Bergamo: «Quante telefonate da Capello»

Luca Rocca

da Roma

Dopo l’interrogatorio fiume anche «Matrix». L’unica cosa che non cambia è l’atteggiamento di Paolo Bergamo, ex designatore arbitrale in coppia con Pierluigi Pairetto. «Sono innocente, ho sempre lavorato esclusivamente per la formazione degli arbitri e l’ho sempre fatto con la massima trasparenza». Davanti a Enrico Mentana come davanti al braccio destro di Francesco Saverio Borrelli, Maurizio D’Andrea.
La trasmissione si apre con la telefonata più famosa fra quelle intercettate tra l’ex designatore delle giacchette nere e l’ex direttore generale delle Juventus Luciano Moggi. La conversazione sulle griglie di partite a cui associare gli arbitri, con passaggio in rassegna di tutte le forze disponibili e delle gare della giornata. Arriva la prima rivelazione: «Le griglie erano come il segreto di Pulcinella - spiega Bergamo -. Nella prima andavano le grandi squadre, Milan, Inter e Juventus, più le altre partite con alta difficoltà. Quindi lì sarebbero stati inseriti arbitri esperti, internazionali o con futuribilità. Non penso si svelino cose difficili da scoprire». Quindi l’altra notizia: le chiamate non avvenivano soltanto con la Juventus. «Capitava con tutti». Poi l’ex designatore fa anche i nomi. «Con Fabio Capello, ad esempio. Quand’era allenatore della Roma. L’avrò sentito una quindicina di volte. Lui aveva un caratteraccio e metteva in soggezione gli arbitri. Si sentiva penalizzato, così chiamava. Anche con lui ho parlato di griglie di arbitri. Ne ho parlato anche con Facchetti con cui c’è confidenza e amicizia. Nel Milan, invece, parlavo con Meani. Con Galliani, invece, ho smesso quando è diventato presidente di Lega».
Poi Bergamo ripercorre i rapporti con Luciano Moggi. «Lo conosco da 30 anni. Tra di noi c’è un’amicizia di lunga data. Quand’era a Siena e io andavo a vedere il Palio, cenavo spesso a casa sua e le nostre famiglie si conoscevano bene. L’amicizia con lui non la rinnegherò mai, come il contenuto delle telefonate. Alcune erano anche scherzose. Quella delle intercettazioni? Si parlava di arbitri che non avevano arbitrato da 15 giorni, quindi tutti gli addetti ai lavori avrebbero potuto individuarli».
Quindi l’ex designatore passa in rassegna la sua carriera al vertice degli arbitri italiani. «Ho accettato il metodo del sorteggio perché io sono arrivato nel 1999, con l’Aia devastata. C’era stato il commissariamento e fummo costretti ad accettare il sorteggio arbitrale, perché credevamo avrebbe tolto i dubbi che dava la designazione. Era il male minore». Poi Mentana sottolinea come dall’inchiesta stia emergendo che il sorteggio delle designazioni poteva essere truccato. «I sorteggi non erano truccati - risponde Bergamo -. Il primo anno ad estrarre le palline erano Pairetto e un giornalista, a me spettava solo la lettura finale. I bussolotti che si aprivano prima del dovuto? Succedeva di rado, non era una cosa voluta». Quindi la fine della carriera: «Nell’ultimo anno Lanese e Pairetto avevano deciso di fare a meno di me e allora decisi di dimettermi. C’erano ostilità con Pairetto e pensai che non avrei più avuto spazio nell'Aia. È una cosa che riguardava me, Pairetto e Lanese.

È una vicenda legata al nostro ambiente. Volevo che venisse Collina al mio posto, ma lui non ne volle sapere». Alla fine il giudizio sull’ambiente: «Il calcio è pulito. Io non sono un pentito e non mi devo pentire di niente».

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