Nei verdeggianti cortili della McClymonds High School di Oakland non si parla d'altro. Quel diciottenne gioca a baseball, ma non pare essere quella la sua dote migliore. Perché gli sprint che Jim Hines compie da una base all'altra sono roba da pizzicarsi le braccia. Alza quantitativi industriali di polvere. Corre con una scioltezza imbarazzante. Così - l'anno di grazia è il 1964 - un allenatore lo avvicina vaticinando il suo futuro: "Guarda che sei un centometrista". Soltanto quattro anni dopo, ai Giochi Olimpici di Città del Messico, Hines infrangerà ogni record fino a quel punto conosciuto: viaggia sotto il muro dei dieci secondi e afferra l'oro. Come un allunaggio per la specie umana. Ieri ci ha lasciato all'età di 76 anni. E il ricordo di quella prima volta è tornato subito a bussare vivido.
Era nato in Arkansas, Hines, ma si era trasferito presto con la famiglia in California. Era lì che avevano iniziato ad apprezzarne le doti. Dinoccolato eppure compatto al contempo. Un alieno sulla pista. Apriva il turbo e molti saluti a tutti gli altri. Il primo pezzo della sua impresa si materializzò ai campionati nazionali di Sacramento, nel 1968. Corse con il tempo di 9''9, scendendo sotto la granitica barriera dei 10 secondi, a dire il vero assieme ai colleghi Charles Greene e Ronnie Ray Smith. Cronometraggio manuale. Il tempo miracoloso, soltanto suo, sarebbe stato questione di pochi mesi.
A Città del Messico strappò la medaglia d'oro mandando in tilt il contatore elettronico. Era il 14 di ottobre. Sfilò davanti al connazionale Greene e al giamaicano Lennox Miller affastellando una cadenza di passi dirompente. Dapprima il tabellone luminoso dello stadio lo certificò campione con il tempo di 9''99, lo stesso delle qualificazioni. Poi scese a 9''89. Quindi al tempo definitivo di 9''95. "Se hanno corretto il mio tempo è perché nessuno poteva credere che un uomo corresse così veloce", dichiarò in seguito. Fu, quella, l'Olimpiade della clamorosa denuncia extrasportiva. Del pugno serrato e guantato di nero sollevato contro il cielo da Tommie Smith e John Carlos. Hines conquistò anche l'oro nella staffetta 4x100 americana, ma restò decisamente al di fuori di ogni questione di natura politica e sociale.
Quel primato resse, inscalfibile, per quindici anni di fila. Servì l'impresa di Calvin Smith a Colorado Springs - era il 1983 - per scendere ancora sotto di qualche decimo: 9''93. Dopo, a dire il vero abbastanza clamorosamente, decise che era già arrivato il tempo per cimentarsi con qualcos'altro. Football americano, segnatamente. Non si rivelò una gran trovata. Jim venne ingaggiato da Miami Dolphins e poi dai Kansas City, ma non riuscì mai ad incidere.
Fortissimo negli sprint non significa asso negli sport di contatto.Pazienza. Il suo marchio comunque l'aveva già lasciato così impresso da provocare un sussulto sessant'anni dopo. La lunga corsa della vita è terminata. Il ricordo è destinato a restare in pista ancora a lungo.
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