Dalla Uno Bianca alla Spider del biondino: la strana corsa delle auto maledette

La Fiat Croma di Falcone è in una teca di cristallo, la A 112 di Dalla Chiesa è entrata in un museo, la Renault 4 di Moro è stata restituita al legittimo proprietario. Le macchine delle grandi tragedie seguono percorsi misteriosi e spesso finiscono all'asta

La Renault 4 con il cadavere di Aldo Moro in Via Caetani
La Renault 4 con il cadavere di Aldo Moro in Via Caetani

Anche Pablo Escobar, il re dei narcotrafficanti colombiani e dell'immaginario criminale ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia più di vent'anni fa, subiva il fascino delle auto fuorilegge come lui, soprattutto se famose. Nella sua tenuta, quattrocento ettari dalle parti di Medellin, c'era un'auto di Al Capone a dire il vero piuttosto malridotta, completamente priva di vetri, con uno sportello scardinato e bucata come un colabrodo dai fori dei proiettili. Suggestione. Al Capone, che morì per una emorragia cerebrale figlia di una sifilide, non stava certo in quell'auto quando finì nel tritacarne dei regolamenti di conti che insanguinavano le città americane negli anni Trenta. Ma a Escobar piaceva così
Del resto le auto criminali, protagoniste come chi le guidava, della cronaca nera, hanno un fascino sinistro a cui è difficile per molti resistere per gusto del macabro e per il brivido della Storia: anni fa una Lincoln che si credeva appartenuta al gangster Lucky Luciano fu venduta a 200 mila dollari. Considerato che sul proprietario non v'è certezza praticamente un furto.
Altre volte il destino di queste macchine della morte è oscura come un racconto di Stephen King. L'Alfa Romeo «Giulietta» spider di Lorenzo Bozano, per esempio, condannato per l'uccisione di Milena Sutter nel 1971, fu venduta nel 1988 ad un'asta per sole 45 mila lire, cinquemila in più del prezzo base. L'auto, Bozano proprio per questo venne ribattezzato «il biondino della spider rossa», era rimasta per 17 anni in un deposito e si trovava in condizioni pietose. La comprò il titolare di un'officina genovese e poi sparì nell'oblio. Una automobile la cui storia nera durò solo una quindicina di minuti ma abbastanza per dimostrare il rapporto patologico che può suscitare la passione per i motori è la Ferrari 208 al volante della quale, anni fa, morì un rapinatore. Si era impadronito del bolide rosso nella concessionaria del «Cavallino» di Cormano, provincia di Milano. Se ne uscì con una battuta da film: «Se devo morire voglio morire su una Ferrari». All'uscita della concessionaria trovò una camionetta dei carabinieri, avvertiti da un'impiegata. Lo scontro a fuoco fu immediato e il rapinatore fu accontentato: stecchito da una pioggia di colpi dentro l'auto dei suoi sogni.
Ci sono anche auto che diventano famose perchè corrono dalla parte giusta. Come la leggendaria Ferrari nera di Armando Spatafora, il maresciallo della Mobile romana che legò il suo nome e quello della sua vettura a inseguimenti e sparatorie da film di Clint Eastwodd e Steve McQueen. Oggi è esposta nel museo storico della Polizia di Stato. A volte invece l'auto lega il suo destino a una fotografia diventando il simbolo di una tragedia, un'immagine che resta per sempre: la Fiat Uno con i tre carabinieri uccisi al Pilastro; la Ford Fiesta del giudice Livatino crivellata di proiettili; la Fiat Croma sulla quale viaggiava il giudice Falcone conservata in una teca di cristallo nei cortili della Scuola di polizia penitenziaria a Roma; la A 112 crivellata di colpi del generale Dalla Chiesa e della moglie esposta al museo storico di Voghera, in provincia di Pavia; la Renault R4 con il corpo di Moro che fu restituita al suo proprietario, un imprenditore di origine marchigiana, Filippo Bartoli, a cui era stata rubata. Immagini crude, violente, lamiere contorte, vetri infranti, sportelli spalancati. Nella corsa al macabro comunque non siamo primi: negli States sono state messe all'asta la Buick del 1966 in cui si uccise l'attrice e sex symbol Jayne Mansfield, l'auto di Bonnie e Clyde ridotta ormai un rottame pieni di colpi di proiettile, la Cadillac Hearse del 1964 con cui fu trasportato il corpo di John F.

Kennedy dopo l'assassinio a Dallas. A Los Angeles poi una casa d'aste ha messo in palio per appassionati e intenditori la bara di Lee Harvey Oswald, l'assassino di John F. Kennedy. L'unica marcia che si poteva ingranare era quella funebre.

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