Dopo quattro anni di attesa, in Qatar sta per iniziare lo spettacolo che fa impazzire l’universo pallonaro. Nonostante le polemiche e i mille distinguo, gli inviti al boicottaggio saranno quasi sicuramente ignorati. Anche se si giocasse sulla Luna, i malati di calcio accenderebbero comunque la televisione. Le cose sono decisamente più complicate per noi italiani. Con gli azzurri a casa, il pathos, le speranze, il batticuore degli anni d’oro, quando partivamo quasi sempre tra i favoriti, dovremo purtroppo dimenticarceli. Tristezza e rimpianti a parte, c’è forse un modo per appassionarsi a questo strano mondiale invernale: la gufata competitiva. Decisamente meno soddisfacente che celebrare in piazza le vittorie dell’Italia ma toccherà accontentarci della sottile perfidia della schadenfreude (piacere provocato dalla sfortuna altrui). A parte le antipatie personali, tra i 32 commissari tecnici appena arrivati al sole del Golfo Persico ce ne sono diversi che potrebbero tornare a casa sommersi dai fischi. Ecco la nostra personalissima e del tutto opinabile lista dei tecnici che rischiano una figuraccia storica.
Gareth Southgate (Inghilterra)
Se a noi italiani il tecnico dei Three Lions ricorda la soddisfazione di vederlo uscire con la coda tra le gambe da Wembley dopo la sconfitta con gli Azzurri, oltremanica l’ex difensore dell’Aston Villa causa reazioni contrastanti. In una nazione allergica alle superstizioni che continua ossessivamente a pensare che ogni volta la coppa “is coming home”, il terzo torneo maggiore di Southgate è quello dove rischia di più. Le stelle sembrerebbero allineate a favore dei bianchi d’Albione, cosa che, di solito, finisce malissimo. L’Inghilterra ha forse la seconda rosa più talentuosa in Qatar, dietro solo ai campioni in carica della Francia ma non sarebbe la prima volta che gli inglesi mettono in campo una “golden generation” senza portare a casa la coppa. Chiedere a Robson e Venables, eliminati in semifinale ad Italia ‘90 e sconfitti in finale agli europei di casa del ‘96 per referenze. Dopo la semifinale in Russia e la finale a Wembley, l’unico modo per migliorarsi sarebbe di vincere il secondo mondiale. La prova dei Bianchi nella Nations League è stata disastrosa, culminando nell’umiliante 0-4 contro l’Ungheria e conseguente retrocessione.
Southgate, però, ci ha messo del suo, specialmente quando ha lasciato a casa gente del calibro di Fikayo Tomori, preferendogli Harry Maguire, che nel suo Man United fa parecchia panchina e che potrebbe essere ceduto a fine stagione. Altrettanto clamorosa l’esclusione dell’attaccante del Brentford Ivan Toney, che sta vivendo una stagione da 11 gol e 3 assist in 16 partite, inclusa la doppietta al City di Guardiola. La reazione dei tifosi sui social è stata furibonda e potrebbe perseguitare Southgate nel caso Rashford e Wilson dovessero essere un flop. Il Ct si è rivolto ai suoi fedelissimi ma la chiave rimane il rendimento del capitano Harry Kane e dei suoi compagni di reparto Mason Mount e Raheem Sterling, che nei rispettivi club stanno passando un momento difficile. Se da una parte molti discutono della scelta di Pickford al posto di Ramsdale o Pope, reduci da un inizio di stagione stellare, a dare una mano a Southgate potrebbe essere il dinamico Maddison o l’ingresso a partita in corso di Kalvin Phillips. Il rischio figuraccia è comunque altissimo.
Roberto Martinez (Belgio)
Dopo anni nei quali Les Diables Rouges arrivano ad un passo dalla grande impresa per cadere sul più bello, Qatar 2022 sembra l’ultima spiaggia per il tecnico catalano. La migliore generazione che il Belgio abbia mai messo in campo sta iniziando a perdere pezzi e questa potrebbe essere l’ultima volta nella quale potrebbero puntare decisamente al titolo. Basta dare un’occhiata alla rosa per rendersi conto della enorme pressione sulle spalle dell’ex tecnico di Wigan ed Everton. Quando puoi schierare il migliore portiere della scorsa Champions League, due talenti straordinari a centrocampo ed uno dei migliori attaccanti al mondo, difficile non attendersi grandi cose. Il vero problema è che negli ultimi anni il Belgio ha fatto bene solo quando ha affrontato squadre nettamente inferiori, fallendo con le grandi. Il girone di qualificazione da imbattuta fa il paio con il perentorio 1-2 rimediato all’Europeo, quando i belgi furono cancellati per ampi tratti della partita dall’undici di Mancini. Se Courtois è una sicurezza assoluta, i veterani Alderweireld e Vertonghen iniziano a sentire il peso dell’età. I rincalzi sono poco convincenti: Dendoncker si può adattare ma all’Aston Villa sta giocando poco mentre l’ex Bologna Theate e il 19enne Debast potrebbero sentire il peso del debutto. A centrocampo i centrali Witsel e Tielemans sono talentuosi ma incostanti mentre sulle fasce l’ex atalantino Castagne e il folletto Carrasco sono un mix di fantasia e sostanza.
