insormontabili. Per concludere, a seguito della pandemia molte persone hanno modificato il modo di rapportarsi alla vita, rendendolo meno sereno. Ora sarebbe opportuno ri-registrarsi con un pensiero sfidante che riporti alla vita reale, senza un costante pensiero di minaccia e una scomoda e, disfunzionale, immobilità”.

Nel suo libro fa esempi di persone che, pensando con ottimismo, citando per esempio J. K.Rowling oppure Enzo Ferrari, hanno realizzato moltissimo.

“Assolutamente, sì. Poniamo il caso della scrittrice di Harry Potter, J. K. Rowling, un vero esempio di pensiero sfidante. Ha vissuto in una mansarda per anni, subendo rifiuti su rifiuti per i suoi manoscritti ma non ha mai fatto prevalere come pensiero l’evitamento o la rinuncia. Se la Rowling avesse avuto un pensiero evitante, probabilmente noi non avremmo conosciuto il mondo magico di Harry Potter. È solo un esempio. Come penso al grande Enzo Ferrari e al suo colloquio di lavoro alla Fiat non andato a buon fine. Fortunatamente il resto della grande storia del cavallino la conosciamo tutti”.


Lei sostiene che i bambini contemporanei tendano ad arrendersi?

“Credo che i bambini, nell’era della digitalizzazione, abbiano numerosi input. Tuttavia, dipende tutto dal tipo di stimolo che ottengono ed elaborano. Sempre più spesso gli adulti, inconsapevoli dei danni che producono ai loro figli, sostituiscono la loro presenza ed il dialogo con la tecnologia rendendoli così più fragili e vulnerabili. Il mio libro si propone di essere una guida per famiglie e educatori per fornire giusti stimoli. In questo modo, non tutto diviene possibile ma molto sì. Questo è l’effetto del pensare ottimista: costruire delle possibilità per evitare la fuga e l’umore depresso”.


Pensa che si sia usciti psicologicamente dalla pandemia?

“Purtroppo, no. Credo che ci sia ancora molto lavoro da fare e lo percepisco quasi quotidianamente in studio con i miei grandi e piccoli pazienti. Non tutti forse ne sono consapevoli, e forse tendiamo a rimuovere, ma abbiamo vissuto un evento che sta condizionando, direttamente o indirettamente, ancora delle nostre modalità comportamentali producendo nuove paure e nuovi bisogni.

Per questo è necessario che soprattutto i più piccoli apprendano da subito degli utili strumenti per non produrre pensieri limitanti. Questi insegnamenti però devono provenire dall’alto: dai genitori, dagli psicologi e dagli educatori”.

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