Bombe e minacce: è terrore sul voto

Bala Baluk (Afghanistan)Il terrore bussa alle porte della fortezza. Ora resta da vedere se riuscirà a farla tremare. A tre giorni dalle presidenziali la Nato e l’Afghanistan tirano il fiato e cercano di capire se l’attentato di sabato al quartier generale Isaf di Kabul sia il preludio di giorni ancor più caldi o un colpo estemporaneo messo a segno dai talebani per mascherare l’incapacità di boicottare il voto. Le attività degli insorti non sembrano, però, confermare le voci di un cessate il fuoco negoziato dal capo del consiglio provinciale di Kandahar Ahmed Wali Karzai per garantire al fratello e presidente Hamid il voto delle tribù pashtun del sud. A Kandahar e in altre province meridionali i talebani stanno distribuendo volantini invitando a boicottare il voto e minacciando chiunque si recherà alle urne. Stando ai manifestini i votanti rischieranno la vita in quanto «nemici dell'Islam» e «alleati del governo di Kabul e delle truppe straniere». A Maryano, un piccolo centro della provincia di Ghazni, nell’Afghanistan centrale, gli insorti hanno messo a segno un’operazione preventiva requisendo i certificati elettorali. «Una decina di talebani sono entrati nelle nostre case, facendoseli consegnare tutti», denunciano gli abitanti. Qui a Bala Baluk, la zona più calda della già turbolenta provincia di Farah, la cartina di tornasole sarà la seconda shura (assemblea) degli anziani dei villaggi convocata per questa mattina dal comandante capitano Gianluca Simonelli nella base della Folgore. Ma anche qui arrivano voci di aperte minacce ai capi villaggio. A preoccupare un po’ tutti contribuiscono le dichiarazioni di Yousuf Ahmadi, un portavoce dell’insurrezione fondamentalista che annuncia per la prima volta attacchi diretti ai seggi elettorali.
«Chiunque resterà ferito, non potrà lamentarsi di non essere stato informato», sostiene Ahmadi. La dichiarazione contraddice le recenti direttive della shura talebana, adottate per far fronte ad una vasta perdita di consensi, che chiede di evitare attacchi ai civili. Su quella base gli insorti avevano, fin qui, chiesto il boicottaggio delle elezioni, ma garantito seggi e votanti.
Al quartier generale della Nato di Kabul si cerca intanto di capire come l’attentatore suicida entrato in azione alle 8.30 di sabato mattina sia riuscito a superare i posti di blocco della polizia afghana facendosi esplodere davanti alle cancellate del “sancta sanctorum” della coalizione. La strage a quell’ora di punta è stata inevitabile, ma a farne le spese sono stati i civili afghani. I trecento chili di esplosivo nascosti nel Suv del kamikaze hanno dilaniato tre impiegati dell’adiacente ministro dei Trasporti e altri quattro passanti. Attorno a loro sono state ferite almeno 90 persone. Dietro i cancelli e le alte protezioni di cemento l’onda d’urto e le schegge dell’esplosione sono arrivate molto attutite. Un militare italiano, probabilmente un carabiniere di servizio all’ingresso, ha riportato soltanto ferite superficiali. «Non posso dire chi sia e quale ruolo ricopra - spiega al Giornale il capitano Vincenzo Lipari portavoce dell’Isaf a Kabul - ma posso assicurare che ha solo graffi alle caviglie e alla schiena provocati da piccole schegge, sabato è stato controllato all’ospedale dell’Isaf di Kabul e adesso è nei suoi alloggi. Probabilmente ritornerà presto ai suoi incarichi».


Ieri invece ha rischiato grosso Gina Di Meo, una giornalista italiana free lance ritrovatasi al centro di uno scontro tra un reparto americano con cui sta lavorando e un gruppo di talebani. «Sto bene, anche se me la sono vista brutta», ha detto la giornalista, uscita ieri mattina con un gruppo di 100 fra americani della Task Force Spartan e militari afghani.

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