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Quel muro protettivo tra terrore e umanità

Edoardo Bove è un ragazzo di ventidue anni: stava allacciandosi una scarpa quando i suoi occhi hanno visto la nebbia e allora il suo corpo si è come sgonfiato, accasciandosi sull'erba fradicia

Quel muro protettivo tra terrore e umanità
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D'improvviso la festa si ferma. Si spengono i fuochi, si tacciono i cori, scende il silenzio, pesante, angosciato, incredulo. C'è un uomo che giace sul prato di un campo di calcio, la partita era incominciata da un quarto d'ora, Edoardo Bove è un ragazzo di ventidue anni, l'età delle mille promesse, per un calciatore è il tempo precoce della maturità. Stava allacciandosi una scarpa dopo un contrasto di gioco quando i suoi occhi hanno visto la nebbia e allora il suo corpo si è come sgonfiato, accasciandosi sull'erba fradicia. Quello è il momento della paura, l'attimo terribile dell'incoscienza perché non puoi e non riesci a capire, naturale è il primo timore di avvicinarsi e poi cresce l'ansia e vedi altri ragazzi piangere, camminare, ciondolando, nel vuoto, tentando di essere altrove per non conoscere la verità. È difficile accettare l'immagine di un atleta, fresco di vita, forte nel fisico, piegarsi nello svenimento, non dare segni di reazione, giacere senza spiegazione. E immediati, come un treno che passa veloce dinanzi ai nostri occhi, scorrono i fotogrammi di altre storie tragiche di football, Curi, Astori, Eriksen, N'Dicka, Barone, malori e morti accomunati dallo stesso fulmine imprevisto che scuote il cielo sereno di una partita, la sua vigilia, il suo durante, il suo dopo, il gioco della vita e la vita in gioco. Monta la schiuma sporca della corsa ad arrivare primi allo scoop, il sapore vile di speculare sul dramma altrui, pelle dura dinanzi alla fragilità di una esistenza che rischia di scomparire. Si moltiplicavano le voci ieri sera, Edo sta male, Edo non respira, Bove è stato ricoverato, il suo cuore batte regolarmente, adesso torna a respirare, fuori, la sera di Firenze era più nera di sempre, si è fatta chiara la luce quando si è saputo che Edo aveva ripreso a riconoscere, i suoi occhi spenti erano tornati vivi ma non era ancora il tempo della pace e della serenità, se il suo respiro era normale, quello di chi gli sta vicino resta in sospeso perché arriva la notte e queste sono le ore del coraggio, quando si è soli nel silenzio delle voci e delle luci e i pensieri occupano troppo il vuoto.

A Firenze, ieri sera, il calcio ha scritto un'altra pagina vera, ogni rivalità è stata cancellata in quei secondi drammatici, tutti uniti e riuniti a proteggere il loro compagno di gioco nascondendolo agli sguardi avidi, la folla dello stadio ha resistito a lungo sulle tribune perché questo è il mistero della passione, del tifo, non arrendersi mai nemmeno dinanzi all'evidenza, la fede confusa con l'ignoranza. Edoardo Bove si rialzerà e potrà allacciarsi la scarpa. La partita della vita ricomincia domani.

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