Sarà quindi l’attacco a dover fare la differenza. Sulla carta si tratta di uno dei migliori al mondo, con due crack assoluti come Kevin De Bruyne ed Eden Hazard, che però arrivano in Qatar in condizioni molto diverse. Se la stella del Man City continua a deliziare il pubblico dell’Etihad, Hazard al Bernabeu gioca poco ed è scivolato in basso nella lista di Ancelotti. Per non parlare poi del problema dei problemi, lo stato di forma del terminale offensivo principale, quel Romelu Lukaku che fatica a ritrovare la condizione dell’anno dello scudetto (e di sicuro salterà le prime partite). Dietro l’ariete nerazzurro, poco o niente: l’eterna promessa Batshuayi finito al Fenerbahce e Divock Origi, che alla corte di Pioli ancora non ha ingranato. Decisamente meglio la panchina, dove Dries Mertens potrebbe fare benissimo entrando nel secondo tempo come il milanista Saelemakers. Aggiungi l’enigma De Ketelaere, che a Milano non ha mostrato che pochissimi lampi di quella classe mostrata a Bruges ed i presupposti per una figuraccia ci sono tutti. La prova generale non è andata benissimo, un inopinato 1-2 contro l’Egitto di Mohamed Salah. Vedremo se, quando si inizierà a fare sul serio, il Belgio saprà ritrovare la sua identità.
Luis Enrique (Spagna)
Reinventarsi da zero dopo un dominio incontrastato durato un decennio non è semplice per nessuno, ma la Spagna sembra già a buon punto in questa difficile transizione. Le fertili canteras iberiche continuano a sfornare talenti incredibili, plasmati in una squadra fluida e sempre pericolosa dall’ex tecnico di Roma e Barcellona. Le Furie Rosse hanno già dimostrato quanto possano essere letali sia agli Europei che nella Nations League, ma non convincono tutti. Invece di lodarne il coraggio e l’inventiva, il tecnico asturiano ha collezionato una schiera di critici pronti ad impallinarlo al primo passo falso. Uscite come quella di pochi giorni fa, quando ha annunciato che parlerà in diretta su Twitch per bypassare i media ostili, sembrano quasi una dichiarazione di guerra ma i dubbi sulla Roja sono piuttosto concreti, dalle amnesie della retroguardia alla mancanza di concretezza in avanti. Il 4-3-3 che si presenterà in campo al sole del Golfo Persico è comunque impressionante, tanto da poter tranquillamente arrivare fino in fondo.
La chiave della difesa è il solidissimo Unai Simon, portiere tra i migliori al mondo, protetto da sicurezze come Carvajal, Laporte e Pau Torres. Il centrocampo è dove la Spagnaa potrebbe distruggere le rivali: Pedri, Rodrigo, Koke e il nuovo Iniesta, l’azulgrana Gavi sono capaci di far sparire la palla a piacimento, con accelerazioni micidiali. Meno convincente la delantera, dove a giocarsi un posto saranno l’ex Juve Morata, Ferran Torres, Sarabia e il fenomenale Ansu Fati. La ricchissima panchina potrebbe paradossalmente complicare le cose per Luis Enrique, specialmente se il debutto non vedesse i suoi già in forma mondiale. Tenere in panca gente come Busquets, Azpilicueta, Dani Olmo o Yeremy Pino non sarà semplice. Difficile decifrare come potranno fare gli iberici in Qatar, se il loro potenziale incredibile saprà tradursi in risultati all’altezza. La Spagna è in mezzo al guado, tra l’epoca d’oro degli anni 2000 e i tanti decenni precedenti, quando faceva faville nei gironi per poi uscire mestamente ai quarti di finale. A pagare per tutti, come al solito, potrebbe essere proprio il Ct. Ai suoi ragazzi il compito non semplice di silenziare i tanti critici.
