Bossi vuole stare fuori, voterà solo ciò che gli interessa

Bossi vuole stare fuori, voterà solo ciò che gli interessa

RomaNella ritrovata unità leghista, grazie alla liquefazione della maggioranza berlusconiana e all’arrivo di Mario Monti (un regalo del destino per la Lega, in forte difficoltà col suo elettorato), c’è stata una crepa, nella notte tra mercoledì e giovedì. Solo un cedimento momentaneo sul futuro all’opposizione, slegati dal Cavaliere? Bossi (nella foto) era a cena dalle parti di piazza Navona, mercoledì sera, e la riunione a Palazzo Grazioli con il premier dimissionario, che si sarebbe tenuta di lì a poco, non era in agenda. Poi una chiamata, e la decisione di un incontro con Berlusconi. Il capo leghista è stato scortato dai suoi due capigruppo, Reguzzoni e Bricolo, da Rosy Mauro, e poi da Calderoli. Insomma l’ala «berlusconiana» del Carroccio, quella più convinta dei benefici dell’alleanza col Pdl. «Non ci conviene rompere l’asse del centrodestra, proviamo a vedere con il presidente se c’è ancora una strada» avrebbero chiesto i «lealisti» a Bossi, con i capigruppo - così si dice nella Lega - tra i più scettici circa una rottura col Pdl e di un’opposizione solitaria della Lega. Senza però trovare il consenso di Calderoli, e - cosa ancora più importante - con un tiepidissimo appoggio Bossi, che ha riproposto al Cav il menù Alfano-Maroni, ormai però convinto dei vantaggi di un anno e mezzo da «Lega di lotta». Poi, per sgombrare ogni dubbio, verso le 23.30 è arrivato anche Roberto Maroni (che invece spinge per la rottura), forse avvisato che la riunione aveva preso una piega pericolosa. All’uscita la linea maggioritaria sembrava stabilita, e la piccola crepa nelle certezze rimarginata. Nessun appoggio al tecnocrate Monti, Lega all’opposizione. E arrivederci Berlusconi. Non a caso, a sancire la fine di un’epoca, non c’era neanche un leghista al vertice notturno di ieri a Palazzo Grazioli. Però su Bossi il blitz qualche effetto l’ha avuto. Il capo, rispetto a Maroni e Calderoli, è più cauto. Mentre i due colonnelli chiudono, Bossi ha fatto una mezza apertura. Appoggio esterno? «Quello no, è meglio stare fuori, da lì puoi contrattare volta per volta le cose». Dunque la Lega, dice Bossi, starà al balcone e deciderà, di volta in volta, se appoggiare le scelte del nuovo esecutivo.
Come al solito il capo ha fatto la media tra due forze opposte. Quella di rottura (Maroni più Calderoli), e quella di conservazione (cerchio magico). Tenendosi così aperto un varco anche verso Berlusconi e il Pdl, non si sa mai. Nel frattempo la Lega, da osservatrice esterna, può comunque tornare ai toni del 1996. Calderoli apre le danze: quello che preparano è «un esecutivo di connotazione ribaltonistica. Vogliono sostituire la democrazia con i poteri della finanza, gli stessi che hanno rovinato le famiglie, le imprese e i conti pubblici. Ma la Lega combatterà la futura Banda Bassotti». In effetti Monti riassume una serie di ossessioni leghiste: i poteri forti, la finanza che deruba il popolo, le mire franco-tedesche, addirittura la massoneria (Borghezio cita il club Bilderberg). «Stimo Monti, lo conosco, è di Varese, ma se l’incarico va a lui noi siamo all’opposizione» ribadisce Maroni, che annuncia il sì alla Stabilità come «ultimo atto di questa maggioranza». Si potrebbe votare anche in 45 giorni, dice il titolare pro tempore del Viminale. Ma nessuno ci crede più alle elezioni. «Sono lontane» avverte il segretario federale.
E in fondo non è un male per la Lega, che ora non supererebbe l’8%. Monti intanto funziona da doping sulla base leghista. Gli ascoltatori di Radio Padania sono scatenati, con lui (che «è esponente dei poteri forti») e anche con Napolitano che lo porta a Palazzo Chigi («Alla sua età andasse in pensione invece di stare lì a far danni»). Lega rinvigorita, e compatta. O quasi. I veleni circolano ancora, sotto forma di dossier. I maroniani sono convinti ci sia una regia dietro alcuni articoli scritti in questi mesi (specie sull’Espresso).

Uno di loro, Gianluca Pini, molto vicino a Maroni, ha fatto partire una denuncia: «Sono bersaglio di un’opera di autentico dossieraggio per minare la mia immagine politica, con la diffusione di falsità sulla mia vita imprenditoriale, affidate da avversari politici ai giornali». E questi avversari politici di prossima e «certa identificazione» hanno tutta l’aria di non stare fuori dalla Lega...

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