Caffè «macchiato»

ABITUDINI «Se prima la gente prendeva tre tazzine al giorno, oggi non supera le due»

Caffè «macchiato»

Caffé, cappuccino, cornetto. In tanti la mattina pronunciano almeno una di queste parole prima ancora di dire buongiorno. Altrimenti, è sufficiente anche solo uno sguardo, o un movimento del capo, affinché la persona dall’altra parte del bancone intuisca i desideri del cliente.
Già, perché tra il consumatore e il barista intercorre un rapporto particolare. Comunicano con un linguaggio speciale, fatto di cenni d’intesa e frasi stringate. Alle volte basta un sorrisino e si capiscono al volo. In realtà, si conoscono molto meglio di quanto sembrerebbe. Eppure oggi attraversano un periodo di crisi che rischia di mandare all’aria il loro amore non rivelato. A dividerli - purtroppo - è la questione dei rincari. La colazione al bar, infatti, è diventato un lusso che molti non si possono permettere. E così qualcuno è stato costretto a prendere delle contromisure.
«Se prima la gente consumava tre caffé al giorno ora non supera i due», tagliano corto in un bar a Ciampino. A diminuire, però, non è solo la dose giornaliera di caffeina. Alcuni, per esempio, rinunciano al cornetto, oppure hanno detto definitivamente addio alla spremuta. Altri, invece, hanno persino detto addio a tutto il pacchetto; e adesso, oltre al pranzo, si portano da casa pure una fetta biscottata per incominciare la giornata.
Ma quanto costa fare colazione fuori? Dipende. Certo è che la differenza può essere abissale a seconda dei quartieri, del tipo di consumazione - se al tavolo o al bancone - e dei vari accessori. Il caffé e il cornetto partono da un prezzo base di 70 centesimi. Novanta per il cappuccino. Così, in genere, stanno le cose nei quartieri periferici. Diverso il discorso nelle zone più centrali. A Prati il caffé costa 80 centesimi, nei dintorni di piazza di Spagna novanta, un euro al Pantheon. Simile l’escalation del cappuccino. Da viale Regina Margherita a via del Corso il prezzo varia, in certi casi, di 60 centesimi.
Ma il divario diventa decisamente più ampio se ci si siede. Un caffé al tavolo in via Frattina costa 2,50 euro incluso il servizio. A piazza San Lorenzo in Lucina un cappuccino arriva a 4,60. Per fare colazione a via Condotti, infine, si spendono non meno di 9 euro.
Tuttavia non è necessario spingersi fino a questo punto per comprendere le ragioni che si annidano dietro alla fuga dai bar. Tartassato dal carovita, il consumatore medio è obbligato a riconsiderare quali sono le sue priorità. Deve decidere di cosa ha bisogno e, soprattutto, di che cosa può fare a meno. In un bar del centro storico scuotono il capo sconsolati: «Ormai al banco facciamo 6 chili di caffé al giorno anziché i 9 dell’anno scorso». E non è che fuori ai tavoli le cose vadano meglio. Con questi prezzi neanche i turisti se la sentono più di sedersi. «È una situazione micragnosa», confessa la signora Adua al Pantheon. Secondo suo marito hanno registrato un calo della clientela pari al 20 per cento.
Intanto la Confcommercio è corsa ai ripari. Al via l’iniziativa «Prezzo Amico». I bar che hanno aderito non metteranno mano ai prezzi di caffé, cappuccino e cornetto per i prossimi quattro mesi. Una mossa che sostanzialmente serve a tranquillizzare gli animi.

La categoria però non rinuncia a difendersi e imputa il caro-colazione all’aumento del costo delle materie prime e delle spese di gestione. Insomma, se con il cliente ultimamente le cose non vanno più tanto bene non sarebbe loro la colpa.

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