Cláudio Taffarel: ok il Brasile, ma vuoi mettere l'Emilia Romagna?

Nella memoria sedimentata e dolente c'è il rigore di Baggio sopra la sua testa: il portiere brasiliano difendeva i pali della Reggiana

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Possibile che con la scuola di portieri che abbiamo in Italia si vada a cercare un brasiliano mica irresistibile? L'interrogativo, scuotente, punteggia i giornali sportivi che tappezzano le edicole italiane nell'estate del 1990. Il patron Tanzi però non ci sente: "Sì, prendiamo proprio il biondino". Che poi sarebbe Cláudio Taffarel, anni ventiquattro, secco come un filo di rame, braccia e gambe prominenti, ma nemmeno troppo, dato che è alto un metro e ottanta.

Però nel Mondiale dele Notti magiche, quello segnato dalle contundenti strimpellate della coppia Nannini-Bennato, è apparso alquanto disinvolto. D'accordo, la Seleção è stata sbattuta fuori prematuramente, ma lui se l'è cavata. Non basta, comunque, a persuadere la flotta degli scettici. Avanza, anzi, l'impertinente teoria del complotto. "Lo prendono soltanto perché la Parmalat ha interessi in Brasile, mica perché è buono davvero". Fesserie sconfessate sul campo.

Per quella stagione, considerato il tappo dei tre stranieri, il Parma aggancia il difensore belga Grun, l'attaccante Brolin e, appunto, Taffarel. I ducali sono ambiziosi e Cláudio, che finora ha giocato soltanto con la maglia dell'Internacional di Porto Alegre, fa spallucce di fronte alle perplessità indotte dal volo transoceanico. Pure il fatto di trasferirsi in Emilia Romagna non lo turba. Vuole soltanto dimostrare quanto sa farci tra i pali. Zittire i professionisti della iattura.

Le prime due stagioni sono un manifesto che finisce per dissipare ogni dubbio. Taffarel non salta un match, è titolare e leader carismatico della retroguardia, idolo dei tifosi e faccia pulita del disegno tanziano. Tonnellate di cartoni di latte abbeverano San Paolo come l'entroterra più rurale. Lui intanto solleva una Coppa Italia e, quando ci sarà da salutarsi, avrà premuto in bacheca anche una Coppa delle Coppe.

Nel 1993 le cose cambiano. Il nuovo regolamento per gli stranieri in Serie A è un arnese che miete vittime illustri. A Parma arriva un fenomeno come Faustino Asprilla e deve giocare. Di mettere fuori una certezza come il granitico Grun non se ne parla. Figurarsi Brolin, raro esemplare di estro e solidità. Il sacrificato allora è Taffarel. Fuori lui, dentro Ballotta. A fine stagione fanno soltanto sei presenze. Il flirt con il Parma si è rotto. Ma non quello con l'Emilia Romagna.

Taffarel Reggiana
Taffarel con la maglia della Reggiana

La stagione successiva è infatti quella che conduce ad un nuovo Mondiale, Usa '94. Cláudio non può permettersi di sedimentare ancora in panchina e ha bisogno di un posto da titolare quasi certo. Per questo accetta senza indugio l'offerta munifica di un'altra emiliana, la neo promossa, ma appuntita, Reggiana. Taffarel si fa due conti: c'è quel prodigio di Paulo Futre, certo, ma gli altri due stranieri, Mateut ed Ekstrom, non sono esattamente dei crack. Previsioni azzeccate. Gioca fisso e conquista un altro Mondiale con il Brasile, da titolare.

Il resto è un trauma che fende le generazioni e che conosciamo tutti. Quel dolente penalty del Divin codino che si issa sopra la sua testa. Il religiosissimo estremo difensore - che ha parato un rigore a Massaro - cade in ginocchio, additando il cielo. Lo psicodramma azzurro sotto la calura opprimente di Pasadena e la festa dilagante di Bebeto, Romario e compagni.

Torna in Italia e i tifosi della Reggiana, comunque, lo venerano. Non capita mica spesso, da queste parti, di avere in squadra un campione del mondo. Lui ricambia quell'affetto, perché sente che quel posto è ormai la sua seconda casa. Si mette pure a giocare qualche partita da attaccante per la squadra della parrocchia, il Preziosissimo Sangue di Reggio nell'Emilia, fluttuando per il campo con la dieci sulle spalle.

Il fato lo riporta però in Brasile, all'Atletico Mineiro. Ma certi amori girano largo e poi bussano di nuovo.

Taffarel chiude la sua carriera a Parma, da vice Frey, dopo la cessione di Buffon. Farà ancora in tempo a vincere una Coppa Italia, prima di ritirarsi col sorriso nel suo posto preferito. Perché il Brasile sarà pure casa, ma vuoi mettere l'Emilia Romagna?

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