Il miglior Milan dell’era Berlusconi: 11 irripetibili campionissimi

Dopo il cordoglio ed il lutto per la scomparsa del Presidente, la memoria torna a quei Milan dell'età dell'oro, quando il Diavolo dominava il calcio europeo. Quale sarebbe il vostro undici ideale tra i migliori dell'era Berlusconi? Ecco le nostre scelte: fateci sapere cosa ne pensate

Il miglior Milan dell’era Berlusconi: 11 irripetibili campionissimi

La giornata più temuta dai tifosi rossoneri, purtroppo, è arrivata e se n’è andata, proprio come il Presidente. Dopo il cordoglio, l’umana compassione per la dipartita di uno degli uomini più importanti degli ultimi 50 anni, la mente non può che tornare al passato, a quei meravigliosi 31 anni nei quali il Diavolo volava alto, dominando il calcio mondiale. Quella valanga di titoli che l’hanno reso il presidente più vincente della storia del calcio, meglio anche del suo modello, quel Santiago Bernabeu che fece il Real Madrid, sembrano venire da un altro mondo, tanto sono incomprensibili. Come farò a spiegare al mio nipotino, che ha appena compiuto tre anni, che non molto tempo fa a fare il bello e il cattivo tempo non erano i petrodollari o i fondi d’investimento ma il sogno di un imprenditore italiano, supportato dal talento di gente come Adriano Galliani o Ariedo Braida?

La mente corre a quei momenti marchiati a fuoco nella memoria collettiva di chi ha avuto la fortuna di vivere quell’epoca forse irripetibile. Quanti giocatori incredibili sono passati da Milanello in quei 31 anni? Una quantità mostruosa, tanto da rendere quasi impossibile immaginare una formazione tipo: come fai a scegliere tra così tanti campioni di ere diverse? Come scegliere tra il genio di Arrigo Sacchi, la concretezza di Fabio Capello o l’ineffabile Carletto Ancelotti, maestro dello spogliatoio? Per rendere omaggio a quell’epoca d’oro e rivivere i momenti più belli del regno di Silvio Berlusconi, ecco la nostra personalissima formazione ideale del Diavolo del Cavaliere.

Dida Milan Marsiglia

DIDA (2000-10)

“Un portiere brasiliano? Ma che sono, impazziti?” Questa, più o meno, fu la reazione del sottoscritto quando venne a sapere, 23 anni fa, che per affiancare l’ottimo Christian Abbiati, Alberto Zaccheroni si era visto recapitare uno sconosciuto portiere di 27 anni. Il Milan l’aveva preso qualche tempo prima ma c’erano state infinite polemiche, una causa col Cruzeiro, il prestito al Corinthians. Quando nel catino di Elland Road, fece una papera mostruosa, le risate dei gufi si sentirono fin sulla Luna. Tornò in Brasile e sembrò che la sua storia col Diavolo fosse finita. E chi si sarebbe aspettato che, una volta tornato al Milan, avrebbe vissuto stagioni incredibili? Si diceva che fosse come il portiere della Playstation, capace di prendere palloni impossibili muovendosi a malapena. Non durò quanto altri suoi colleghi in rossonero ma per qualche anno, Dida fu semplicemente il migliore al mondo. Forse perché non fu un cammino semplice, rimane il più vicino al cuore di chi sanguina rossonero.

Abbiati Barcellona Milan

Come fare a non mettere dietro a Dida i due portieroni coi quali se la batté a lungo per conquistare quella maglia da titolare? Christian Abbiati e Sebastiano Rossi sono stati i guardiameta che molti dei tifosi del Milan collegano più facilmente con l'era Berlusconi. Non sono stati gli unici, ovviamente: se i più stagionati ricordano come Giovanni Galli visse una seconda giovinezza alla corte di Sacchi, i più giovani azzardano un paragone con l’esplosione di Gianluigi Donnarumma. Per quanto ci riguarda “Saponetta” e Christian sono imbattibili.

