Blatter si dà al tennis: "Dico sì al replay ma solo due volte..."

Le sviste arbitrali. Non convince la strana apertura del presidente federale. Infatti aggiunge: "Il nostro sport non può essere fermato"

Ieri la Fifa, per dimostrare la fallibilità dell’occhio umano e le difficoltà dei guardalinee sul terreno di gioco, ha invitato un manipolo di giornalisti a una prova sul campo. Gli improvvisati sbandieratori hanno azzeccato solamente una decisione su tre. Ben altra cosa rispetto al 79% di valutazioni corrette finora prese durante il Mondiale. «Lavorate di più e parlate di meno», l’invito finale rivolto alla stampa dal fischietto brasiliano Simon che, guarda caso, come prima occupazione ha proprio quella del giornalista.
Comunque. L’esperimento della federazione mondiale del pallone, oltre a rappresentare una piccola vendetta nei confronti della stampa che da giorni ha puntato le proprie penne contro i direttori di gara, ha dimostrato solamente una cosa, se mai qualcuno non ne avesse ancora avuto la prova provata: arbitri e guardalinee, come tutti del resto, possono commettere degli errori. L’unico che ancora non sembra essersene accorto è il presidente della Fifa Joseph Blatter, autore, ieri, di un’invidiabile capriola dialettica. Prima, solleticato dai continui attacchi della stampa e di qualche fischietto presente in Sudafrica, si è scusato con Inghilterra e Messico «per i gravi errori arbitrali» e si è detto pronto «a tornare a discutere di questo tema: il calcio è un gioco dinamico e, nel momento in cui c’è una discussione sul fatto che il pallone abbia superato o meno la linea, si potrebbe dare la possibilità alle due squadre che venga esaminato il replay, una o due volte, come succede nel tennis». Tutto ciò per risolvere solamente il problema dei gol fantasma, «dato che - appunta Blatter - per situazioni come quella del gol di Tevez al Messico non c’è bisogno della tecnologia». Poi, però, ecco arrivare la precisazione, che puzza più di dietro-front. Lo scetticismo di Blatter nasce dal fatto che «a volte le telecamere non possono vedere cosa è successo sulla linea di porta» e che se si interrompesse la partita per analizzare un’azione «si potrebbe impedire una nuova azione da gol, perché il calcio è un gioco in cui non ci si ferma».
Intanto, nell’immobilismo decisionale in cui sembra ristagnare la federazione, il nostro Roberto Rosetti (che durante l’ottavo tra Argentina e Messico ha convalidato il gol di Tevez in evidente fuorigioco) e l’uruguayano Jorge Larrionda (che non ha visto la rete di Lampard in Inghilterra-Germania) per le loro sviste sono stati rispediti a casa. Eppure, fino a pochi giorni fa, l’arbitro italiano era quasi sicuro di una designazione per la finale: se nell’occasione avesse avuto una mano dalla tecnologia, ora non si starebbe mangiando mani, fischietto e bandierina.
E se Josè Maria Garcia Aranda, responsabile del dipartimento arbitrale della Fifa, difende l’operato degli arbitri, «solo 4-5 decisioni controverse in 54 partite», l’inglese Howard Webb, già direttore della finale di Champions e ora in rampa di lancio anche per quella mondiale, si è detto molto favorevole all’aiuto tecnologico: «Sono disponibile a qualsiasi cosa che possa renderci più credibili. Userò al meglio qualsiasi strumento. Ero un poliziotto e applicavo la legge, ma non la creavo io. Osserveremo la situazione con interesse».


Football americano, basket, rugby, scherma, formula uno e tennis già da tempo hanno inserito l’uso della tv per la soluzione delle decisioni più controverse. Blatter - e il calcio - rischiano di restare fermi al secolo scorso.

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