Bonaviri Scompare il cantore della fantasia

Dopo la scomparsa di Malerba, quella di Giuseppe Bonaviri, sebbene nel feroce ordine naturale delle cose, rappresenta una nuova grave ferita della pattuglia di autentici e grandi scrittori, esponenti di una colta e rigorosa concezione della letteratura assolutamente priva di aspirazione al facile e spesso immeritato successo, soprattutto mercantile, propiziato dalla massiccia mobilitazione mediatica, oltre che da una incomprensibile indulgenza editoriale nei confronti di opere che i Malerba e i Bonaviri avrebbero giudicato probabilmente non più che maldestri «esercizi di scrittura creativa».
Nella sua vita reale Giuseppe Bonaviri, nato a Mineo (Catania) nel 1924, è stato un medico cardiologo, ma non si è mai limitato «a guardare pelle pelle». Egli ha sempre usato «la scienza... per misurare i sentimenti», e non è stato «lontano dal credere che solo i bambini conoscono la verità» mentre «noi adulti l’abbiamo perduta».
«Secondo Bonaviri la fantasia è sempre stata il mezzo più veloce e sicuro per centrare il bersaglio dietro il quale si nasconde la realtà... Egli non ha mai frequentato da tempo le rotte care ai fanatici di cose viste, cui basta guardare la loro superficie per capire come va socialmente il mondo. Un siciliano come lui ha visto succedere tutto, anche quello che si manifesterà domani». In una delle sue opere più significative, Notti sull’altura (1971), Bonaviri, alla morte del padre si mette alla ricerca del «tanatouccello», l’uccello della morte, nel quale si sarebbe trasferita l’anima paterna: si tratta d’un «percorso d’indagine del mistero cosmico della vita e della morte, sostenuto persino dalle filosofie presocratiche, da Lucrezio e Ovidio, dalle teorie fisiche, biomediche e psicoanalitiche novecentesche».


Abbiamo citato frasi di suoi fervidi estimatori, come Pedullà e Sgavicchia, per evitare un generico epicedio di questo scrittore tanto più significativo quanto più appartato, fedele alla sua terra ma capace di trascenderla con il suo talento e la sua forza visionaria alimentata da una linfa che può scaturire soltanto da una fantasia capace di raggiungere l’universale.

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