Cafu Milan Fenerbahce

CAFU (2003-08)

Pare strano che per presidiare la fascia destra ci sia un giocatore che arrivava al Diavolo dopo aver già brillato altrove. Il Pendolino aveva già vinto tanto al Sao Paulo ed impressionato i tifosi della Magica sotto la guida di Capello. Vederlo arrivare al Milan di Ancelotti per prendere il posto di un monumento sembrava una scelta discutibile, un ripiego. Marcos aveva già 33 anni ma seppe provare a tutti che non era affatto finito come molti credevano. Nei cinque anni al Milan fu devastante, facendo da contraltare all’eterno Maldini e facendo crescere i giovani talenti. Sono stati tanti i difensori passati al Milan in questi anni ma pochi sono ricordati con più affetto del buon Cafu.

Tassotti Milan Cagliari

Tradizionalmente la fascia destra non è mai stata il punto forte del Milan. Nel corso degli anni ci sono passati tanti onesti mestieranti, giocatori precisi quanto basta ma che difficilmente scaldano i cuori dei tifosi. Uno, però, fa eccezione: Mauro Tassotti, la presenza costante, silenziosa, affidabile delle difese rossonere fin dagli albori della presidenza Berlusconi. Ha giocato così tanto che ci sono voluti anni per abituarsi al non sentire il suo nome nella formazione. Tanto riservato nella vita, quanto insostituibile nel cuore dei tifosi.

Baresi Maradona

Franco BARESI (1977-97)

Come fare a spiegare un giocatore del genere a chi non l’ha mai visto in campo? Riuscireste a spiegare il colore blu ad un cieco? Il rapporto tra i tifosi rossoneri ed il Capitano, con la C maiuscola, quello che ha incarnato la transizione tra il Milan degli anni cupi, delle retrocessioni, degli scandali e l’età dell’oro, è unico ed irripetibile. Kaiser Franz era il Milan, senza se e senza ma. A parte le tante prestazioni memorabili, aver passato vent’anni con la stessa maglia, la vera impresa di Baresi è stata far crescere tre tra i difensori più forti della storia del calcio italiano. Come lui nessuno mai.

Nesta Messi Milan Barcellona

Paragonati al monumento Baresi, gli altri che si sono alternati nella difesa del Milan impallidiscono inevitabilmente. Un’eccezione, però, si può e si deve fare. Gli ci è voluto tempo per farsi largo nei cuori rossoneri, visto che aveva già vinto tanto con un’altra maglia, quella della Lazio, ma Alessandro Nesta è stato erede degnissimo del grande Franz. Magari fisicamente non era più allo stesso livello visto sotto Eriksson ma negli anni passati al Milan ha fatto veri e propri miracoli. Non abbastanza per un posto da titolare, ma sicuramente quanto basta per un posto nella Hall of Fame del Milan del Cavaliere.

Thiago Silva

Thiago SILVA (2009-12)

Dici Baresi, Costacurta viene più o meno da sé, no? Per quanto Billy abbia fatto la storia del Milan, non esce benissimo dai paragoni con altri grandissimi difensori che hanno vestito la maglia del Diavolo. Molto dipende dai vostri gusti in quanto a tattica o a simpatie personali ma come dimenticare l’impatto che un certo difensore brasiliano ha avuto nell’ultima età dell’oro della presidenza Berlusconi? Tanto quanto Cafu o Serginho sfiancavano i rivali sulle fasce con la velocità e la resistenza, tanto Thiago Silva riusciva ad imporre la sua legge al centro. Nonostante l’età, aveva personalità, carisma, precisione, gioco aereo e chi più ne ha più ne metta. La sua importanza l’abbiamo capita quando se n’è andato. Il Milan non è ancora riuscito a rimpiazzarlo degnamente.

Costacurta Inzaghi

Il fatto che sia stato battuto in volata dal suo erede non vuol dire che Costacurta non abbia avuto un ruolo enorme nei successi delle varie epoche dell’era Berlusconi. Difficile, però, dimenticare quanto sia stato importante un altro campionissimo, l’indimenticabile Marcel Desailly. Il transalpino è stato fondamentale nel Milan degli Invincibili ed ha dato sicurezza e sostanza ad un reparto in tumulto dopo il tramonto del talismano Baresi.

