Banda della Magliana e 'ndrangheta, De Chirico e Warhol: l'inferno della criminalità e il paradiso dell'arte si incontrano. La sorpresa è la reazione comune di chi visita la mostra «Salvarti-Dalle confische alle collezioni pubbliche», esposizione di opere sottratte alla mafia e tornate patrimonio pubblico (a Palazzo Reale, ingresso gratuito. Fino a domenica).
I capolavori sono oltre 80, vengono da due grosse operazioni di confisca a indagati vicini alla criminalità organizzata e diventati collezionisti. I tesori, del valore complessivo di oltre 2 milioni di euro, farebbero invidia a qualunque museo. Alcuni artisti: Andy Warhol, Mario Schifano, Francesco De Molfetta, Arnaldo Pomodoro, Giorgio De Chirico, Emilio Isgrò, Lucio Fontana, Keith Haring, Salvador Dalì, Christo, Carlo Carrà, Enrico Baj. «Questi capolavori - spiega Domenico Piraina, direttore Cultura del Comune e direttore di Palazzo Reale -, frutto di traffici illeciti, tornano così a essere patrimonio di tutti. È un ciclo che si compie. Perché la mafia si interessa all'arte? Perché dipinti e sculture sono una via ottimale per riciclare denaro sporco. E perché l'opera d'arte è un modo per elevare il proprio status culturale».
«Salvarti» è la prima occasione in cui tante e tali opere, un tempo nelle mani della mafia, sono esposte insieme. È risultato della collaborazione fra Comune di Milano, Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, ministero della Cultura e Città metropolitana di Reggio Calabria. A Milano le visite, anche di molte scuole, sono andate crescendo. Il dato aggiornato a domenica scorsa era di 16.500 visitatori: «Puntiamo a superare i 20mila», dice Piraina. Le inchieste dietro questa mostra sono complesse. Passano tra l'altro per lunghe perizie per stabilire l'autenticità delle opere trovate nelle case dei boss. «Non è raro infatti che acquistino falsi, inconsapevolmente», sottolinea il direttore. Che racconta come dopo l'apertura alcuni artisti si siano fatti vivi, dicendosi sorpresi della fine che avevano fatto i loro capolavori, di cui avevano perso le tracce... «Salvarti» nasce da due confische: circa 60 pezzi di autori più contemporanei sono stati tolti definitivamente nel 2013 dal Tribunale di Roma a un indagato con legami con la Banda della Magliana. Gli altri 20, di autori moderni, sono stati confiscati nel 2015 dal Tribunale di Reggio Calabria a una persona vicina alla criminalità organizzata. Dopo Milano l'esposizione andrà al Palazzo della cultura di Reggio Calabria (8 febbraio-27 aprile). Infine i capolavori saranno assegnati a musei, come Galleria nazionale di Cosenza, Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea di Roma, Pinacoteca di Brera.
«L'arte liberata - sottolinea Maria Rosaria Laganà, direttore Anbsc -, a prescindere dal valore intrinseco», rappresenta «la sfida vittoriosa dello Stato nei confronti delle criminalità per riaffermare il valore della legalità e della cultura. È l'esaltazione della bellezza» rispetto «alla bruttezza e alla opacità del delitto. Plastica rappresentazione della vittoria del Diritto sul Delitto».
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