nostro inviato a Torino
La Juve è uggiosa, Torino radiosa, perlomeno brilla il sole. La Juve ha il viso tirato di chi ha visto svanire la festa. Gli juventini il viso irato di chi non la perdona. No, non è più qui la festa, anche se stasera si gioca Juve-Inter che doveva essere il bon bon stagionale, la partita che valeva un risarcimento danni.
Torino oggi è una città molto più viva, vitale, gioiosa e giocosa della sua squadra d’alto bordo. Gli altri, i torinisti, sono sempre lì con il cuore in mano e la lacrima sul viso, gli juventini erano tutt’altro: intemperanti e fieri come i milanisti, spocchiosi, incapaci di vedere e tifare senza sentir retrogusto di successo. Ora si sono ridotti ad essere gli interisti di una volta. Imprecanti contro l’allenatore e gli infortuni (Zanetti si è di nuovo fermato), umiliati nell’amor proprio, a caccia di un successo che nobiliti la stagione, delusi, forse un po’ miopi nel trovar un solo colpevole, insofferenti al bicchiere mezzo vuoto, senza vederne la parte mezza piena.
Ieri Ranieri ha ripetuto un ritornello stonato, per chi abbia altre mire. «Dobbiamo vincere non solo per salvare la faccia, ma per la classifica. Sarebbe un peccato buttare via tutto». È timore. Ma è tentazione di sbattere qualcosa in faccia agli eterni scontenti. È necessità di salvare se stesso, la qualificazione alla Champions, il secondo posto e magari la coppa Italia. Insomma, serve qualcosa da stringere fra le mani. L’altro giorno l’amministratore delegato Blanc ha confermato il tecnico anche per la prossima stagione. Ma ha fatto intendere che la panca cambierà nella successiva.
Ranieri ha capito. E ci ha già fatto la bocca. «Quando si nasce, si comincia a morire. Prima o poi mi tocca. Sono qui da due anni ed è la quinta volta che Blanc ed Elkann sono dovuti intervenire per confermarmi. È esagerato chiedere sempre la mia testa». Lo dice con tono leggero, ma è pesante. Accusa i giornalisti, ma parla ai tifosi. Stasera saranno pronti a gridare. Contro chi? Ibrahimovic, Mourinho e Stankovic, la hit parade è presto fatta. Ma se leggete i blog, se ascoltate i mugugni, capirete che l’allenatore è un bersaglio, gliene dicono di ogni sorta. A lui, e alla dirigenza. Non sopportano errori di scelte, se ne infischiano se la società, a livello di marketing e di capacità commerciali, è già da scudetto. Non accettano perdite di tempo nella ricostruzione.
Il tifo juventino è nato per veder la squadra vincere. Ranieri lo ha ricordato. «Certo, se subiamo tre gol a partita non andiamo da nessuna parte». La gente vuole grandi giocatori, senza perderli. Il caso Buffon: «Gigi è sempre il numero uno, altro che Julio Cesar. Non lo venderei nemmeno per 100 milioni di euro». Non una battuta a caso, visto che l’Inter sarebbe pronta a sbarazzarsi di Ibra. «E Moratti, pur investendo tanto, non ha vinto niente per dieci anni».
Peccato! Viste chiacchiere e premesse, quella di stasera poteva essere una resa dei conti sotto ogni aspetto. Il tecnico ha promesso che darà la mano a Mourinho. Ma con quanta fatica, anche ora che l’altro lo lascia in pace. «E mi spiace, perché significa che la Juve è troppo lontana in classifica».
Non c’è nulla che possa rasserenare la vigilia, nemmeno lo stemperarsi di un clima che poteva trascinare all’eccesso. Oggi sarà la solita nenia: Del Piero sì, Del Piero no? Con Iaquinta o con Trezeguet? E con tanta paura di prendere gol.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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