Brunetta: «Sto bene dove sto Porterò gli stipendi in media Ue»

«Sto bene dove sto». Questo il lapidario commento alle voci che lo danno con la valigia in mano. Il ministro Renato Brunetta, ospite della manifestazione «CortinaIncontra» non traslocherà a via Arenula, nell’ufficio che fino ad oggi è occupato da Angelino Alfano. Il lavoro per ridurre i costi dell’amministrazione pubblica e della politica restano il primo obiettivo del ministro che, incalzato dalla domande di Enrico Cisnetto, spiega i suoi progetti futuri. Il primo dei quali riguarda i costi della politica. «Da abbattere. A cominciare dalle auto blu». Il giro di vite interesserà da subito uno dei simboli più «vistosi» del Palazzo e dei suoi inquilini. Brunetta ha svelato che è già pronto il decreto che dimezzerà le auto blu, che attualmente sono circa 86mila. Se poi fosse proprio necessario utilizzare il servizio dell’auto, ha spiegato il ministro, sarà più semplice e meno costoso affittarle di volta in volta. «Se rimarrò al mio posto - ricorda il ministro - parificherò gli stipendi di politici, prefetti, capi della polizia e grandi “papaveri” a quelli dei loro pari grado europei». Brunetta ha inoltre snocciolato alcuni risultati conseguiti in tre anni di mandato, come la riduzione del numero dei dipendenti pubblici di 200mila unità, grazie al taglio del turn over e la lotta all’assenteismo, «ridotto, tra gli statali, stabilmente del 30%. Parlando invece della mancata abolizione delle province, il ministro ha lanciato una frecciatina agli alleati leghisti: «È naturale che la Lega non voglia abolirle. Ha vinto le elezioni in molte province del Nord e adesso sarebbe davvero strano che rinunciasse ad amministrarle». Brunetta, però, sottolinea che la loro abolizione porterebbe un misero risparmio visto che i dipendenti in forze in quegli uffici rimarrebbero nell’amministrazione dello Stato. «E loro rappresentano il 90% dei costi delle Province» puntualizza il ministro.

I tagli veri, ne è convinto, vanno fatti altrove. E solo tre giorni fa Brunetta aveva teso la mano al collega Calderoli, che aveva proposto una radicale riforma del modo di retribuire «a cottimo» i parlamentari in base alla loro presenza in aula.

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