Milano - Roberto Bolle non è solo l’icona della danza, è uno degli italiani più famosi al mondo. Chiude a metà mese l’asta newyorchese per aggiudicarsi un posto a tavola accanto a lui, tempo qualche ora e già sono spuntati migliaia di euro che saranno poi destinati all’American Ballet. È così bello che pare un’opera d’arte. Fisico michelangiolesco di perfette proporzioni, da manuale d’anatomia. Più un viso d’angelo con occhi che paiono due laghi. Un uomo da copertina (Vogue, Vanity Fair), da fotografi d’autore come Bruce Weber e Annie Leibovitz. Il corpo è stato scolpito da anni passati alla sbarra senza mai sgarrare: «Perché anche dopo una serata trionfale al mattino devi ricominciare con gli esercizi», spiega. Bolle, a 33 anni, è l’Etoile della Scala, gira nei maggiori teatri del mondo, ha danzato davanti al Papa, capi di Stato, re e principi. Bisogna andare ai tempi della Fracci per ritrovare un ballerino che buca il piccolo schermo, è testimonial (Ferragamo e Fiuggi), è invitato alle feste delle star hollywoodiane (Julia Roberts, George Clooney). La Scala, che infranse le regole promuovendolo subito primo ballerino, sulla sua storia ha appena pubblicato un libro per la Rizzoli.
Per primo, ha portato la danza al Colosseo, nella Valle dei Templi di Agrigento, nelle grandi Piazze. Ora che altri luoghi-tabù intende raggiungere?
«Nessuno in particolare, l’obiettivo rimane quello di allargare pubblico, la danza è ancora troppo di nicchia».
Come concilia la mondanità con il rigore dell'artista?
«Rigore e disciplina sono indispensabili per mantenere inalterato il livello artistico. L’essere testimonial non è una priorità, semmai un valore aggiunto. Al cinema e alla moda riservo saltuarie incursioni, la mia vita rimane sul palco. Sono convinto che tutto ciò faccia bene sia alla danza sia al prestigio dell’Italia nel mondo».
Lo scorrere del tempo turba tutti. E in particolare chi lavora con il proprio corpo. Lei ci pensa?
«Non in modo ossessivo, per un ballerino la sfida è quotidiana, deve sempre superare i propri limiti».
Come è la sua giornata tipo?
«Nei giorni di spettacolo faccio circa due ore di allenamento al mattino, mangio, quindi mi riposo fino alle 18 quando torno in teatro per il riscaldamento, trucco e preparazione. Per il resto, dalle 10 mi alleno per un’ora e mezza. Poi seguono fra le 4 e le 5 ore di prove».
Proposte dal cinema?
«Nessuna interessante. Però mi attrae l’idea di lavorare nel cinema purché vi sia un bravo regista e un bel progetto. Sono cresciuto con Sole a mezzanotte e Due vite, una svolta».
Beatrice Carbone è stata la sua prima Giulietta fuori dalla scena. Altri flirt nati sul palcoscenico?
«Nessuno. La ricordo come una condizione privilegiata grazie alla quale ho conciliato l’amore con l’arte».
Come è andata come modello per Ferragamo e Fiuggi?
«Che grandi marchi abbiano puntato su un ballerino è una svolta che attribuisce la giusta importanza all’arte».
Non ama la trasgressione, si dice. Cosa strana per un artista.
«Ma è così».
Qualche follia l’avrà pur fatta...
«La mia carriera limita follie e incoscienza. Fosse per la mia indole proverei tutto: deltaplano, paracadutismo. Vorrà dire che questo genere di follie sarà l’adrenalina della mia vecchiaia».
La più grande qualità e difetto che si attribuisce?
«L’umiltà grazie alla quale sono riuscito a rimanere me stesso, senza farmi travolgere dal successo. Poi direi la sensibilità nel vivere le emozioni. Come difetti sicuramente il disordine e una certa testardaggine».
Lei ha un fratello gemello, che sta a Parigi e fa l'economista. Che rapporto avete?
«Ottimo, così come con tutta la mia famiglia che rappresenta da sempre il mio più grande punto di riferimento».
Risiede a Milano.
«Direi New York dove nel 2009 sarò presente con quattro titoli. L'American Ballet mi ha invitato come Principal per la stagione del Metropolitan. La realtà ha superato il sogno».
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