Ma c’è un’altra Francia stanca delle occupazioni

Sono giovani, studenti e lavoratori che, pur non condividendo la nuova legge, accettano le regole della democrazia e non chi «urla di più»

Marcello Foa

nostro inviato a Parigi

Pian piano, ecco un’altra Francia. Quella che dice no alle occupazioni, ai sindacati, alle manipolazioni politiche della sinistra. Nelle istituzioni ha il volto del ministro dell’Educazione Gilles Robbin, un anziano signore dall’aspetto mite, ma dal carattere di ferro, e da due giorni esige la riapertura dei licei «se necessario con la forza». E che in un’intervista al Figaro promette sanzioni contro i docenti che «hanno infilato volantini nei libretti degli studenti per incoraggiarli a manifestare» e «quei deputati comunisti che hanno aiutato i manifestanti a erigere barricate».
Ma l’altra Francia si fa strada anche nelle Facoltà. Come a «Science Po», a due passi a Saint Germain du Près. Un’isola di normalità, se non fosse per i custodi che al portone d'ingresso controllano i documenti d’entrata per evitare che i casseur s’infiltrino nell’Istituto, come accaduto a Scienze sociali, dove hanno sfasciato tutto. I ragazzi chiacchierano sui marciapiedi, alle finestre nessuno striscione, sui muri nemmeno una scritta. Eppure anche loro s’interrogano sul Cpe, il Contratto di primo impiego che liberalizza il mercato del lavoro giovani sotto i 26 anni. Ieri hanno votato, a scrutinio segreto per evitare intimidazioni. Sorpresa. Solo il 55 per cento è contrario alla legge decisa da Villepin, ma il 75 per cento si oppone all’occupazione e il 55 per cento boccia la sospensione dei corsi in occasione del prossimo sciopero generale di martedì prossimo. Science Po va avanti.
«Sono stufa di essere strumentalizzata dai gruppi studenteschi di sinistra», afferma decisa Sara, di 23 anni. «Ci insegnano che in democrazia si rispettano le decisioni prese dal Parlamento, ma si vuol far prevalere la legge di chi urla più forte», interviene Aloise, 22 anni. Pochi sostengono apertamente il Cpe, ma il loro dissenso riguarda più la sostanza che la forma; non apprezzano i metodi sbrigativi del primo ministro, che ha deciso tutto da solo, senza un vero dibattito. Quei ragazzi pensano al proprio avvenire: non vogliono perdere un anno di studi. E sono persuasi che per crearsi una posizione professionale occorra innanzitutto rimboccarsi le maniche. «È giusto che esista la protezione sociale - commenta Antoine Lubrieu, un biondino di 18 anni e mezzo - ma dobbiamo adattarci al contesto internazionale. Il nostro ipergarantismo non ha più senso».
L’altra Francia ha anche il volto della associazioni liberali sorte spontaneamente come «Stop blocage» o «SOS Facs blocage». Christophe Maillard è il portavoce di quella più famosa «Liberté Chérie». Christophe non è più uno studente, ha 28 anni e lavora in banca. Ma proprio perché è entrato nel mondo del lavoro è più che mai determinato a dar battaglia. Contro i sindacati, innanzitutto, che «rappresentano solo il 7 per cento dei salariati e che pertanto non hanno alcun diritto di parlare a nome di tutti i lavoratori». Contro la maggior parte dei docenti e dei funzionari pubblici «che non hanno mai lavorato in un’azienda privata e non hanno idea di quale sia la realtà fuori dallo Stato». Contro gli autori dei libri di testo delle Superiori «che continuano a presentare Marx come un filosofo dalle idee interessanti, anche se irrealizzabili, mentre ignorano Adam Smith». Secondo Maillard non c’è da meravigliarsi che centinaia di migliaia di ragazzi scendano nelle piazze per contestare il Cpe. La colpa non è loro, ma di chi continua ad alimentare un sistema educativo teorico e obsoleto, che produce migliaia di laureati in materie come la sociologia e la storia, per le quali i posti sono limitati e pochi diplomati in quelle tecniche od economiche, dove la richiesta di personale qualificato è elevata e costantemente insoddisfatta.

Non ama Villepin «perché è un conservatore statalista, come tutti i rappresentanti della destra francese e dunque non un vero liberale». Ma sostiene la sua linea perché «finalmente un uomo politico ha il coraggio di resistere al ricatto della sinistra populista». Fermezza e libertà, così parla l’altra Francia.
marcello.foa@ilgiornale.it

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