Maldini Vialli

Paolo MALDINI (1989-09)

La fascia sinistra era non solo casa sua, ma il posto dove regnava incontrastato, riuscendo nell’impresa impossibile di rimanere al top del calcio mondiale per quasi vent’anni. Il fatto che gente come Thierry Henry o Frank Lampard vadano in brodo di giuggiole quando scambiano due parole con lui è prova provata di quanto abbia voluto dire per il mondo del pallone. La bandiera delle bandiere, il cuore e l’anima del Milan ieri, oggi e domani, nonostante l’incomprensibile addio di pochi giorni fa non può che essere nell’undici titolare del Milan del Cavaliere. Il Milan era e rimane la sua vita, nonostante tutto e tutti.

Serginho Camoranesi

Dover contendere il posto in formazione ad uno dei calciatori più grandi di sempre è impresa da far tremare i polsi a chiunque ma sono stati tanti i giocatori che ci hanno provato negli anni di Berlusconi. A meno di infortuni, nessuno è mai riuscito a minare il suo dominio sulla fascia ma quello che ci si è avvicinato di più è sicuramente stato Serginho. Non aveva la sua classe infinita nelle chiusure, ma in quanto a velocità e capacità di proiezione offensiva se la batteva sicuramente ad armi pari.

Rijkaard Boban

Frank RIJKAARD (1988-93)

Leggenda vuole che quando Arrigo Sacchi si sentì chiedere dal Cavaliere cosa gli serviva per trasformare il Milan in una schiacciasassi, gli rispose semplicemente: “Mi compri Rijkaard”. Il vate di Fusignano ci aveva visto giusto: gente come Frank capita una volta nella vita di un allenatore. Non era semplice da gestire: dopo aver fatto faville all’Ajax se n’era andato sbattendo la porta dopo una lite furibonda con Johan Cruijff. Al Milan arrivò dopo un anno di inattività a 26 anni, circondato da qualche dubbio. Il vertice basso del trio dei Tulipani fece fare il salto di qualità al Milan, rendendolo inarrestabile. Cattiveria, grinta, prepotenza fisica, classe e visione di gioco nello stesso giocatore: roba da pazzi. Per cinque stagioni Rijkaard ha fatto il bello e cattivo tempo. D’accordo, molti non gli perdonano ancora la tremenda delusione di Vienna, quando scippò la coppa dalle grandi orecchie al Milan di Capello ma rimane comunque uno dei più grandi ad aver vestito questa maglia.

Gattuso Milan

Nonostante la vulgata parli del Milan di Berlusconi come una collezione di giocatori estrosi, di classe, tutta forma e poca sostanza, basta guardare ai tanti talenti che si sono succeduti in questa posizione per rendersi conto di come dietro alle prestazioni dei solisti ci fossero guerrieri capaci di sostenere i loro virtuosismi. A partire dal prototipo, quel Carletto Ancelotti che fece grande il Milan di Sacchi, ai suoi tanti successori, tutti diversi ma tutti in grado di dominare l’area centrale del campo. Meglio Demetrio Albertini o “Ringhio” Gattuso? Come non ricordare almeno Massimo Ambrosini? Il Milan, senza di loro, non sarebbe stato lo stesso.

Pirlo Milan Zurigo

Andrea PIRLO (2001-11)

Possibile che il centrocampista più fantasioso e devastante della storia del Milan sia arrivato per gentile concessione dei poco amati cugini? Non solo possibile, ma ancora divertentissimo dopo tanti anni. Dopo esser stato scaricato dall’Inter, Andrea Pirlo fu reinventato da Carletto Mazzone in un ruolo ibrido, da faro del centrocampo, smistatore di palloni per gli avanti e micidiale tiratore di punizioni. Quanto costò farlo passare al Milan? 33 miliardi di lire, uno dei migliori affari dell’era Berlusconi. Sotto la guida di Ancelotti, Pirlo ha semplicemente fatto la storia del calcio, aiutando a costruire uno dei migliori centrocampi di sempre. Accanto a Seedorf, Gattuso e Ambrosini, la mediana del Milan era quasi perfetta. Senza il suo “metronomo”, il Milan di Ancelotti non sarebbe stato così efficace. Due scudetti e due Champions League, il disastro di Istanbul, 401 partite in rossonero: Pirlo merita sicuramente un posto nell’undici dei più grandi dell’era del Cavaliere.

