Partiamo da numeri, non di certo confortanti: quando si parla di 425 milioni di diabetici in tutto il mondo, dei quali almeno la metà non sa nemmeno di soffrirne, con una stima di crescita fino a 629 milioni nel 2045, forse vale davvero la pena focalizzare l’attenzione sulle varie opportunità offerte dalla tecnologia per migliorare la gestione e la cura della patologia. Perché il diabete si può curare, anche se, purtroppo, non si guarisce. Di molto si è discusso durante la 54esima edizione di EASD, l’Annual Meeting of the European Association for the Study of Diabetes che, recentemente, ha avuto luogo a Berlino.
Quali sono, dunque, le prospettive orientate a migliorare la qualità della vita del diabetico? Qual è il futuro? La comunità scientifica si sta adoperando per elaborare soluzioni sempre più sofisticate e tecnologiche in grado di garantire un elevato livello della qualità della vita dei malati e per perfezionare terapie farmacologiche. Si, poiché non tutti i diabetici sono soggetti alle medesime variazioni glicemiche, va da sé che non tutti i farmaci disponibili siano adatti per chiunque: occorre la corretta dose di insulina, al momento giusto. Quanta ne occorre? E quando? E se il paziente soffrisse di disturbi cardiovascolari o ai reni, patologie alle quali un diabetico è ben esposto, che si fa? A ognuno il suo, dunque, o meglio, a ognuno la sua molecola. Anche per i diabetici è auspicabile una medicina ad personam, ma ciò è possibile solo quando il medico investirà del tempo per elaborare piani terapeutici ad hoc.
Delle linee guida aggiornate potrebbero aiutare il personale sanitario ad avere indicazioni più precise. Tecnologia dei farmaci, ma anche di quelle soluzioni che, a servizio del paziente e del medico, faciliteranno la gestione di una gran mole di dati. Massimo Balestri, AD Roche Diabetes Care Italy ha presentato, per esempio, lo strumento tecnologico volto a perfezionare la gestione della malattia. Non è semplice la gestione dei dati. La loro raccolta, la contestualizzazione e, infine, la loro analisi, specialmente nel caso del diabete 2. Grazie al contributo offerto dall'Universita di Bari, oggi si può parlare di un algoritmo rivoluzionario che, nato per offrire delle risposte ai pazienti, ma anche per favorire i clinici per una governance proattiva del diabetico in cura, senza escludere l'importanza di intercettare delle strategie di prevenzioni, ottimizza la terapia insulinica.
Questa è la novità che si affianca anche a Eversense XL, il primo sensore impiantabile (sottocute) per la misurazione in continuo della glicemia, in grado di inviare tutti i dati allo smartphone del paziente che può, a sua volta, condividerli con il proprio medico, un sistema già rodato e utilizzato da 480 persone in Italia. Senza dimenticare la nuova cartella clinica diabetologica digitale, che porterà Smart Digital Clinic a una implementazione in tutti i centri di diabetologia in Italia. Già, si corre.
Avete mai sentito parlare di MySugar, la app più scaricata al mondo di questo genere, in grado di offrire ai pazienti una serie di strumenti per la gestione quotidiana del diabete direttamente dal proprio smartphone? Si tratta di un “diario glicemico” capace di connettersi attraverso il Bluetooth, con alcuni dispositivi per la misurazione della glicemia, in modo da creare dei semplici report e grafici con l’andamento dei valori glicemici o avere un calcolatore in grado di valutare la quantità di insulina necessaria in una determinata situazione.
Va bene la cura, va bene la tecnologia, ma il diabete si può prevenire? Di fronte a questa epidemia che ha contagiato anche l’Italia, dove negli ultimi 20 anni il numero di diabetici e più che raddoppiato, la domanda sorge spontanea: che fare? Anche per il diabete vale il consiglio "prevenire è meglio che curare"? Ebbene sì, il diabete di tipo 2 si può prevenire. Proprio il prof Francesco Purrello, presidente del SID, è intervenuto all'EASD 2018 per lanciare una call to action: utilizziamo le armi a nostra disposizione per invertire il senso di marcia del diabete di tipo 2.
In che modo, dunque? Il principale riconoscimento dell’EASD, la Claude Bernard Medal, è stato assegnato a Jaakko Tuomilehto, un ricercatore finlandese che, portando avanti uno studio su un gruppo di suoi connazionali, dal 2014 al 2016, è riuscito a invertire la tendenza della diffusione del diabete suggerendo interventi di tipo alimentare e promuovendo attività fisica.
Basta così poco? Ecco perché lo stesso Purrello mira a scuotere le coscienze di tutti, a partire dai singoli, ma coinvolgendo anche i legislatori, per cercare di arginare lo tsunami diabete. Diversa è la situazione per il diabete di tipo 1, quello che colpisce soprattutto i bambini: si tratta di un problema autoimmune e non c’è modo né di prevenirlo, né di evitarlo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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