Ndicka, paura e nobilità. Lezione del nostro calcio ai padroni dell'Uefa

Malore, il romanista crolla. De Rossi va da Cioffi e con capitani e arbitro decide lo stop. Il pubblico applaude

Ndicka, paura e nobilità. Lezione del nostro calcio ai padroni dell'Uefa
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Una scena purtroppo già vista tante volte su un campo di calcio: un giocatore che si accascia a terra all’improvviso e fa tenere il fiato sospeso a tifosi e colleghi. Ieri erano 12 anni precisi dalla morte di Morosini sul terreno di Pescara, anche se stavolta a Udine il dramma è durato solo pochi minuti. E si è arrivati alla sospensione della gara, grazie alla sensibilità di tutti i protagonisti. Al Buenergy Stadium, dopo la situazione divertente di un tifoso entrato in campo per farsi un selfie con Dybala, il difensore francese naturalizzato ivoriano della Roma Evan Ndicka si accascia a terra dopo 70 minuti e 48 secondi di partita. Servono almeno dieci secondi prima che la gara si fermi e che i medici del club giallorosso entrino in campo per soccorrere il calciatore. C’è anche un defibrillatore, che per fortuna resterà inutilizzato, visto che Ndicka non perde mai conoscenza, anzi esce in barella facendo il gesto dell’ok. La prima diagnosi nella saletta medica dello stadio fa sospettare un principio d’infarto, escluso però dagli accertamenti in ospedale dove Ndicka viene trasportato d’urgenza e poi trattenuto in osservazione. De Rossi, Pellegrini e la Ceo Souloukou. prima che la squadra riparte, riescono a parlargli ricevendo buone notizie. La gara passa così in secondo piano: De Rossi, scosso come il resto della squadra, chiede all’arbitro di poter andare negli spogliatoi per accertarsi delle condizioni del suo calciatore. Ricompare in campo dopo tre minuti e dopo aver appreso il primo verdetto medico. «Sta bene, sta bene», dice a tutti ma decide di parlare con il collega dell’Udinese Cioffi e con il direttore di gara Pairetto. «I ragazzi non ce la fanno, vogliono restare con lui», le parole del tecnico che ritira fuori la sua anima da calciatore. Accorre il suo amico ed ex compagno di squadra alla Roma Balzaretti, ora responsabile dell’area tecnica dell’Udinese. «Non c’è problema, diteci cosa si fa», la risposta dei rappresentanti del club friulano. «Fate come volete, aspetto», dice l’arbitro Pairetto. De Rossi raduna la squadra in cerchio e la decisione viene presa: fermiamoci. Il tecnico la riferisce a Cioffi, a Pairetto e al capitano dell’Udinese Pereyra. Tutti d’accordo, dopo quasi dodici minuti di stop, l’arbitro fischia tre volte dichiarando la fine del match tra gli abbracci di chi ha scelto applicando il buon senso. La gara riprenderà dal 71’ sull’1-1 ma non domani come previsto dal regolamento (la Roma avrà l’impegno europeo giovedì). Il pubblico applaude la decisione, persino la curva dei friulani che mesi fa fu protagonista dei cori razzisti al portiere del Milan Maignan si accoda al resto dei tifosi. Pellegrini e Mancini, anche loro entrati negli spogliatoi dopo l’uscita del compagno, vanno nel settore dei propri sostenitori a raccontare quanto accaduto. Bravi tutti, dall’arbitro agli allenatori fino ai tifosi.

Una lezione dall’Italia all’Uefa che la sera del malore al danese Eriksen a Euro 2020 non sospese la gara nonostante l’apprensione per la crisi cardiaca del centrocampista allora all’Inter. Ma stavolta era impossibile pensare di non fermarsi.

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