Bioequivalenze: più controlli sui farmaci generici

Introdotto in commercio nel 2005, il farmaco generico (che per definizione deve essere «bioequivalente» rispetto ad una specialità medicinale della stessa composizione) stenta a trovare una precisa collocazione: non raggiunge il 15 per cento del mercato, anche se considerando la presenza dei farmaci fuori brevetto il cui prezzo è stato ridotto, si arriva ad oltre il 25 per cento, cioè vicino alla media europea, che è del 30 per cento.
Le cause di questo ritardo sono molteplici. La principale, forse, riguarda i controlli che – per legge – devono essere fatti sui nuovi farmaci e che vengano in realtà eseguiti su un campione; nessun «generico» può vantare un trial di vasta misura, eseguito su mille, 5mila o 10mila pazienti per confermare la sua efficacia, ma anche la sua qualità e sicurezza. Sono poi sconosciuti i metodi di fabbricazione della materia prima, che spesso arriva dall’India o dalla Cina.
C’è poi il problema della bio-equivalenza (BE). Il professor Pierluigi Navarra, cattedratico di farmacologia a Roma (università Cattolica) e consulente dell’AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco, parlando della «parentela» tra il prodotto originale e quello che dovrebbe sostituirlo, ha recentemente affermato: «Nella mia esperienza ho registrato un ampio ventaglio di parentele. In alcune circostanze poco fortunate, il grado di parentela è molto flebile e dà origine a serie difficoltà di valutazione». Egli è comunque convinto che la legislazione italiana sia – in proposito – abbastanza severa. La bioequivalenza viene stabilita in base alla concentrazione plasmatica raggiunta dai due farmaci. La differenza «tollerata» è del 20%. Nella fase successiva, il problema dominante è quello dell’intercambiabilità fra prodotto originale e prodotto generico. Il paziente deve avere (dal medico che lo cura) la certezza non solo dell’efficacia dei farmaci generici ma anche della totale assenza di rischi. In questa direzione, purtroppo, esistono molte divergenze fra la normativa italiana e quelle di altri Paesi europei.
Esistono anche pericoli legati al passaggio da un farmaco generico a un altro. In proposito, il professor Navarra tende a fare chiarezza. «Due farmaci generici, A e B, possono essere entrambi bioequivalenti rispetto al prodotto cui fanno riferimento ed avere tuttavia effetti diversi sul paziente. Il primo può produrre livelli circolanti mediamente inferiori, il secondo livelli circolanti mediamente superiori. Se ci spingiamo a fare un controllo incrociato, arriviamo alla conclusione che i due generici non sono tra loro bioequivalenti. Purtroppo, la normativa italiana, pur rigorosa, non fornisce strumenti di tutela contro i potenziali rischi legati alla bioequivalenza».


Il professor Navarra raccomanda ai medici di base un’attenta valutazione delle prestazioni e di prescrivere lo stesso generico. Queste terapie, infine, vanno controllate perché potrebbero – in soggetti diversi – produrre reazioni anomale.

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