C'è chi ha suggerito città aperte anche di notte per una desincronizzazione delle attività. O chi, come Stefano Boeri e il sindaco di Parigi Anne Hidalgo, vorrebbe puntare sull'idea di città policentriche, dove tutti i servizi sono raggiungibili in 15 minuti a piedi, evitando spostamenti di massa dai quartieri. In fondo si tratta di quel «rammendo delle periferie» che anche l'architetto Renzo Piano ha sempre sostenuto. Per Costi e il suo Sustainable Lab, però, «sarebbe sbagliato trapiantare a forza la centralità: nelle periferie è semmai più virtuoso valorizzare le singole vocazioni di ogni zona, conferendo loro un carattere, ma senza duplicare servizi» e la chiave di tutto è nel futuro della mobilità.
CICLABILI PRÊT À PORTER
Derogheremo alle ztl e useremo più l'auto, turandoci il naso per l'inquinamento in più? Saremo più diffidenti verso la sharing economy che ci fa condividere bici, ma soprattutto automobili? Forse sì, per un po', ma è la visione di lungo periodo che serve, tenendo ben presente che l'Italia non è tutta uguale e si compone di (poche) aree metropolitane e di tante città di taglia medium-small. «Nelle città di media grandezza si possono creare percorsi di mobilità sostenibile che non siano paralleli alle strade - aggiunge Costi, srotolando progetti - ma si snodino, piuttosto, lungo parchi e ferrovie, rigenerando questi spazi». Diverso il discorso per le grandi città. Qui a parlare sono più spesso gli assessori alla Mobilità che hanno risolto un'equazione semplice. Con social distancing e trasporto pubblico a mezzo servizio, il traffico veicolare aumenterà. Pennello e vernice alla mano, da Milano a Roma sono nate, in queste settimane, nuove ciclabili, disegnate prêt à porter, a restringere le carreggiate delle auto. E a Roma, sul tavolo del ministro per i Trasporti, Paola De Micheli, è finita una richiesta: che l'attesa modifica del codice della strada, in calendario entro fine anno, rimodelli le norme, non solo per l'emergenza, ma in modo strutturale. «Occorre agire su una normativa troppo rigida e semplificare», spiega Stefano Zenoni, urbanista e assessore a Bergamo. Semafori intelligenti e differenziati per auto e ciclisti, il controsenso per le bici, dispositivi elettronici possono rendere le due ruote competitive. Nelle grandi, come nelle città medie. Poi c'è Gotham city, quella dove al volante non ci sono né Batman né Robin, ma un pilota virtuale e magari il veicolo è pure elettrico: «L'Italia è all'avanguardia, la tecnologia sarebbe pronta, perfetta per i pendolari che usano l'auto per andare in ufficio e la lasciano parcheggiata un giorno intero», spiega Costi, i dati del suo Lab alla mano, «Gli studi dimostrano che un taxi a guida autonoma riduce del 80% gli incidenti, ma soprattutto la necessità di parcheggi, riconvertibili come spazi ciclabili».
PICCOLI BORGHI E LAVORO LONTANO
Un passo ulteriore sarebbe quello di non andare proprio in ufficio, decongestionando le città. Da Mario Cucinella a Massimiliano Fuksas, molti altri big dell'architettura hanno sposato l'idea di un gemellaggio delle metropoli con i piccoli borghi. Gli affari restano downtown, ma si vive in campagna dove si può anche lavorare: una volta «cablati» e serviti da reti tecnologiche all'avanguardia, i paesi, dagli appennini, ai laghi, potrebbero essere ripopolati, allentando la morsa su città e uffici dove andare solo ogni tanto, non ogni giorno. A cogliere la palla al balzo è stato Fiorello Primi, presidente dell'Associazione Borghi più belli d'Italia: «Così si rilancia anche il turismo di prossimità e si recuperano paesi che si spopolano». Tutto sta nell'avere una connessione affidabile a internet e un affetto stabile con la tecnologia in remoto. Oltre, ovviamente, a una libreria da piazzare sullo sfondo.
TRA CONFINO E BUEN RETIRO
Ma una vita in remoto può assomigliare più ad un confino da Grande Fratello che a un buen retiro in stile antico. Secondo gli esperti, almeno nell'immediatezza, c'è un segmento della nostra vita che resterà ancorato all'on line, al clic di un bonifico via computer e a una consegna sulla soglia di casa. È quello dello shopping, con tutti i rischi che una «amazonizzazione» delle nostre voglie comporta. Gli acquisti on line sono schizzati alle stelle per riempire le ore di quarantena. Gongolano i colossi dell'e-commerce, tengono le botteghe di prossimità e grande distribuzione, nonostante qualche defaillance nelle consegne on line. Vacillano, invece, i grandi mall, rimasti più a lungo chiusi, anche perché altro non sono che surrogati di città - pure ad aria condizionata - verso cui ora nutriamo più diffidenza. In realtà gli analisti sono convinti che la crisi possa essere un bel assist soprattutto per i negozi di quartiere: «Chi saprà mantenere, anzi potenziare le consegne a domicilio, anche oltre l'emergenza, conquisterà i clienti», spiega Costi. Chi comprerà, vedrà. È, però, un dato di fatto che molte catene, dalla tecnologia ai prodotti per la casa, si stiano attrezzando con nuove app perché il cliente possa dialogare da casa con un commesso in loco. Il colosso Ikea come la grande distribuzione - con Esselunga in primis e la sua decina di nuovi punti vendita La Esse - invece, aveva già - ben prima del covid - invertito la rotta, pensando a dei corner da aprire nei centri storici per assecondare la voglia di fare shopping a piedi.
IL FUTURO È «PLEXI»
Sarà in linea e al gusto plastico e protetto del plexiglas anche buona parte del tempo libero prossimo venturo. Un pannello ci salverà dai non congiunti nei ristoranti, nei cinema, ma speriamo non in riva al mare e a teatro. Con un auspicio che è anche una certezza: «La cultura deve tornare live» è il canto nostalgico, unanime e intonato di tutti i più grandi direttori di teatro, La Scala in primis. Per quanto riguarda i musei, invece, la dimensione virtuale resterà vitale e in modo duplice. «Le prenotazioni on line che garantiscono ingressi differenziati saranno il futuro anche per evitare code e assembramenti», spiega Costi mentre le iniziative digitali e le visite virtuali, che hanno affollato in queste settimane i siti delle grandi istituzioni, hanno passato l'esame: «Emozione e interesse si suscitano anche così e la digitalizzazione del patrimonio apre anche nuove possibilità di lavoro e di fruizione parallela», concordano molti direttori di museo.
CASA DOLCE CASA
Usciremo quindi a rivedere le stelle e le piazze, ma poi a casa faremo ancora ritorno: «La vera sfida è qui», conclude Costi, «nel recupero del ruolo principe dell'architettura e del design per le abitazioni». Fino ad oggi si è pensato ad «implementare», «efficientare» le case del domani, dimenticandosi a volte che dovevano anche essere belle. Funzionali, minuscoli, come quello del celebre «Taac» cinematografico di Renato Pozzetto - ragazzo di campagna che sbarca in città - gli appartamenti vanno ripensati con umanità e col cuore.
«Alzare la metratura minima dell'housing sociale che oggi oscilla fra i 28 e 40 metri quadrati, riscoprire gli anni Sessanta e quelle case dai mille angoli modulabili, ora angolo studio, ora palestra, ora ufficio». Anche così sarà bello stare dentro e uscire fuori. Lasciare la paura e abbracciare il nuovo futuro.
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