Venerdì 22 dicembre Beppe Bergomi, lo "zio" del calcio italiano compirà 60 anni. Una vita passata con la maglia dell'Inter. Dall'approdo alle giovanili quando aveva 13 anni, dopo essere stato scartato dal Milan (la squadra per cui ha sempre ammesso di fare il tifo da bambino) ha vissuto da protagonista 20 anni di storia nerazzurra.
In questi giorni lo storico difensore dell'Inter (e della Nazionale) ha rilasciato interviste alla Gazzetta dello Sport e al Corriere della Sera in cui ha parlato di tutto questo. Ricordi e aneddoti con un pizzico di nostalgia di un calcio fatto di valori e senso di appartenenza, che oggi non c'è più e che Bergomi ha rappresentato al meglio (insieme a Baresi, Maldini e Totti) sempre con la stessa maglia dall'inizio alla fine della carriera.
Gli anni da bandiera dell'Inter
Vittorie indimenticabili (tra tutte lo scudetto dei record dell'89) ma anche delusioni, un legame stretto con Gigi Simoni ("nessuno aveva la sua umanità") e Osvaldo Bagnoli ("era un maestro della tattica, 30 anni avanti a tutti con la sua lavagna. Una volta, parlando in milanese, mi convinse a restare all’Inter"). Grande riconoscenza poi per chi lo lanciò a inizio carriera: "Bearzot è stato un papà e sono grato a Bersellini che mandò un 17enne in pasto ai leoni". Qualche problemino invece l'ha avuto con Roy Hodgson: "Ho fatto fatica con lui, ora abbiamo un ottimo rapporto. Quando arrivò all’Inter non mi faceva giocare, ci fu un confronto molto schietto. Venduto Roberto Carlos, mi provò da terzino sinistro e le giocai tutte".
In tanti anni non ha mai avuto la tentazione di lasciare l'Inter. Nemmeno nei momenti difficili: "Nel 1991-92 con Orrico finimmo fuori dalle Coppe: un disastro, tante critiche. In quel momento si erano fatte sotto Lazio e Roma, ma bastò parlare con Bagnoli per mettere tutto a posto. Ricordo che anni prima, quando ne avevo 20, il Trap tecnico alla Juve mi disse: 'Perché non vieni a Torino?'. Gli risposi: 'Perché sto bene a casa, mister'. E lui: 'Fai bene, bravo!'. Sapeva che sventolare una sola bandiera nella vita ti rende unico".
Diventare una bandiera è un qualcosa che va al di là di tutto, anche dei trofei: "Te lo riconoscono tutti. Anche se significa vincere un solo scudetto, come accaduto a me. Anzi, per certi versi, è quasi un vanto perché è stato figlio di una fedeltà assoluta. Poi nel 1999, quando finì con l’Inter, mi voleva il Coventry: mi sentivo ancora in forma, ma poi arrivò Tele + ed eccomi in questa nuova vita....".
La nuova vita a Sky
Appesi gli scarpini al chiodo e dopo assaggiato la carriera da allenatore delle giovanili di Inter e Atalanta, lo Zio ha trovato da anni la sua dimensione ideale a Sky, diventandone una delle voci tecniche di punta. Insieme a Fabio Caressa forma una coppia perfetta in telecronaca:"Nel 2024 saranno 25 anni insieme. Ci completiamo: lui il classico romano casinista, io il tipico milanese ordinato. Fabio è una persona molto intelligente. La coppia funziona perché, fuori dal lavoro, non ci frequentiamo".
Anche di Sky è diventato una bandiera, e non ha mai avuto la tentazione di lasciare la sua nuova casa:"Mi hanno cercato, se stai bene in un posto non ha senso muoversi. Non ne ho mai fatto una questione di soldi". Una polemica però gli dà fastidio."Sempre quando mi dicono che non sono abbastanza interista.
Mi contestano pure per il contrario, ma quello non mi fa soffrire. Se guardo l'Inter da casa mi divoro, non riesco neanche a stare seduto. In telecronaca subentra la professionalità". Non ci sono dubbi il suo cuore è nerazzurro.
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