Il cuore della città si chiama Bowl, catino; la montagna che la sovrasta è Table Mountain, tavola, su cui si stende spesso una nebbia, la Table Cloth, tovaglia, che nasce dal Devil's Peak, il picco del diavolo; la Lion's Head, testa di leone, separa i quartieri sull'Oceano Atlantico dal centro; il forte vento da sud-est è The Doctor, il dottore; le cime che si legano alla Table Mountain sono i Twelve Apostles, i 12 Apostoli, e ogni mezzogiorno viene sparato un colpo di cannone dalla Signal Hill, la collina del segnale
Ma che città è questa con i suoi 4 milioni di abitanti sull'estrema punta dell'Africa in uno Stato soprannominato Rainbow Nation, Nazione Arcobaleno? É Cape Town, Città del Capo, CT per chi vi vive, la più cosmopolita del Sudafrica, incrocio di razze e culture, eletta quest'anno World Capital Design 2014, un progetto pilota per rimodellarla soprattutto da un punto di vista sociale colmando le differenze tra neri e bianchi che l'abolizione dell'apartheid non ha del tutto cancellato. Un'iniziativa coraggiosa varata ora e che continuerà nel tempo sorretta dall'idea che il «design thinking» può trasformare la vita di individui e nazioni.
Infinite le iniziative anche per i turisti (info sul sito www.wdccapetown2014.com), mentre molti quartieri trascurati o, peggio, abbandonati, rivivono, come Woodstock, industrie e fabbriche recuperate. Ecco la Foundry, in Albert rd. 150, ex fonderia con infilata di cortili a colonne in ghisa, sede di atelier trendy come Vogel, chaise-long e sedie di design; Casamento, stoffe o pellami per divani e poltrone cuciti a mano. Magnifico il recupero di un mulino, l'Old Biscuit Mill, al n. 375: botteghe alimentari, gallerie d'arte, artigiani di talento, un mercato il sabato, il ristorante più «in» dello chef Luke Dale Roberts, il Test Kitchen, e quello sulla torretta, tutto vetri e vista notturna, The Pot Luck Club, commistione di piatti europei, orientali e africani (thepotluckclub.co.za; 300 rand circa 20 euro).
Nel quartiere spiccano murales con animali e scene di quotidianità, una «street art» diffusa. Si costeggia il porto (di fronte, il secentesco Castello di Buona Speranza); si passa il Waterfront, ex bacino per navi, ora marina chic con acquario, atelier e hotel; si passeggia nei giardini a sfioro sull'oceano; si prende il tuk-tuk, taxi simile all'Ape. In centro (The Bowl), ecco Long str., palazzi vittoriani con balconi e loggiati in ferro battuto, o boeri, più austeri; tanti negozi. Da Merchants, al n. 34, il meglio degli stilisti africani, dagli abiti agli accessori; al n. 72 mobili e suppellettili di classe «made in Africa». Nel quartiere Bo-Kaap, ai piedi di Signal Hill, c'è la più vecchia moschea; poi, casette variopinte abitate dai discendenti degli schiavi. Contigua, Waterkant, zona di antiquari, locali, «store» in cortili nascosti. Le pietre per cui il Sudafrica è famoso si vendono, montate su forme moderne, da Philippa Green, 76 Church str., via di shopping e mercatini naif. Si soggiorna nello storico Mount Nelson Hotel di Orient-Express (mountnelson.co.za; superior room con colazione da 453 euro), camere e suite su un giardino di 36.000 mq; jardin d'hiver vittoriano, ambienti lussuosi con pezzi d'epoca come la scrivania amata da Churchill; l'afternoon tea è tra i migliori al mondo; in più, l'Oasis Bistro dello chef Liebenberg e lo scintillante Planet Restaurant.
Dalle finestre, vista su Table Mountain, raggiungibile in funicolare, che scende morbida fino alle spiagge bianche inanellate tra loro da rocce. Come la Clifton: per fondale, villette tra fiori sfacciati. A Granger Bay si va per una serata da trascorrere al Grand Café & Beach.
A Camps Bay una casa di charme sull'oceano ospita un ristorante raffinato e un'unica, singolare camera (grandafrica.com). Nelle notti di plenilunio si sale sulla Lion's Head con torce a led, un corteo allegro di lucciole a dominare la distesa d'acqua e il nulla fino al Polo. Ultimo lembo di terra di una leggendaria «Finisterre» africana. (Turismo Sudafrica: southafrica.net, tel. 800.
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