È indubbio che vi sia una dose non indifferente di «turbolenza» nella urbanistica e nell'edilizia milanese. I casi recenti infatti non sono né pochi né di scarsa rilevanza. A cominciare da quanto è accaduto nel quartiere dell'Isola, nelle vie Confalonieri e De Castillia, con una edificazione bloccata e aree dedicate alle auto messe in discussione, tutto questo dopo mesi di incontri tra comitati di zona, amministrazione e costruttori. Ma non basta, perché nell'area ex Falck i rapporti tra il fondo di Dubai e il costruttore Zunino sembrano complicarsi, con un danno non indifferente per il progetto di riqualificazione destinato a nobilitare una zona decisamente tra le più infelici nella storia dell'architettura moderna cittadina. Se poi abbiamo la buona volontà di fare quattro passi, partendo da piazza Maciachini, lungo la via Benigno Crespi, possiamo avere un'idea di come, di questo passo, Milano si presenterà tra qualche anno.
Infatti lungo questa via è possibile tranquillamente imparare i passaggi architettonici della città, dalle case degli anni ’20, ’30, ’40, ’50 e ’60 per un gran finale di edifici «moderni» che non si riesce a capire come una commissione edilizia, se esiste ancora e abbia valore, possa approvare, osservando l'aberrante paesaggio che si è creato.
Non ci resta che sperare in Lucio Stanca, che dia una svolta chiarificatrice a tutti i lavori per questa benedetta Expo, assicurandone non solo una realizzazione che economicamente sia rispettosa della situazione del Paese, ma anche che sia consapevole del concetto di «bello» e metta in cantiere solo opere che rispecchino veramente l’ingegno di grandi progettisti, opere che si sviluppino con continuità negli anni e abbiano nel tempo la capacità di mantenere un valore importante, come accadde solo sessant'anni fa quando furono eretti il grattacielo Pirelli e la Torre Velasca.
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