Bologna non volta pagina e incorona Delbono

Il candidato del Pd ha superato il 60%. Nulla da fare per l’imprenditore Cazzola, distanziato di oltre 20 punti. Il "Cinziagate" e lo scontro finito in procura tra i due avversari hanno prodotto come risultato l’alta astensione

Bologna non volta pagina e incorona Delbono

Bologna - L’impresa del ’99 di Guazzaloca non si ripete. Bologna, nonostante cinque anni di deludente amministrazione Cofferati, resta in mano al Pd e ai suoi alleati (da Di Pietro al Prc), in una riedizione locale dell’Unione chiamata ad amministrare la città per altri 5 anni. Dal ballottaggio è uscito vincitore il favorito, il professore Flavio Delbono, già allievo e protetto del professore Romano Prodi (ieri è stato il primo a congratularsi al telefono, spronandolo per prima cosa a cancellare i graffiti dai muri della città), con alle spalle una lunga carriera istituzionale: a metà anni ’90 come assessore del Comune con Walter Vitali, poi per due mandati come vicepresidente della Regione di Vasco Errani.

Una scelta di continuità rispetto agli equilibri di potere di una città che resta un fortino rosso o, almeno, una sua versione un po’ scolorita. Delbono è un ex Margherita e sarà il primo sindaco di Bologna non di area Pci-Pds-Ds. Ma tanto per dirne una, il non ancora primo cittadino in campagna elettorale aveva già promesso alle cooperative rosse un posto in giunta.

Delbono ce l’ha fatta al ballottaggio con il 60,6% delle preferenze (49,4 al primo turno), lo stesso numero di voti (112mila) di due settimane fa. Lo sconfitto è Alfredo Cazzola, il candidato-imprenditore sostenuto da Pdl e Lega, salito dal 29,1 al 39,3%.
«Ringrazio tutti i bolognesi che hanno votato – sono state le prime parole di Delbono da sindaco –. Ringrazio quelli che mi hanno voluto come sindaco e mi impegno a non deluderli, gli altri spero di convincerli a cambiare idea. Sono onorato di poter servire la mia città». Poi si è incamminato dal suo comitato elettorale per raggiungere il palazzo del Comune, dove è stato accolto da applausi e cori d’incitamento.

Eppure, vittoria del Pd a parte, un dato nuovo per Bologna c’è: annoiati da una campagna non entusiasmante, infiammatasi solo l’ultima settimana ma finita diritta in Procura tra le denunce incrociate dei due rivali, i bolognesi non hanno preso d’assalto le urne. L’affluenza si è fermata al 62%, contro il 76,38% del primo turno. Il nuovo sindaco non è riuscito a scaldare i cuori dei suoi elettori, come aveva fatto 5 anni fa Sergio Cofferati, che non ebbe bisogno del ballottaggio. Per sconfiggere l’astensionismo, il Pd aveva perfino organizzato pullman dalla riviera romagnola per portare a votare i bolognesi già in villeggiatura.

Ma il crollo dell’affluenza ha colpito anche l’altro schieramento. Non hanno pagato le divisioni del centrodestra, con una parte del Pdl che non ha sostenuto in modo compatto Cazzola, anche dopo che Giorgio Guazzaloca (sostenuto dall’Udc che ha poi lasciato libertà di voto) era ormai uscito di scena con un deludente 12% al primo turno. Il premier Silvio Berlusconi, che non si è visto in città durante la campagna elettorale, si era mostrato perplesso sulle scelte del partito locale: avrebbe preferito un candidato unico per concentrare tutte le forze su un nome. Ma la rottura con l’Udc è risultata fatale. «Mi sembra di poter dire che non tutti gli elettori di Guazzaloca abbiano votato Cazzola, se non addirittura abbiano votato dall’altra parte - è l’accusa del senatore Filippo Berselli, coordinatore regionale del Pdl -. Trovo assordante il silenzio dell’Udc che si giustifica soltanto col fatto che a Rimini si è addirittura apparentato con il Pd. Diciamo che qui a Bologna l’Udc ha paraculeggiato. In ogni caso, il nostro obiettivo politico era il ballottaggio».

Non hanno pagato nemmeno i toni degli ultimi giorni di campagna elettorale, giocata da Cazzola all’attacco con il «Cinziagate»: una serie di accuse lanciate a Delbono sull’uso di auto blu e soldi pubblici per viaggi con la ex compagna ed ex segretaria in Regione.

Di quel polverone, restano gli strascichi giudiziari di cui presto si conoscerà la sorte: sui tavoli dei magistrati c’è un fascicolo che ipotizza a carico di ignoti i reati di peculato e abuso d’ufficio e una denuncia per diffamazione aggravata di Delbono contro Cazzola. «Se le accuse di peculato fossero accertate, a quel punto per il sindaco sarebbe prevista l'interdizione da ogni pubblico ufficio – avverte Berselli – e si tornerebbe a votare».

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