Rui Costa Milan Udinese

Se nessuno ha mai giocato veramente come giocava Andreino da Brescia, di centrocampisti geniali e fantasiosi il Milan di Berlusconi ne ha avuti tanti, troppi da menzionare in questa occasione. Due, però, voglio ricordarli per le tante gioie che hanno dato ai malati di Milan. Roberto Donadoni preferiva galoppare sulla fascia ma non disdegnava nemmeno di accentrarsi, prodigo sempre di passaggi illuminanti o soluzioni personali. Che dire poi di un altro “usato sicuro”, quel Manuel Rui Costa arrivato anche lui nel 2001 assieme al tecnico turco Fatih Terim? Se l’Imperatore fece solo una comparsata a Milanello, l’ex della Viola fu pagato una cifra importante, ben 85 miliardi di lire, ma dimostrò sul campo di valerli tutti. Riuscì anche a svezzare il giovane Kakà prima di tornare al suo Benfica. Obrigado.

Savicevic Thuram

Dejan SAVICEVIC (1992-98)

Hai voglia di ricordare a tutti che il “Genio” era davvero un talento unico, a tesserne le lodi in ogni modo possibile ed immaginabile. Per capire com’era davvero Dejan Savicevic, anarchico, irrefrenabile talento montenegrino arrivato dalla Stella Rossa Belgrado campione d’Europa, bisogna averlo visto giocare dal vivo. Non era un giocatore da highlights, uno che faceva le giocate per sbalordire il pubblico, Savicevic era allo stesso tempo indolente e feroce, annoiato dal suo talento e capace di lampi abbacinanti. Nei sei anni passati al Milan ha litigato con Capello, irritato molti, vissuto stagioni meno felici ma ha anche saputo mostrare un calcio assolutamente splendido. I vecchi tifosi casciavit rimangono ancora innamorati di lui come lo furono a suo tempo di Schiaffino e Rivera. Forse proprio perché ci ricorda il Diavolo di una volta non possiamo fare a meno di metterlo nell’undici titolare del Milan del Cavaliere. Non sarà stato il più costante o il più efficace ma nessuno come lui riusciva a rubare il cuore a San Siro con una sola giocata.

Seedorf Zanetti

Se il livello di genio e sregolatezza, l’irriverenza giocosa del Genio è ineguagliabile, altri campioni del Milan dell’età dell’oro sono stati in grado di far sobbalzare il cuore ai tifosi rossoneri negli anni. Elencarli tutti sarebbe impossibile ma come non parlare di gente come Clarence Seedorf o lo stesso Leonardo. D’accordo, in panchina non è che abbiano avuto una gran fortuna ma quando giocavano erano in grado di illuminare anche le fasi di gioco più stanche con un solo passaggio. Se l’olandese è arrivato con due Champions in bacheca, lui ed il brasiliano sono stati fondamentali nel gioco di Ancelotti. Basta vedere come giocavano per rendersi conto che la sregolatezza non è corollario necessario al genio. Avercene.

