Nel mondo del calcio italiano è ormai diventato de rigueur lamentarsi del poco appeal della Coppa Italia, sognando ad occhi aperti la Fa Cup, il torneo più antico al mondo famoso per le “piccole” terribili in grado di far fuori le corazzate della Premier League. Eppure, ogni qual volta che una provinciale elimina una grande, subito si parte con i processi ai campioni. Quello che è successo nelle ore successive al rumoroso tonfo casalingo del Napoli campione d’Italia contro il Frosinone è fin troppo comune alle nostre latitudini. Tutti a prendersela con la prova effettivamente inqualificabile dei partenopei e molti meno che cercano di capire come sia riuscita una neopromossa ad infliggergli un KO così roboante. Vediamo quindi quali possono essere le ragioni dietro al successo dei ciociari e come il resto della Serie A farebbe bene a prendere con le molle l’undici di Eusebio di Francesco.
Sempre coi piedi per terra
Tra il Frosinone e la Coppa Italia il rapporto è sempre stato parecchio complicato, visto che i frusinati non erano mai arrivati agli ottavi fino a questa edizione. Approdare ai quarti eliminando i campioni d’Italia rifilandogli quattro gol nel loro fortino è un’impresa che al Benito Stirpe sarà ricordata chissà per quanti anni. La cosa veramente sorprendente è che l’artefice di questo piccolo miracolo non si fa prendere dall’entusiasmo, continuando a tenere gli occhi puntati sul vero obiettivo: lottare fino alla fine per la salvezza. Eusebio di Francesco sa bene che l’entusiasmo nel calcio è talvolta pericoloso e preferisce rimanere coi piedi ben piantati per terra. Le sue parole nel post-partita sono una dimostrazione di come avere un allenatore esperto e con la testa sulle spalle possa fare la differenza: “Sono molto felice della prestazione e del risultato, abbiamo giocato da squadra e sono felice di tutti ma in particolare di Barrenechea, che è il classico regista moderno. Gli mancava un po’ di intensità ma ora che la sta trovando sta dimostrando tutte le sue qualità”.
Invece di tessere le lodi dei suoi giocatori, non perde occasione per spronare il gruppo, ricordando come le cose in campionato non siano andate sempre per il meglio: “Peccato aver lasciato qualche punto di troppo per strada in campionato, specie fuori casa”. Un colpo al cerchio e uno alla botte, per così dire, guardando sempre avanti, alla sfida complicata contro la Juventus: “Avevamo oggi molte assenze, non avevamo terzini se non Lirola e quindi complimenti a chi si è sacrificato in un ruolo alternativo a quello usuale, dobbiamo recuperare Mazzitelli ed abbiamo ritrovato Harroui con un sistema di gioco differente non abbiamo perso identità ed entusiasmo, le mostreremo anche sabato nella sfida contro la Juventus”. Di Francesco lo sa bene: nel calcio chi si ferma è perduto e scendere in campo contro i bianconeri senza metterci la massima determinazione potrebbe riservare pessime sorprese. I suoi giocatori hanno fatto una prova clamorosa al Maradona ma il merito di questo piccolo miracolo è tutto del tecnico abruzzese.
Il potere del duro lavoro
Come spesso succede agli ottavi, le squadre in campo erano entrambe molto diverse dall’undici titolare che si vede ogni settimana in campionato. Sulla carta la maggiore qualità ed il monte stipendi enormemente più pesante dei partenopei avrebbe dovuto fare la differenza ma qui entrano in campo la lungimiranza del club laziale e la mole di lavoro condotto da Di Francesco nei mesi scorsi. Ancora una volta le parole del tecnico sono significative: “È un’impresa, ma dentro questa vittoria c’è tanto lavoro. Abbiamo mantenuto sempre i nostri principi e dimostrato grande consapevolezza, anche chi ha giocato poco ha disputato una grande prestazione”. A sentire lui sembra tutto semplice, ma la differenza in quanto a determinazione e grinta tra le due squadre in campo è apparsa evidente anche agli osservatori più distratti. Il segreto del Frosinone può essere proprio questo: tener duro nei momenti difficili, non esaltarsi nei momenti migliori e non sprofondare nel pessimismo quando le cose non girano a proprio favore.
Anche qui la mano di Di Francesco è evidente: per costruire il carattere mostrato dal Frosinone specialmente nel secondo tempo ci vuole il manico giusto. Il tecnico, nel complimentarsi con i suoi ragazzi, offre qualche idea su come siano andate le cose nello spogliatoio: “Sono terribili, e soprattutto applicati nel lavoro. Hanno voglia di mettersi in mostra, a disposizione. Sono davvero soddisfatto di questi ragazzi e sono contento per questa società. Meritano questo tipo di traguardo e questa impresa. Dopo la sconfitta di Lecce ho detto alla squadra che il sogno in questo momento deve essere la salvezza del Frosinone, se partono da questo presupposto sicuramente si toglieranno delle grosse soddisfazioni perché il loro futuro può essere radioso ma il presente è qui”.
Una squadra affamata
Una delle leggi immutabili del calcio è che, a volte, la fame fa tutta la differenza del mondo. Basta dare un’occhiata alla rosa del Frosinone per rendersi conto di come siano parecchi i giocatori che hanno già avuto occasioni in squadre importanti nelle quali le cose non sono andate come speravano. Anche se non ha giocato che una ventina di minuti, avere in rosa un talento incredibile come Matias Soulé conta eccome: l’uruguagio gioca sempre con la voglia di spaccare il mondo, di dimostrare a Max Allegri che ha preso una topica clamorosa lasciandolo partire. Cosa dire poi di Kaio Jorge, che al Maradona non è sceso nemmeno in campo ma porta la sua voglia di dimostrare tutto quel che aveva fatto intuire al Santos dopo due anni davvero infernali? Chi ha fatto la differenza al Maradona? Enzo Barrenechea, talento argentino che non ha avuto nemmeno il tempo di far vedere quel che sa fare prima della rottura del crociato che, a soli 20 anni, ha messo a rischio la sua stessa carriera. Paradossale, poi, che ad infierire sul Napoli sia proprio Walid Cheddira, italo-marocchino che sembrava sul punto di esplodere prima di venir spedito a Frosinone dai partenopei.
Stesso vale per Giuseppe Caso, cresciuto nelle giovanili della Fiorentina e dimenticato dal calcio che conta. Quando poi hai al timone uno come Di Francesco, che ha perso diverse volte il treno giusto, tutto torna. “In passato ho fatto delle scelte sbagliate, in certe situazioni sono stato poco paziente e frettoloso in alcune situazioni. Ma ci si ricorda sempre degli ultimi cinque minuti, del finale. Ho affrontato questi momenti di difficoltà e poi ora ho una grande cura, che sono i miei nipoti. Nel calcio ci vuole passione, determinazione, voglia di lavorare duro ed è questo che mi sono imposto quando sono arrivato a Frosinone”.
Non è tutto oro quel che luccica, dato che il Napoli è apparso davvero troppo brutto per essere vero ma fino a quando il Frosinone saprà rimanere cattivo quanto basta, organizzato, umile, determinato ad approfittare di ogni errore al meglio, le rivali faranno bene a prenderlo con le molle. Se anche le riserve possono fare una partita del genere, niente è impossibile per questo gruppo. La Juventus è avvertita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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