Settimana decisamente negativa quella che segue i massimi dell’anno e vede la decisione dell’agenzia di rating Fitch di declassare il debito USA. Il FTSE MIB, che nelle scorse settimane aveva fatto la parte del leone, ha lasciato sul terreno il 3,1%. L’indice delle società Star, il FTSE ITALIA STAR, il 2,1% mentre quello delle micro caps, il FTSE ITALIA GROWTH l’1,9%. Guardando i dati settimanali è possibile affermare che i titoli delle società Star e le micro caps, sono più resilienti nelle fasi di mercato negativo.
I titoli migliori a Piazza Affari
Non sono mancate tuttavia performance particolarmente positive. Fra tutte Iveco, salita del 17,7% dopo i risultati del secondo trimestre in forte crescita (fatturato +24% e utile netto rettificato pari a 156 milioni di euro contro 60 del secondo trimestre del 2022). Seconda posizione per Leonardo, dopo la comunicazione dei risultati del primo semestre che hanno visto un fatturato in crescita del 4,8% ma un calo dell’utile netto (esclusa la quota di terzi) a 196 milioni di euro, in peggioramento rispetto ai 266 milioni contabilizzati nei primi sei mesi dello scorso esercizio, in conseguenza a maggiori oneri finanziari e imposte sul reddito. In crescita invece il portafoglio ordini che assicura la copertura in termini di produzione per 2,5 anni. Crescita modesta per Mediobanca, dopo i risultati positivi dello stress test EU-wide condotto dall’EBA e la comunicazione dei risultati dell’esercizio 2022-2023 chiuso con un utile netto in crescita del 13,2% a 1,03 miliardi di euro.
Azioni in territorio negativo
Settimana negativa invece per Erg, che perde il 10,3% dopo che il management ha rivisto al ribasso la guidance del margine operativo lordo per l’intero 2023 nel range 480-520 milioni (da 500-550 milioni in precedenti). In rosso anche BPER, che scende del 9,8% dopo la comunicazione dei risultati dei primi sei mesi che hanno visto un aumento dei proventi del 49,5% (a 2,5 miliardi), spinti dal margine di interesse salito del 96,7% (a 1,5 miliardi), ma una flessione del 49% dell’utile netto a 704,6 milioni, che nel primo semestre del 2022 aveva beneficiato dell’avviamento di Carige. In negativo anche Nexi, che scende del 9,3% dopo in downgrade degli analisti di Barclays che sottolineano la contrazione dei volumi delle transazioni con le carte di pagamento in Europa.
Corre il settore automotive
Dall'inizio dell'anno il settore automotive ha fatto registrare una performance importante: l'indice STOXX Europe 600 Automobiles & Parts ha guadagnato il 21%, ben oltre il 9% dello STOXX Europe 600. Nello stesso periodo il Dow Jones US Automobiles & Parts è cresciuto del 92,47%, mentre il Dow Jones del 5,44%. Andamento piuttosto strano se consideriamo le possibilità di recessione (sia negli USA che in Europa), che non sono ancora state del tutto escluse.
Negli ultimi tre anni, il settore automotive è riuscito a superare con notevole resilienza un insieme di sfide importanti e per certi versi senza precedenti: la pandemia che ha portato alla scarsità di semiconduttori, la mancanza di materie prime e l’instabilità di consolidate supply-chain. Tra i diversi segmenti di mercato, sia i produttori che i fornitori hanno attraversato una congiuntura difficile e delicata che li ha visti preservare la continuità e la sostenibilità economica delle attività e far fronte ad un brusco aumento dei costi.
Il futuro della mobilità elettrica
Il futuro della mobilità si presenta incerto (per definizione), produttori e fornitori dovranno quindi adattarsi ad un cambiamento sempre più veloce. La trasformazione all'ingrosso verso un futuro elettrico della mobilità significa che i produttori di auto non devono solo pensare a cosa producono ma anche come lo producono. I fornitori, dal canto loro, dovrebbero pensare a nuove relazioni con i clienti. Ma probabilmente la sfida più grossa sarà l’evoluzione del modello di business attuale basato sul volume, catene di approvvigionamento integrate a livello globale e un paradigma di prodizione just in time. Evoluzione che dovrà essere completamente ripensata in modo globale.
E’ possibile nel corso dell’evoluzione dell’intero settore arrivino diversi problemi dal processo di elettrificazione che dovrà necessariamente essere fatto dalle società. Le aziende USA, ma soprattutto quelle europee, dovranno effettuare una costosa transizione dal motore termico in cui erano esperte a quello elettrico. Ed è innegabile che in questo campo i competitor cinesi siano in vantaggio.
Vediamo più da vicino alcune società. Secondo Bloomberg, che riporta le attese degli analisti dal 2023 al 2025, le aspettative per Ferrari, Volkswagen Pirelli sono positive. Per Ferrari gli analisti stimano un incremento dei ricavi da 5,7 a 6,8 miliardi di euro grazie ad aumento dei veicoli venduti che sono attesi crescere da circa 13.963 a 14.959 unità. L’utile per azione nello stesso periodo crescerebbe da 6,2 a 8,0 euro. Per Volkswagen (che si gioca la posizione di primo produttore mondiale con Toyota), il fatturato potrebbe crescere da 310 a 329 miliardi di euro grazie ad un aumento atteso di auto vendute da 9.2 a 10.4 milioni. L’utile per azione aumenterebbe nello stesso periodo da 32,9 a 35,8 euro. Per Pirelli i ricavi sono previsti in crescita da 6,7 a 7,3 miliardi di euro, con un incremento dell’utile per azione che passa da 0,54 a 0,63 euro.
Discorso a parte merita Stellantis, che domina il settore dei veicoli commerciali (con i marchi Fiat e Peugeot) e in particolare nel segmento dei veicoli elettrici.
Secondo il consensus degli analisti, il fatturato complessivo del gruppo è atteso crescere da 189 a 200 miliardi di euro circa tra il 2023 e il 2025. Nello stesso periodo l’utile per azione è previsto invece scendere da 5,66 a 5,28 euro- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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