Boffo e quel riferimento al Papa poi cancellato

RomaLa decisione è stata presa mercoledì sera, nonostante il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, e altri fedelissimi amici, gli chiedessero di restare, di resistere, di non dimettersi. E dietro alla decisione di Dino Boffo di gettare la spugna non ci sono pressioni dirette o indirette di prelati italiani o vaticani, né il consiglio di qualche influente eminenza grigia.
«Il Papa martedì pomeriggio ha telefonato a Bagnasco - racconta un autorevole prelato dei sacri palazzi - ha chiesto informazioni e valutazioni sul caso, ha rinnovato la fiducia al presidente della Cei. Il che equivale a dire che, dopo la solidarietà del cardinale Bertone a Boffo, la decisione sul da farsi competeva alla Conferenza episcopale italiana». Com’è ormai noto, già venerdì scorso, dopo la pubblicazione del primo articolo del Giornale, il direttore di Avvenire si era subito detto disponibile a rassegnare il mandato. Bagnasco gli risponde che non se ne parla nemmeno. Il fine settimana, con lo stillicidio di notizie, di dichiarazioni, di repliche e controrepliche è segnato anche da tanti attestati di solidarietà, che seguono quello pronunciato con il volto insolitamente duro dallo stesso cardinale Bagnasco, che sabato aveva manifestato a Boffo stima e vicinanza a nome di tutti i vescovi e di tutte le comunità cristiane del Paese.
Lunedì Bagnasco, in anticipo rispetto al solito, arriva a Roma. Ha colloqui in Vaticano, vede il cardinale Ruini, con il quale è sempre rimasto in contatto. La decisione è quella di resistere, di fare quadrato, compattando tutta la Cei. E quando il vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, indiscusso protagonista mediatico delle ultime settimane, azzarda l’ipotesi che per il bene della Chiesa Boffo possa decidere di farsi da parte pur professando la sua innocenza, pur essendo costretto a una immediata retromarcia, vengono mobilitati cardinali del calibro di Dionigi Tettamanzi per far quadrato. Intanto in Vaticano il cardinale Tarcisio Bertone è alla prese con gli sviluppi della «calda» estate e dopo le polemiche su Berlusconi e quelle sull’immigrazione con le bordate della Lega sul Vaticano, è impegnato a ricucire gli strappi veri e presunti con il governo.
Il caso Boffo piomba come un fulmine a ciel sereno: Bertone annulla la cena con Berlusconi all’Aquila, di comune accordo con il premier, e si convince che l’attacco al direttore di Avvenire sia parte di una «guerra» appena iniziata.
Martedì Boffo arriva a Roma e consegna a Bagnasco una lunga e articolata lettera di dimissioni, più o meno la stessa resa nota ieri, ad eccezione di alcuni passaggi. La lettera viene fatta recapitare per conoscenza al cardinale Bertone. Dopo la telefonata di Benedetto XVI a Bagnasco, quel pomeriggio, Boffo ritorna a Milano rasserenato. È vero che sia all’interno dei sacri palazzi, come nell’episcopato e nel mondo cattolico, più d’uno comincia a chiedersi se sia il caso di continuare a trascinare la Chiesa italiana nella polemica. È vero che il Papa ha chiesto «informazioni e valutazioni» e nel comunicato non si citava nemmeno il nome del direttore. Ma la linea rimane comunque quella della resistenza, per non dare l’impressione di cedere. Martedì sera e poi mercoledì lo stillicidio di notizie continua: per la prima volta escono le carte - seppure parziali - dal tribunale di Terni, e il settimanale Panorama aggiunge dettagli sui protagonisti della vicenda. Ieri sera quella lettera che il direttore si era rimesso in tasca e la cui esistenza era ufficiosamente ma fermamente smentita dalla Cei, viene tirata nuovamente fuori, rivista e limata dal suo autore, che taglia alcuni passaggi.


Nella versione arrivata martedì in Vaticano, che il Giornale ha potuto leggere, uno dei passi poi cancellati dall’ultima versione è quello in cui il direttore manifestando profonda amarezza scriveva: «Devo vedere inopinatamente tirata in campo persino la persona del Santo Padre in questa mia piccola vicenda».

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