Brescia, nel garage del nipote la chiave del delitto

Le indagini accelerano dopo un vertice in Procura

Brescia, nel garage del nipote la chiave del delitto

Stefano Zurlo

da Milano

Una nuova vita in comunità. Nei giorni in cui i riflettori della cronaca illuminano il volto liscio ed enigmatico del giovane di Brescia accusato di aver ucciso gli zii, Ferdinando Carretta potrebbe essere traghettato verso la normalità. Ricordate? Alla fine degli anni Ottanta la sua famiglia - il padre Giuseppe, la madre Marta e il fratello Nicola - si era dissolta nel nulla. Svanita, fra le chiacchiere e le illazioni degli amici di Parma. Lui pure era sparito. Lo ritrovarono a Londra nel 1998, e a Londra, davanti alle telecamere di Chi l’ha visto, confessò: «Li ho uccisi io. Nella nostra casa di Parma».
Ora l’assassino è internato nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere (Mantova), ma presto potrebbe lasciare la sua attuale «prigione» e trasferirsi in una struttura che gli restituisca uno spicchio di libertà. «Deve ancora essere individuata la casa idonea ad accoglierlo - spiega l’avvocato Gianluca Paglia - è fondamentale che anche lui ne sia convinto, sarà una decisione che prenderà insieme ai medici. Il magistrato di sorveglianza - prosegue il difensore - ha già recepito la possibilità di una licenza-esperimento, della durata non superiore ai sei mesi. Una situazione in qualche modo assimilabile a quella della libertà vigilata».
Attenzione: al termine del processo, celebrato nel ’99, l’uomo fu assolto dalla Corte d’assise di Parma perché incapace di intendere e di volere al momento del fatto. I giudici disposero però il suo internamento per cinque anni, prorogabili di sei mesi in sei mesi. A Castiglione delle Stiviere Carretta ha ripreso lentamente la marcia verso la vita precedente: prima la possibilità di uscire per frequentare un corso di informatica a Mantova, ora il tentativo a metà strada fra la condizione del detenuto e quella dell’uomo libero. Poi, chissà.
Certo, un alone di mistero circonda sempre la sorte dei Carretta. I loro corpi non sono mai stati ritrovati: Ferdinando, che oggi ha 41 anni, sostenne di averli seppelliti in una cava ma gli scavi non hanno mai portato a nulla, forse perché il luogo era cambiato. Però il suo racconto fu avvalorato da un riscontro di enorme importanza: una macchiolina scura scoperta dai carabinieri del Ris, gli stessi che ora stanno lavorando a Brescia, fra la base in legno del portasapone della vasca e le piastrelle del bagno. Quel baffo era sangue umano, compatibile con quello dei Carretta.


«Chiunque abbia commesso gli omicidi di Brescia ha comunque una personalità molto diversa dalla sua - spiega lo psichiatra Cesare Piccinini, che stilò la perizia sul killer di Parma - Carretta non avrebbe mai fatto a pezzi i corpi e ha ripetuto tante volte che non aveva sfigurato i familiari». A fine anno, al termine della causa intentata dalle zie, Ferdinando potrebbe anche intascare l’eredità di famiglia.

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