Bernanke, dimenticare il Maestro

da Milano

Lui lo sa. Fin da quando ha accettato la nomina da George W. Bush. Ben Bernanke prende oggi possesso della sedia più scomoda degli States consapevole che l’ombra di Greenspan, l’uomo che più di tutti i 12 presidenti della Fed dalla fondazione fino ad ora ha incarnato la figura del custode del tempio monetario americano, non lo abbandonerà mai. Resterà una presenza costante, la pietra di paragone per misurarne le scelte e soppesarne gli atti. Anche perché nessuno potrà raccontare di aver incrociato ai giardinetti, come un nonno qualsiasi, il vecchio Alan. Nel suo futuro c’è un ruolo da Joe Di Maggio della consulenza, da battitore libero pronto a dispensare - dietro pagamento - consigli, indirizzi strategici. E giudizi. Anche sulla Fed, seppur con la discrezione del caso.
I quasi vent’anni di gestione greenspaniana della Fed hanno del resto lasciato un’impronta indelebile: quella che la banca centrale può governare le sorti di un Paese e decretarne un destino. Greenspan è sopravvissuto a quattro presidenti, a due recessioni (passeggere, per la verità), a uno dei peggiori crac della storia di Wall Street e alla follia terroristica dell’11 settembre. Sfidando le teorie dei cicli economici, all’America ha garantito il massimo periodo di floridezza economica (un decennio, un’eternità), muovendo i tassi con un senso del ritmo da musicista qual è.
Non essendone stato allievo, Bernanke non potrà superare il Maestro. Ma dovrà almeno provare a dare un indirizzo proprio alla Fed, nonostante la volontà espressa di proseguire il cammino dell’illustre predecessore. Anche volendolo, non potrebbe. Una delle doti principali di Greenspan è stata la capacità di fiutare in anticipo un cambio di tendenza dei mercati, o un peggioramento congiunturale. Il professor Bernanke non è accreditato di tale fiuto, né passa per uomo sensibile agli umori della finanza. Semmai, ben più di Greenspan, è ossessionato dall’inflazione. È infatti assai probabile che tra i suoi primi provvedimenti figuri l’introduzione di un inflation target, sul modello Bce. Per farlo, dovrà però vincere le resistenze di circa la metà dei governatori fedeli alla linea Greenspan, secondo il quale «la politica monetaria dev’essere gestita da uomini, non da macchine».

Questo primo ostacolo misurerà le doti diplomatiche e di persuasione di Bernanke. Poi, l’ormai conclamato rallentamento dell’economia ne testerà qualità decisionali e di comunicazione. Oltre alla capacità di sopportare l’ombra lunga di Greenspan.

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