Cacciatori di 6, i sogni non vanno in ferie

Marco Morello

Superenalotto. Basta la parola. Il resto è matematica. 143,9 milioni in palio, 25 milioni di euro di giocate ogni giorno, 450 milioni spesi nella prima metà d’agosto. La caccia al 6 dà alla testa. È una febbre che sembra essere più contagiosa dell’influenza suina. Una mania che non dà tregua. Un delirio senza riposo. La sera, prima di prendere sonno, non si contano più le pecorelle, come si usava una volta, ma si pensa a cosa fare con quei 143,9 milioni di euro.
Per entrare nei sogni delle persone basta fare un viaggio in quelle poche (pochissime) tabaccherie rimaste aperte in città. E i sogni possono anche essere di una semplicità disarmante. «Cosa faccio se vinco? Beh, tanto per incominciare, l’anno prossimo ad agosto me ne vado in vacanza», risponde senza esitare una signora, in attesa che il tabaccaio di via Cola di Rienzo passi la sua giocata. Alla faccia di chi ambisce ad accaparrarsi un atollo alle Maldive, o le Maldive tutte intere, la Roma, la Lazio, la Ferrari, Cristiano Ronaldo, Schumacher, pure col mal di collo, giusto per lo sfizio di fare accompagnare i figli a scuola da lui.
Ma prima bisogna azzeccare la combinazione vincente. Come? Ognuno ha il suo modo. C’è chi crede nella cabala, chi i numeri se li sogna e chi, come Marisa, 27 anni, guarda il calendario. «Scelgo in base alle date importanti, il mio compleanno, per esempio, quello del mio ragazzo, il giorno che ci siamo incontrati. Lui? No, lui non gioca, dice che è una fregatura. Ora è in macchina che mi aspetta». L’importante, secondo una giovane coppia pizzicata a giocare in un bar-tabacchi sull’Appia, è non ostinarsi a puntare sempre sugli stessi numeri. «Noi - raccontano i due innamorati - giochiamo la stessa combinazione per tre volte di seguito, poi la cambiamo». Marco, invece, 30 anni, impiegato di banca, stufo marcio di lavorare ad agosto, non cambia mai numeri, al massimo li assembla diversamente: «Mi gioco i vari codici pin, quello del bancomat, della carta di credito, del telefonino. A dire il vero, non ho molta fantasia per questo genere di cose».
Il sole mena, il sudore sgorga e la vera caccia, prima che allo sgusciante 6, è alla saracinesca alzata, ai lavoratori indefessi del gioco di Stato. A piazza Bologna, unica oasi con doppia stampante accesa, c’è la ressa. Dietro il bancone ecco Federica, che risponde per monosillabi in mezzo a un’abbuffata di penne smangiate e scontrini multicolore. «Dai Parioli alla Tiburtina vengono tutti qua - spiega - la puntata media è tra i 2 e i 5 euro. La vera sfida? Far capire qual è la differenza tra il Superstar e il numero jolly». Non hanno di questi problemi i ragazzini, abituati a risolvere enigmi ben più complessi con il joystick in mano. Il jackpot, ecco la novità, è trasversale, fa gola pure a loro. Giacomo e Alessandro, 15 e 17 anni, hanno organizzato una spedizione in motorino: «Abbiamo fatto una colletta con i nostri amici - raccontano - e speriamo che avvenga il miracolo». In fila dietro di loro c’è Evelina, 72 anni: «Ho preso l’autobus e la metropolitana per arrivare fin qui - ammette con candore - ma ne vale la pena». Coccolare il sogno, tenere in tasca la speranza per 36 ore, giustifica la sfacchinata.
In centro abbondano i turisti che tentano la ventura. Niente Colosseo in miniatura o magliette con su scritto «I love Rome»: il miglior souvenir d’Italie ha le sembianze di una barca di soldi. «Riscuotere la vincita sarebbe un buon motivo per tornare», ammicca Daniel, 26 anni, scozzese di Motherwell, alle porte di Glasgow. «Era nell’elenco delle cose che volevo fare qui - aggiunge - diversi giornali locali hanno parlato del vostro jackpot da record». Certo, qualcuno esagera, si lascia trasportare dalla voglia di piazzare il colpo grosso, di cambiare vita portandosi appresso una valigia di banconote. Bisogna investire e a via Fabio Massimo un anonimo lo fa con un sistema da 201 euro. «Non l’ho mai visto prima - dice il tabaccaio - ma sta succedendo di frequente che persone normalissime esagerino un po’. Sono i numeri ritardatari ad andare forte».
Il viaggio nella capitale deserta che sogna sotto il solleone si conclude oltre il raccordo, a Morena.

Qui l’unico bar aperto è quello di Mario, zeppo di transfughi delle zone vicine: «Le persone, spesso anziani - chiosa - si organizzano e decidono di giocare insieme». Così, inaspettato, spunta fuori pure il lato buono della vicenda, quello che non ti aspetti: il Superenalotto unisce, fa nascere amicizie, ammazza la solitudine. Non è già questa una vittoria?
(ha collaborato )

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