Dal paesino calabrese alla panchina del Belgio, l’ascesa di Tedesco

Il giovane allenatore continua a sorprendere: dopo i successi (e due esoneri) nei club ecco la chiamata dei Diavoli rossi

Dal paesino calabrese alla panchina del Belgio, l’ascesa di Tedesco

Chissà se tutti i 1190 abitanti censiti nel microscopico Comune di Bocchigliero (Cosenza) hanno battuto all’unisono le mani. Certo organizzarsi non sarebbe stata un’impresa ardua. Un po’ più intricato, invece, vaticinare che quel ragazzino filiforme e in fissa con il pallone sarebbe diventato il loro concittadino più illustre. Perché è qua, nella provincia calabrese più cruda e inerpicata, che ha trascorso gran parte della sua adolescenza Domenico Tedesco. Per tutti, da ieri, il nuovo ct del Belgio.

Da questo feudo del Cosentino, avamposto che suggerisce una cromosomatica dimensione ancillare, Domenico ha spiccato un volo tutt’altro che pindarico. Certo, quando sulla carta d’identità c’è impresso “allenatore” alla voce “impiego”, i ruzzoloni sono da infilare nel conto. Tedesco però, salvo qualche raro inciampo, fino a qui ha oscillato pochissimo.

In Germania al lavoro per la Mercedes

Non aveva iniziato ad avvitarsi così, tra lavagnette tattiche frementi e braccia che mulinano da bordo campo, la sua esistenza. Premuti i vestiti e le chincaglierie in valigia, se ne era partito alla volta della Germania quando ancora – lui che è nato nel 1985 – era poco più che un ragazzino. Le sirene teutoniche trasponevano il miraggio del lavoro in opportunità palpabile e allora levare l’ancora diventava inevitabile. Lui però si era ambientato con disinvoltura: una laurea in ingegneria gestionale e un master in gestione dell’innovazione. Aveva cominciato a lavorare per la Mercedes, roba che a Bocchigliero mica c’hanno confidenza.

Però accanto, spiffero destinato a diventare ciclone interiore, c’era sempre il rigurgito pallonaro. Giochicchiava nella non indimenticabile Asv Aichwald e nel frattempo studiava i movimenti dei compagni. La facciata austera della Hennes Weisweiler Akademie era stata l’inevitabile passo successivo. Corso da allenatore della federazione calcistica tedesca. Lo conclude da primo della classe, piazzandosi davanti a gente come Julian Nagelsmann e Alexander Nouri.

La scintilla giusta: mollare tutto per fare l'allenatore

È un bagliore che cattura le pupille degli addetti ai lavori: il suo club gli chiede di allenare le giovanili e lui accetta di buon grado. Poi è il turno dei ragazzini dello Stoccarda e dell’Hoffenheim. Fino a quando – è un giorno di marzo del 2017 e lui ha soltanto trentadue anni – viene ingaggiato dall’Erzgebirge Aue, serie B tedesca. È la sua prima grande chance tra i professionisti, ma il club annaspa nel pantano della zona retrocessione. Lui però infila una serie di risultati fragorosi e lo salva, contro ogni pronostico, arrivando quattordicesimo.

Abbastanza per persuadere lo Shalke 04, uno dei più gloriosi club germanici, ad ingaggiarlo l’estate seguente. La prima stagione si chiude con il botto: secondo, soltanto dietro al maestoso Bayern Monaco. Al secondo giro di giostra però le cose precipitano. Supera il girone in Champions, ma viene spazzato via dal Man City. Perde gradualmente terreno anche in campionato. Qualcosa si incrina. Quando scocca il marzo del 2019 viene esonerato.

Il ticket successivo lo conduce a Mosca, sullo scranno dello Spartak. Subentra migliorando il mediocre piazzamento iniziale di tre posizioni e nella stagione successiva arriva secondo. Potrebbe proseguire, perché ha intercettato la fiducia collettiva, ma intende cercarsi un’altra sfida. Stavolta le porte scorrevoli lo spingono a bordo dell’RB Lipsia: giunge quarto in campionato e si ferma soltanto in semifinale di Europa League, ma conquista la coppa di Germania, il primo trofeo nella storia del club. Pare un matrimonio sublime, ma il basculante incipt della stagione seguente, condito da una debacle in Champions, lo inchioda. Esonerato dopo aver accarezzato la gloria, si siede sulla sponda del fiume per contemplare nuove possibili chance.

La panchina del Belgio, un nuovo inizio

Ora la nuova casa ha la facciata un po’ screpolata del Belgio. Tedesco ci arriva dopo aver liquidato una concorrenza nutrita, perché al netto dei fisiologici tonfi l’eco dei risultati conseguiti rimbalza ancora potente.

Incollare i cocci dopo un mondiale da autolesionisti, al netto di un potenziale che resta notevole, non sarà una passeggiata agile né rapida. Lui, comunque, da Bocchigliero in poi non ha mai smesso di camminare nel calcio.

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