Ancora non abbiamo letto che cammina sulle acque e moltiplica prodotti ittici con un semplice schiocco delle dita, ma tutto il resto ricorda molto una biografia già nota. Prima ancora che Monti entri in scena, dilaga per il Paese la febbre alta per il nuovo idolo. Monta il montismo. Nel giro di poche ore, il grande corso dell’adulazione e del servilismo è già esondato, devastando beni preziosi come la prudenza, il distacco, l’equilibrio. Trionfa solo una certezza: il Paese è salvo.
Sventurato il popolo che ha bisogno di eroi, diceva Brecht. Noi siamo talmente sventurati che per il Prof abbiamo già dato fondo a tutte le riserve nazionali di aggettivi. Evidentemente lui non c’entra nulla. Anzi, il più infastidito, se è vera la metà della metà di quanto si racconta sulla sua anima d’inflessibile calvinista, dev’essere proprio lui. Ma questo, agli agiografi scatenati, non interessa nulla. Hanno una grande impellenza: portarsi avanti. E allora sotto con la santificazione - in fondo, gli agiografi sono storicamente i biografi dei santi - senza nemmeno passare per il processo di beatificazione. Rispetto a Gesù, che ogni tanto usciva dai gangheri di fronte alla deficienza umana, Mario Monti è nettamente più padrone delle emozioni. Lucido, calmo, socratico. E lo stile di vita: quale esempio di rigore. Sempre rispetto a Nostro Signore, che aveva il brutto vizio di frequentare gentaglia e pure donnacce, il nuovo premier (col timer) frequenta solo luoghi giusti e gente giusta. Nell’ordine: università Bocconi, Corriere della Sera, la Scala, Cernobbio, Roma quasi niente, tanta Bruxelles, e persino in vacanza se ne sta sul laghetto di Silvaplana, che a me è sempre sembrato il laghetto di Sankt Moritz, ma in realtà - leggo testualmente sulla Stampa- «è assai lontano dai suoi fasti». In linea d’aria, trecento metri.
Mentre l’Italia dei lavoratori e dei risparmiatori spera che quest’uomo sia soprattutto un saggio gestore dell’emergenza, capace di intimorire i fetenti speculatori dei mercati con le sue acclarate competenze e il suo indiscutibile prestigio, ai violinisti della corte interessa soltanto montare velocemente il nuovo monumento. Ovviamente, sono gli stessi che ridevano di Emilio Fede incantato davanti al beato Silvio. Ma c’è adorazione e adorazione. Italia, rallegrati: finalmente trionfa la borghesia sobria e misurata. In un abile gioco di contrapposizioni con gli ultimi anni, il nuovo che avanza riluce di austerità e di vintage. Basta villazze: Monti abita in un normalissimo appartamento in zona Magenta (sì, prova tu a comprare in zona Magenta). Basta cappotti di cachemere: Monti veste pervicacemente e orgogliosamente il Loden verde. Basta festini: la domenica, Monti va a messa nella chiesa di Santa Maria delle Grazie. Difetti? Per favore, non scherziamo. Stando ai suoi spietati biografi, Monti è il tipico esponente della Milano migliore, per la quale oggi il vero lusso è girare in bicicletta, trovando assai volgare l’auto con l’autista.
Diamine, senza falsa modestia, posso dire sinceramente d’essere pure io un autorevole candidato premier: circolo in bici da una vita, saltuariamente vado a messa nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, vivo in un normalissimo appartamento, neppure in zona Magenta, e quanto al Loden trovo persino che cominci a costare troppo. Da quanto leggo, evidentemente pago una debolezza imperdonabile: come a Bertinotti, ogni tanto anche a me piace il cachemere.
Altra stoffa, Mario Monti. Neppure nel Libro della Sapienza, neppure nelle pagine più alte dello stoicismo di Seneca ho trovato un identikit d’uomo pari al suo. Fossi nel Prof, come minimo mi guarderei le spalle. Restiamo pur sempre in Italia, dove conformismo e adulazione sono i veri sport nazionali, prima del calcio e del ciclismo.
Tutti conoscono i talenti richiesti: fiutare l’aria che tira e avere una certa agilità per saltare subito sul carro giusto. Stessa agilità serve per scendere, quando non è più aria... Adesso però bando al disfattismo: ancora prima di cominciare, Monti è già un mito.
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