Spanciati sotto l'ombrellone, al riparo dalla calura estiva, ghignavano gli juventini e storcevano un po' il naso gli accerimi nemici. "Finalmente ce ne siamo liberati", festeggiavano i primi. Ma paghiamo 13 milioni più bonus uno che ha fatto zero gol? si interrogavano i secondi. Anche i fantallenatori erano scettici: Moise Kean? Naaa. Che bonus vuoi che ti porti? Dentro questa maggioranza c'era però spazio anche per chi la pensava diversamente. Aspettiamo - sosteneva qualche illuminato - perché a Firenze lo metteranno al centro del progetto.
E così un centravanti asfittico, che alla Juve il centravanti non lo faceva veramente, diventa redivivo. Risorge proprio quando sembrava che ormai il suo contributo offensivo fosse destinato a risolversi in una serie di sterili sgroppate. A Firenze Moise sta imponendo la sua legge con tecnica, astuzia e, sopra ogni cosa, una volontà feroce. La tripletta rifilita soltanto ieri al Verona è il manifesto del nuovo approccio del guerriero Kean. Taglio dietro i difensori, zampata opportunista (ma lì ci devi essere), sprint che sprigiona potenza irrefrenabile e si conclude con precisione chirurgica.
Otto gol in classifica cannonieri, tre in meno di Retegui, che però ha calciato due rigori. Anche quando non segna, il che succede di rado, Kean restituisce una sensazione di dominanza che a alla Fiorentina non erano più abituati a vedere da anni. Là davanti lotta e fa salire la squadra, ma la sua è diventata una contesa lucida. Tutto quello che Moise tocca ha un senso e crea valore condiviso. I gol sono la parte emersa di un iceberg prestazionale. I pochi che ancora nutrivano fiducia nei suoi confronti, circondati da sentenze balneari, lo ricordavano prolifico e concentrato al Psg. Dove comunque l'ambiente era alquanto diverso rispetto a Firenze.
Qui Kean è il protagonista principale del romanzo palladiniano. Aveva bisogno di avvertire fiducia massima per risorgere e Raffaele, l'uomo che sta guidando il club verso vette proprie soltanto dell'epoca Paulo Sousa, se guardiamo all'ultimo decennio viola, gliel'ha concessa senza remore. Arrabbiandosi anche parecchio, ieri, quando qualche collega ha definito Moise uno "scarto" della Juve. Inquadramento forse ingeneroso ed eccessivamente ruvido, ma resta un fatto che la Vecchia Signora si sia sbrigata a far cassa con lui. Eppure, costretta oggi ad utilizzare Dusan Vlahovic nel 100% dei match a causa della mancanza di un sostituto -il povero Milik frequenterà ancora a lungo l'infermeria - quanto sarebbe stato importante per Thiago Motta un altro puntero del genere?
La storia però non si scrive con i condizionali. Probabilmente, uno tra i molti, in bianconero non avrebbe reso in questo modo. Anche se fosse stato messo più stabilmente al centro dell'attacco.
La fiducia del prossimo, nel calcio come nella vita, fa sempre tutta la differenza del mondo. E ci restituisce, adesso, anche un centravanti che in tempi recenti avrebbe fatto estremamente comodo alla nazionale di Spalletti.
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