nostro inviato a Bettola (Pc)
Vatti a fidare dei compaesani. Giocano a briscola con te per una vita e poi ti dicono che conti come il due di picche. Qui dalle sue parti, tra le querce, quelle vere (non quelle prese in prestito da un partito che si è aggrappato a mille alberi diversi in questi anni) ovvero le querce che dominano la media Val Nure, il peso specifico di Pierluigi Bersani, il nuovo aspirante nocchiero, candidatosi alla guida di un Pd alla deriva, si misura anche così. Mentre si mescola un mazzo di carte allOsteria dellAgo. Gira e rigira, mescola che ti rimescola, cè un paese di tremila anime che finisce solo col mandarlo a quel paese.
Per mille e un motivo. Primo e mai dimenticato motivo: il ponte. Quel ponte sul fiume Nure, che divide giusto in due metà Bettola, il quartiere San Bernardino, sulla sponda destra e quello di San Giovanni, sulla sponda sinistra. Anche se, detto per inciso, sia la gente che abita sulla sponda destra sia quella che abita sulla sponda a sinistra continua a votare, da tempo immemorabile, per il centrodestra. Ma su questo punto torneremo tra breve.
Il ponte, dunque. Quando crollò, era il 1992, Bettola e mezza Val di Nure vennero tagliate fuori dal resto del mondo. Cancellate dalla carta geografica. Quando crollò, per unincontenibile ondata di piena, tutti guardarono al compaesano più illustre, a Pierluigi Bersani, appunto, che allepoca occupava un posto non di poco conto essendo il presidente della Regione Emilia Romagna, supplicandolo di intervenire. Presto e bene. Nulla. Non fece un plissé, non abbozzò la benché minima reazione. Se ne fregò, in altre parole. Tanto che le interpellanze in tutte le sedi istituzionali possibili e immaginabili si sprecarono (una per tutte quella, durissima, del consigliere Vincenzo Tassi che qualcuno ha pensato bene di incorniciare e di appendere alle pareti del bar) concludendo sempre con la stessa domanda: ma perché Bersani non fa nulla?
Continuò a non far nulla Bersani per il suo paese, il paese dove era cresciuto, dove abitano ancora i suoi suoceri, dove suo padre si era fatto strada, sudando sette camicie, aggiustando auto e versando litri di benzina dalle pompe del suo distributore in viale Vittoria. Continuò a fregarsene, pur passando da una carica prestigiosa allaltra. E, mentre lui passava da una carica allaltra, passarono non uno, non due, ma sette anni prima che quel benedetto ponte venisse ripristinato. E non per merito suo, ovviamente.
Glielhanno giurata da allora, qui a Bettola. Tanto che, a scanso di equivoci, alzando i calici al bar degli Alpini salutano la sua nuova candidatura alla guida del Pd con un telegramma in dialetto: «Lè stai nanca bon de fa quelcos per Bettola, figurems se lè bon da raddrizzà il sò partì». Più o meno il concetto è chiaro: «Bersani uguale zero fiducia». Conferma e sottoscrive il giovane sindaco, lavvocato Simone Mazza che, ironia della sorte, gli abita di fronte. «A Bettola, nella casa dei suoi genitori, che sono mancati, Bersani non viene quasi più ormai. Preferisce vivere a valle, nel suo buen retiro di Piacenza. O forse preferisce evitare di avventurarsi quassù per non venire messo in minoranza quando ci si accalora in discussioni politiche». Anche se non sarebbe una novità così traumatica per lui. Perché Bersani e con lui tutto il Pd, con tutte le sue precedenti denominazioni, sono sempre stati in minoranza a Bettola.
Il sindaco Pdl Mazza, per esempio, due anni fa quando è stato eletto il 27 maggio ha stravinto: 75 per cento dei consensi contro il 22 rastrellato, arrancando, dalla sinistra. E non ha fatto altro che bissare e «trissare» i successi ottenuti dalle precedenti amministrazioni di centrodestra.
Dopodiché si torna a giocare a briscola. Tanto il due di picche è sempre lo stesso.
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