Kaka Milan Juventus

KAKÀ (2003-09)

Arrivare in uno dei club più importanti al mondo a 21 anni da un’altra squadra rossonera, il Sao Paulo, con un soprannome che si apre a facilissime ironie scatologiche non è decisamente il viatico più semplice per salire nell’Olimpo del calcio. Eppure Ricardo Izecson dos Santos Leite ha saputo sempre ridere in faccia ai critici fin da quando iniziò a giocare da titolare a soli 18 anni. Figlio di una famiglia benestante, faccia pulita, fede incrollabile, niente lasciava pensare che, una volta sceso a San Siro, potesse diventare un cannibale dell’attacco. Appena arrivato, nel 2003, fu fondamentale nella cavalcata verso lo scudetto, prendendo il posto ad uno come Rui Costa. L’amore del popolo milanista per l’attaccante dalla faccia d’angelo è bruciato vivissimo nonostante le delusioni ed il dolorosissimo addio verso il Real Madrid, pagato a peso d’oro. Ricardo disse che avrebbe voluto fare come Maldini e diventare una bandiera. Il calcio stava cambiando ed i tempi delle spese pazze erano finiti. Fosse rimasto, sarebbe potuto diventare uno dei più grandi di sempre? Il rimpianto, tra i tifosi rossoneri, è tanto.

Gullit Berti

Giocare dietro alle punte, partire da lontano per poi infilarsi in area e fare impazzire i difensori è un’arte difficile che, però, ha visto protagonisti importanti nel Milan del Cavaliere. Tra i tanti che hanno fatto emozionare i tifosi rossoneri, pochi hanno segnato un’epoca come due tra i talenti più scintillanti a giocare per il Milan, Ruud Gullit e Zvonimir Boban. Immaginare il Milan di Sacchi senza che le treccine dell’olandese spuntino nei vostri ricordi è praticamente impossibile, tanto è stato importante nell’epopea di quel Diavolo rivoluzionario. Cosa dire, poi, dell’inimitabile Zorro Boban? Quando ti presenti prendendo a calci un celerino yugoslavo come fai a non conquistare il cuore dei tifosi? Molti frequentatori di San Siro ricordano ancora le sue finte ubriacanti, la sua tenacia, la sua intelligenza e versatilità che gli consentiva di svariare spesso e volentieri. Inimitabile.

Shevchenko Cordoba

Andrij SHEVCHENKO (1999-2006)

Alzi la mano chi, quando si diffuse la notizia che il Milan aveva pagato 25 milioni di dollari per un calciatore della Dinamo Kiev, non pensò che sarebbe stato un bidone come lo Zar Zavarov alla Juventus. A parte Boniek, i giocatori slavi nella Serie A avevano avuto pochissima fortuna ed il gioco del colonnello Lobanovsky era talmente particolare da rendere difficile far bene altrove. Sheva dimostrò a tutti che un talento come il suo poteva fare quel che voleva sul campo di calcio, senza nemmeno bisogno di alzare la voce. A stupire tutti fu come un ragazzo fin troppo timido si riuscisse a trasformasse in una bestia appena scendeva in campo. Non durò moltissimo, ma giocatori così devastanti, capaci di ammazzare le partite alla prima distrazione, dalle parti di Milanello se n’erano visti pochi. Dopo il titolo di capocannoniere al debutto, fino a quando vestì la maglia del Diavolo fu uno dei più grandi attaccanti al mondo. Come successo ad altri, una volta abbandonato Milanello si perse, finendo una carriera straordinaria in un triste declino. I tifosi del Milan non dimenticheranno mai lo sguardo stralunato all’Old Trafford, prima di battere il rigore che consegnò al Milan la Champions più inaspettata. Nessuno a San Siro lo dimenticherà mai.

Weah Milan Salernitana

Grazie all’acume della coppia d’oro Galliani-Braida, il Milan si è riuscito ad assicurare una serie di attaccanti incredibili negli anni. Certo, sono arrivati anche diversi bidoni, da Redondo a Lentini o giocatori che avevano visto giorni migliori, da Rivaldo a Ronaldo il Fenomeno, ma la media è impressionante. Ronaldinho aveva fatto vedere le cose migliori altrove, ma non fece affatto male a Milano; stesso dicasi per Alexandre Pato, che prima di iniziare la lunga serie di infortuni che gli avrebbe rovinato la carriera aveva fatto vedere cose entusiasmanti. Jean-Pierre Papin riuscì a dare concretezza ad un Milan un po’ abulico ma nessuno potrà mai dimenticare le cinque meravigliose stagioni di George Weah. Del famoso gol contro l’Hellas Verona, quella cavalcata solitaria a velocità assurda, a San Siro se ne parlerà per chissà quanti altri anni…

