C'è voluto un romano per far capire ai romanisti come si debba vivere il calcio. C'è voluto un uomo di settantatré anni per spiegare ai ragazzi che cosa sia una squadra di football. C'è voluta l'eleganza di Claudio Ranieri per restituire ad una conferenza stampa la dignità, la normalità, la professionalità, caratteristiche smarrite tra provocazioni, insulti, maleducazione di chi svolge il ruolo responsabile di dirigente, che sia presidente, direttore sportivo o allenatore. Claudio Ranieri diceva alla stampa britannica: «Da giovane calciatore ero un englishman» e i giornalisti inglesi ne apprezzavano l'ironia e l'astuzia. Josè Mourinho, che lo sostituì al Chelsea, lo derise sottolineando la difficoltà a parlare inglese nonostante i cinque anni trascorsi in quel Paese e soprattutto che «Ranieri è stato un perdente al Chelsea e ha la mentalità di chi non ha bisogno di vincere». Dopo il trionfo del «perdente» con il Leicester City, il portoghese concesse la gloria al rivale che aveva appreso bene l'inglese.
Il destino vuole che oggi Ranieri abbia preso il posto che è stato di Mourinho incantatore della folla romanista. Claudio parla benissimo la lingua del calcio, è un signore che rispetta gli avversari, il resto è degli arruffa popolo disoccupati o emigrati altrove.
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