Alla brace, nel rame, con l’ananas: l’arte della bistecca in una lezione

Con il «Giornale» il 4° volume della Grande scuola di cucina con le regole per preparare carne e selvaggina

Elena Jemmallo

Al sangue o ben cotta? È qui che il popolo dei buongustai della bistecca di solito si divide. Nel corso degli anni ripetutamente condannata e poi assolta da dietisti e salutisti, la carne è - e rimane - il secondo piatto per eccellenza, a cui è dedicato il quarto volume della «Grande Scuola di cucina» del Giornale in edicola oggi con il nostro quotidiano a 6,90 euro. Divisa in carni bianche, rosse (oltre allo stranoto manzo, rientrano in questa categoria bue, toro, montone, struzzo e cavallo) e selvaggina, è di norma snobbata da mode e tendenze culinarie e i metodi di cottura rimangono quelli della tradizione, ma non per questo poco vari: dal raffinato carpaccio, alle gustose tartare, passando per i brasati dalle lunghe cotture o dalle marinate aromatizzate che tolgono il gusto selvatico di caprioli e cervi.
Ma chi è alla ricerca di qualcosa di nuovo a tutti i costi, c’è un mondo ancora non troppo esplorato di ricette culinarie extra-europee, che avvicinano con molta naturalezza le carni con la frutta: oltre all’anatra all’arancia, c’è anche qualcosa di più azzardato. Come l’hawaiano hamburger all’ananas, che strizza l’occhio anche ai salutisti, con una quantità contenuta di calorie e l’effetto benefico del frutto esotico anti-grasso per eccellenza. Ma un matrimonio di successo è anche quello tra prugne e coniglio, o tra ciliegie e oca. Per chi è in vena di azzardi culinari, gli chef hanno recentemente scoperto che carne bianca e crostacei compongono un’ottima coppia.
E in attesa che gli addetti ai lavori affinino la tecnica per un piatto unico di carne e pesce, ci si può accontentare della classica bistecca, che comunque richiede una certa dose di impegno per essere cotta ad arte. Come spiega Paolo Zoppolatti, chef del ristorante Al Giardinetto di Cormons (Gorizia), «l’abilità sta nello scottare la carne per riuscire a chiudere la superficie mantenendo però un cuore morbido. Un giusto equilibrio tra la carne abbrustolita e quella che al taglio lascia cadere nel piatto il sangue. Per esempio, un filetto di manzo va scottato due minuti per parte e poi va tenuto al caldo, ma lontano dalla fonte diretta di calore, per unificare la cottura: sono sufficienti anche solo cinque minuti di riposo perché l’interno risulti rosato e non rosso sangue». Per quanto riguarda gli attrezzi del mestiere, Zoppolatti non ha dubbi: «Meglio le padelle in rame, che irraggiano il calore in modo uniforme e non lo disperdono velocemente quando spengo la fiamma». Se si tratta però di selvaggina, prima della padella è consigliabile una pre-cottura tipo la marinata: a crudo, si immerge la carne nel vino, insieme a verdure come carote o cipolle, un po’ di pepe, magari anche della cannella.


Ma quando si parla di carne in generale, qualcuno prima o poi rispolvera il dilemma: salare prima o dopo la cottura? In base alle scuole di pensiero, ognuno dice la sua: meglio dopo per le cotture brevi, prima per quelle lunghe, sale grosso per gli arrosti, fine per le bistecche. In linea di massima, ciò che conta è il risultato: delizioso per gli occhi, inebriante per il naso e superlativo in bocca.

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