Marco Van Basten

Marco VAN BASTEN (1987-95)

Decidere chi è stato il centravanti più grande dell’era Berlusconi è come chiedere ad una madre chi sia il figlio cui vuole più bene. Per i malati di Milan è una scelta impossibile: tutti hanno i loro favoriti, quelli che gli facevano battere forte il cuore. Per chi era vivo ed ha avuto il privilegio di vedere il primo Milan del Cavaliere, quello della rivoluzione sacchiana, la domanda non si pone nemmeno. Per quanto siano stati grandi gli altri, nessuno potrà mai rivaleggiare con il Cigno di Utrecht. Marco Van Basten è stato il simbolo della rinascita del Milan, un giocatore talmente talentuoso da trasformare in gol sonanti gli schemi del Vate di Fusignano. Quando una stella brucia così luminosa, inevitabile che non duri quanto avremmo voluto. Quel maledetto infortunio che ha tolto anni ed anni di carriera è forse il rimpianto più amaro per chi ama il calcio. Quando ha appeso gli scarpini al chiodo, Van Basten aveva solo 31 anni. Gli sono bastati per diventare uno dei più grandi di sempre.

Inzaghi gol

Dire che Van Basten merita un posto da titolare non vuol affatto dire che gli altri attaccanti del Milan del Cavaliere siano da meno. Senza di loro l’età dell’oro del Diavolo non sarebbe stata la stessa, visto che hanno anche loro fatto la storia di questo club. Come non parlare di WonderIbra, di come riuscì ad illuminare un momento poco felice del club, con la sua inimitabile presunzione e la determinazione di trascinare la squadra? Magari, come diceva Ferguson, non era in grado di dribblare una sedia, ma Filippo Inzaghi ha dato tante gioie ai tifosi rossoneri, gol indimenticabili come quelli della vendetta di Atene. Che dire poi di Oliver Bierhoff, l’ariete che non ti aspetti, il dominatore dell’area piccola e di come riuscì a fare la differenza, consegnando al Milan lo scudetto forse più bello, quello del 1999, della favola di Zaccheroni. Non durò molto ma quei tre anni gli sono valsi un posto nei cuori dei tifosi.

Ancelotti Milan Intercontinentale

Carlo ANCELOTTI (2001-09)

A chi fare allenare questa collezione di campioni unica al mondo? Perché non all’allenatore più vincente di sempre, a quel Don Carlo che ha saputo imporre la sua calma determinazione, il suo talento indefinibilie nel gestire gli spogliatoi più riottosi in ogni campionato europeo? Il fatto che con la maglia del Diavolo abbia fatto pure benissimo, tanto da meritare di entrare sicuramente nella Hall of Fame, è solo la ciliegina sulla torta. Forse il suo Milan non è stato innovativo, sorprendente e devastante come quello di Arrigo Sacchi o determinato, cinico, micidiale come quello di Fabio Capello, degli “Invincibili”. A chi lo accusava di essere solo un “aziendalista”, di far giocare chi gli diceva Berlusconi, ha provato più e più volte che il mago di Reggiolo di calcio ne capisce parecchio.

Una cosa è certa: con Carletto in panchina, questo Milan sarebbe ancora più devastante. Sarebbe il miglior modo per ricordare l’era del Cavaliere, con uno dei primi giocatori che volle a Milanello per segnare la svolta, la nascita del suo Diavolo. Ora che il Cavaliere se n’è andato, possiamo consegnare il suo Milan ai libri di storia. Per chi c’era e chi l’ha vissuto dal vero, rimarrà per sempre vivo, pietra di paragone impossibile per i futuri rossoneri.

A Pioli e Cardinale il compito non semplice di onorare la tradizione e riportare il Diavolo dove merita, sul tetto del mondo. Per fortuna, a dargli una mano dal Cielo, ci sarà un tifoso in più.

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