Brunetta: più risorse per gli alloggi E la speculazione troverà un argine

Antonio Signorini

da Roma

Renato Brunetta, europarlamentare di Forza Italia, consulente economico di Palazzo Chigi e ideatore del piano di vendita delle case popolari, ha ragione la Cgil che parla di una mossa preelettorale?
«La legge è già in Finanziaria. Ed è una rivoluzione che dovrebbe raccogliere un consenso bipartisan».
Perché?
«In Italia ci sono circa 900mila case ex Iacp, ora di proprietà delle Regioni. Una legge del ’93 già prevedeva la possibilità di vendere agli inquilini, ma le cessioni si sono fermate al 15-20 per cento per colpa della burocrazia e anche del prezzo. Le vendite secondo la vecchia legge dovevano avvenire al valore catastale, che è più basso di un terzo rispetto a quello di mercato, ma è comunque troppo alto per alcuni inquilini. La novità del piano Berlusconi è che la vendita avviene a un valore correlato ai redditi e quindi ai canoni pagati».
Come si calcola il prezzo?
«Grosso modo corrisponde alla capitalizzazione di venti anni di affitto. Questo significa che quel 10 per cento di inquilini che oggi pagano un canone di 8-10 euro al mese, con duemila euro potranno immediatamente diventare proprietari. Sennò potranno pagare un mutuo che corrisponde all’importo dell’affitto e poi, dopo venti anni, non pagheranno più nulla. Ovviamente nessuno è obbligato a comprare».
Sembrerebbe un salasso per le casse dello Stato, eppure si è parlato di risparmi...
«Ovviamente non tutte le case sono affittate a otto euro. Le risorse che saranno generate da questo riscatto sono tra i 20 e i 25 miliardi di euro. Con questi si possono finanziare i mutui agevolati per le giovani coppie, il finanziamento delle cooperative e anche gli interventi sugli affitti per gli anziani e le famiglie con portatori di handicap. Si potrà fare una politica per la casa con risorse enormi».
Non c’è il rischio di destabilizzare il mercato immobiliare?
«Al contrario. Il piano, che dura cinque anni e quindi diluisce i suoi effetti in un tempo abbastanza lungo, può far decongestionare la bolla speculativa. Un altro effetto è quello di una migliore manutenzione degli immobili. Ne risentiranno positivamente le periferie delle nostre città».
Le case ora sono proprietà delle Regioni. Come farete a fargli seguire il piano?
«L’attuazione prevede un passaggio alla Conferenza Stato-Regioni. Se le Regioni diranno no, poi dovranno spiegare ai cittadini perché. Secondo alcune interpretazioni, anche senza il via libera della conferenza, le singole Regioni potranno comunque attuarlo».
Cosa ci guadagnano le Regioni con la cessione delle case popolari?
«Oltre all’incasso, i 25 miliardi in cinque anni, le Regioni non dovranno più ripianare i bilanci degli istituti delle case popolari.

Attualmente intervengono con tre-quattro miliardi all’anno. Anche i Comuni potrebbero pensare di fare la stessa cosa, ricalcando le linee guida del piano. L’importante è che poi non si ricominci con le case costruite dagli enti pubblici. Meglio dare i soldi ai cittadini».

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