Le croci sulle vette delle montagne non si toccano. Lasciatecele. Almeno quelle. Non è ancora detto, ma sembrerebbe questa (almeno al momento) la via imboccata anche dal Club alpino italiano dopo l`ennesima follia in questi giorni di laicismo imperante e pensiero pseudo «politicamente corretto», sostenendo che sarebbero «simbolo divisivo e non attuale». Polemica deflagrata dopo il convegno all`università Cattolica per la presentazione del libro Croci di vetta in Appennino di Ines Millesimi che ne ha censite 68. Mentre una contabilità parla di 327 sulle vette delle Alpi, alcune delle quali storiche e dunque vincolate. Non solo simboli della tradizione cattolica della nostra terra, ma anche dell`eroismo dei soldati nella Grande Guerra.
È per questo che l'idea del Cai di evitare l'installazione di nuove croci, pur concedendo che quelle già esistenti non sarebbero state smantellate, ha provocato un'immediata reazione che proprio in Lombardia ha trovato il suo epicentro. Da qui, infatti, dove è coordinatrice regionale di Fratelli d'Italia, il ministro del Turismo Daniela Santanché ha dato il via alla controffensiva. «Resto basita - il suo attacco - dalla decisione del Cai senza aver comunicato nulla al ministero. Non l'avrei mai accettata perché va contro i nostri principi, la nostra cultura, l'identità del territorio, il suo rispetto». Non solo. «Un territorio si tutela fin dalle sue identità e l'identità delle nostre comunità è fatta di simboli che custodiscono nel tempo la storia e valori. Invito il presidente del Cai a rivedere la sua decisione». Cosa che sembra essere stata ottenuta, visto che Antonio Montani si è affrettato derubricare il tutto a un equivoco. «Non abbiamo mai trattato l'argomento delle croci di vetta in alcuna sede, tantomeno prendendo una posizione ufficiale - ha sostenuto ieri in una nota smentendo posizioni piuttosto dissonanti anche all'interno del Cai - Quanto pubblicato è frutto di dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari durante la presentazione di un libro. Personalmente, come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino, non riesco a immaginare la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce. Voglio scusarmi personalmente con il ministro per l'equivoco generato dagli articoli apparsi sulla stampa e voglio rassicurare che per ogni argomento di tale portata, il nostro ministero vigilante sarà sempre interpellato e coinvolto».
Parole che lasciano intendere il rispetto delle croci esistenti, ma non troppo tranquillizzanti sulla possibilità di posizionarne altre in futuro. E forse anche per questo l'assessore regionale alla Cultura Francesca Caruso ha ieri fatto circolare una sua foto con tanto di croce e Tricolore. Contestando la posizione del Cai perché «il simbolo della croce, specialmente in cima alle Alpi e agli Appennini, è custode di una storia e di una tradizione che da secoli hanno contribuito ad arricchire l'identità del nostro Paese: in quegli scenari mozzafiato che costituiscono un patrimonio paesaggistico e naturalistico di straordinaria bellezza, le croci possono costituire per tutti, al di là del proprio credo religioso, un elemento culturale e talvolta anche artistico che si incontra lungo il cammino. Sarebbe un errore compiere una scelta così netta magari per allinearsi a una moda o alle posizioni laiciste più estreme». Duro anche il deputato di FdI Marco Osnato: «La croce in cima alla vetta è un'antica tradizione degli alpinisti che nel raggiungerla si rivolgono con riconoscenza al Cielo e onorano chi è caduto magari in precedenti spedizioni: toglierle sarebbe un'offesa ai sacrifici di chi per arrivare a piantarle si è magari privato della vita».
Indisponibile a qualunque compromesso il segretario della Lega Matteo Salvini: «Dovete passare sul mio corpo per togliere anche solo un crocifisso da una vetta alpina: ci mancava solo il Cai...». Con il governatore Attilio Fontana pronto ad assicurare che «le croci restano al loro posto e in futuro ne metteremo altre». Per il deputato bergamasco Andrea Tremaglia «scalare una montagna significa ancora oggi comprendere immediatamente che esiste qualcosa di superiore e ulteriore rispetto a noi: la croce sulla vetta è segno di quello smarrimento incantato che ognuno può interpretare, religiosamente o meno, ma che sicuramente non è disturbato da una croce.
Spiace che una realtà così importante come il Cai ceda a una deriva culturale errata che, per una moda del presente, rischia di ignorare un legame eterno tra passato e futuro, custodito proprio dalle nostre amate montagne».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.