Hansi Flick (Germania)
Gary Lineker dice spesso che il gioco del calcio è, in fondo, molto semplice: si va in campo 11 contro 11, si gioca per 90 o 120 minuti e, alla fine, vincono sempre i tedeschi. Gli ultimi anni hanno però incrinato le granitiche sicurezze del popolo tedesco. Dopo il trionfo in Brasile, sono arrivate delusioni sempre più cocenti: dall’inaudita uscita ai gironi in Russia all’eliminazione agli ottavi ad Euro 2020 fino alle prestazioni anonime in Nations League. Come succede spesso nei momenti di crisi, la DFB ha iniziato l’ennesima rifondazione. Via il tecnico-talismano Loew, dentro il suo ex-assistente, reduce da stagioni brillanti all’Allianz Arena. Fuori gli eroi del Maracanà, dentro una nidiata di giovani affamati, prodotto delle scuole calcio teutoniche. Un approccio coraggioso ma non senza rischi, specialmente quando si lascia a casa gente tuttora in grado di fare la differenza, da Hummels all’interista Gosens. Non sarà più la corazzata di una volta, ma la Mannschaft non ha del tutto dimenticato come si vince e sicuramente dirà la sua anche nel mondiale invernale. A complicare le cose ci si potrebbe mettere qualche assenza di troppo: l’elenco di chi il mondiale se lo vedrà alla televisione è impressionante, da Timo Werner a Marco Reus fino al giovane Wirtz.
Il 4-2-3-1 di Flick varia molto ma non può prescindere dalla solidità assoluta in porta, dove i tedeschi hanno il lusso di poter scegliere tra due superstar come Neuer e Ter Stegen. Davanti un mix tra esperienza e gioventù: alle colonne Sule e Rudiger fanno da contraltare i terzini del Lipsia Raum e Klostermann. A fornire la fantasia ci penseranno poi Kimmich e Gundogan, fondamentali nella costruzione del gioco ma non impeccabili in fase di copertura. La trequarti, poi, è una collezione di talenti: se Musiala col Bayern sta facendo meraviglie, Gnabry, Mueller e Sanè non sono certo da meno, sia in termini di fantasia che in quanto a pericolosità. Piuttosto strana, invece, la mancanza di un centravanti tradizionale, particolarmente impressionante dal paese che ha dato i natali a rapaci dell’area come Gerd Muller e Miro Klose. Flick potrebbe affidarsi all’esperienza di Kai Havertz, che nelle partite importanti segna spesso e volentieri o dare spazio a talenti meno conosciuti ma che stanno facendo benissimo, Fullkrug del Werder Brema o il giovane rampante Moukoko. Con una panchina zeppa di talenti le scelte per l’ex tecnico bavarese non mancano di sicuro. Riuscirà la Germania a ritrovare il proverbiale cinismo alle fasi finali dei mondiali? Una cosa è certa: anche se arrivasse l’ennesima figuraccia, difficilmente la federazione tedesca cambierà rotta. Certe pantomime le lasciano volentieri a noi “latini”...
Se Atene piange, Sparta non ride
Se questi quattro commissari tecnici rischiano grosso, non è che i loro colleghi possano dormire sonni tranquilli. I mondiali di calcio, in questo caso, assomigliano al conclave: spesso e volentieri chi entra Papa esce cardinale, anche chi alla vigilia era ritenuto praticamente imbattibile. La situazione, stavolta, potrebbe ripresentarsi per i tre tecnici che si contendono i favori degli esperti; Scaloni, Tite e Deschamps. Sulla carta Brasile e Francia sembrano una spanna sopra le altre, sia in termini di talento che di gioco, seguite a poca distanza dalla sempre coriacea Albiceleste. Lo stesso, però, si diceva dei Bleus di Domenech a Sudafrica 2010 o della Seleçao di Scolari nel mondiale di casa. Invece del previsto trionfo arrivarono le risse nello spogliatoio transalpino e il devastante 1-7 con la Germania che fece il paio col Maracanaço del 1950.
Insomma, per i gufi di casa nostra le occasioni di ridere delle disgrazie altrui non mancheranno di sicuro. Se c’è una cosa sulla Coppa del Mondo che non cambia, dal 1930 ad oggi, è che le sorprese sono sempre all’ordine del giorno. Toccherà accontentarci.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.