Calcio, quando la provincia sopravanza la città

Quello della FeralpiSalò è soltanto l'ultimo di una lunga serie di casi in cui i piccoli comuni si prendono la ribalta nel calcio che conta

Calcio, quando la provincia sopravanza la città

Se oramai lo scudetto in Italia è un affare per le metropoli, nella provincia però le soddisfazioni non mancano. Anzi, a volte esistono realtà dove piccoli paesi riescono a superare nel calcio i grandi capoluoghi. Il caso emblematico più recente riguarda la provincia di Brescia. Qui il calcio è storicamente rappresentato dalle “rondinelle”, da quella formazione cioè da sempre nel giro di Serie A e Serie B e che nei primi anni 2000 ha fatto sognare anche al di fuori dei confini bresciani con Mazzone in panchina e Baggio, Pirlo e Guardiola in campo. Adesso la gerarchia rischia di ribaltarsi: la FeralpiSalò è stata da poco promosso in Serie B, le rondinelle invece sono in piena zona retrocessione in cadetteria.

Non è il primo caso. La storia del calcio italiano è piena di “favole” provenienti direttamente dalla provincia. Alcune sono durate poco, altre invece hanno avuto il tempo di consolidarsi. Tutte però hanno un elemento in comune: aver regalato ai propri tifosi l'emozione di arrivare nel grande calcio, togliendo dall'anonimato paesi conosciuti spesso solo in ambito locale.

Quelle piccole realtà oramai stabili tra le grandi

Il 14 settembre 1986 il Franchi di Firenze è gremito. Sul terreno di gioco dell'impianto del capoluogo toscano è attesa l'Inter. Sugli spalti però non ci sono tifosi gigliati e lo stadio non è dipinto di viola come sempre. Al contrario, il colore predominante è l'azzurro. A giocare in casa non è infatti la Fiorentina, bensì l'Empoli. E quel giorno la squadra fa il suo esordio nella massima serie. Un vero e proprio miracolo sportivo, seppur non festeggiato a maggio sul campo ma arrivato grazie alle penalizzazioni scaturite dal secondo scandalo calciocommesse. Il miracolo quel giorno è diventato sogno grazie al gol di testa di Osio che concede ai toscani la vittoria sui nerazzurri.

Empoli, cittadina a pochi passi da Firenze, si è vista così catapultata nel calcio che conta. Non era la prima squadra di una città non capoluogo a esordire in Serie A. Negli anni '70 era già toccato al Cesena, capace addirittura nella stagione 1975-76 di raggiungere il sesto posto. Oggi però Cesena è capoluogo della sua provincia assieme a Forlì e quell'impresa, seppur non dimenticata, ha un altro aspetto nelle bacheche dei ricordi. Le due compagini, quella empolese e quella cesenate, rappresentano le storie di provincia più importanti. Entrambe non hanno mai abbandonato il calcio che conta, eccezion fatta per il fallimento del Cesena di alcuni anni fa che è costato una stagione tra i dilettanti ai bianconeri.

L'Empoli addirittura è stabilmente tra B e A dalla promozione tra i cadetti ottenuta nel 1996. Un record per chi non è un capoluogo. Un successo forgiato soprattutto da una grande attenzione al settore giovanile, oggi tra i più apprezzati d'Italia. La società, guidata dalla famiglia Corso, ha sempre optato per un mercato oculato, volto a rendere tranquilla la navigazione finanziaria e a valorizzare i propri talenti. Basti pensare che nel quarto di finale di Champions tra Milan e Napoli di martedì, c'erano in campo ben cinque ex azzurri: Ismael Bennacer e Rade Krunic tra i rossoneri, Giovanni Di Lorenzo, Mario Rui e Piotr Zielinski tra i partenopei. Se a Firenze nel 2002 si è caduti nel baratro del fallimento e della ripartenza dalla Serie C2, a Empoli al contrario i tifosi non hanno mai visto un allontanamento dal calcio che conta. Una stabilità che rappresenta un vanto per l'intera cittadina, in grado di essere presente con il proprio nome al fianco di metropoli e città dal blasone e dal bacino d'utenza decisamente più alto.

Un discorso simile può valere per il Cittadella. I granata non sono mai stati nella massima serie, ma sono oramai una realtà stabile in Serie B. E anche in questo caso il confronto con il più blasonato capoluogo è motivo di vanto per l'intera comunità. Cittadella infatti conta poco meno di ventimila abitanti ed è situata all'interno della provincia di Padova. I biancorossi rappresentanti del capoluogo, navigano da anni in Serie C e a più riprese hanno fallito il ritorno tra i cadetti. Il “Sitadea”, come chiamato dai tifosi, applica la stessa filosofia dell'Empoli: mercato oculato e valorizzazione dei giovani. Nonostante le piccole dimensioni del comune, la società vanta 16 partecipazioni in Serie B e in più di una stagione è arrivata a giocarsi la promozione in Serie A. Un obiettivo non così nascosto dalla famiglia Gabrielli, al timone del Cittadella dalla nascita del sodalizio granata.

Sogni brevi ma intensi

In alcuni casi il sogno della provincia è durato poco. Ma ha regalato ugualmente grandi emozioni. Ne sanno qualcosa nella bergamasca. Qui nel 1999 ha fatto scalpore la promozione dell'Alzano Virescit in serie B. L'euforia è durata appena una stagione, ma è bastata per lanciare nel calcio che conta il portiere Alex Calderoni e il centrocampista Simone Barone, futuro campione del mondo nel 2006. Pochi anni dopo, la provincia bergamasca ha visto un'altra compagine andare in B. L'Albinoleffe, nata dalla fusione delle squadre di Albino e Leffe, è stata promossa tra i cadetti nel 2003. Il sogno è durato molto più a lungo rispetto ai cugini dell'Alzano: la squadra, per alcuni anni guidata in panchina anche da Emiliano Mondonico, è riuscita a rimanere in B per nove stagioni di fila. Oggi è in pianta stabile in C, ha costruito un proprio stadio e spera, pur tra non poche difficoltà, di ripetere un giorno le imprese degli anni 2000.

In Liguria è stata la Virtus Entella a portare alla ribalta il calcio della provincia. La società di Chiavari, oggi in C, ha disputato negli ultimi anni diverse stagioni in B da protagonista. E ora è nelle condizioni di aspirare a una nuova impresa per tornare tra i cadetti.

Ma anche al sud non sono mancate imprese di provincia capaci di accendere la fantasia di tutti gli appassionati di calcio. Su tutte spicca quella del Castel di Sangro. Gli abruzzesi guidati da Osvaldo Jaconi e con il timone della società affidato a Gabriele Gravina, nel 1996 sono stati promossi in B. Qui resteranno per due stagioni e nel 1999 si renderanno protagonisti di un altro momento storico: la sfida agli ottavi di finale di Coppa Italia contro l'Inter di Ronaldo. Sempre in Abruzzo, è degna di nota la favola del Lanciano, capace di andare nel 2012 in Serie B. Traguardo mai raggiunto dal Chieti, squadra del capoluogo di provincia.

In Campania la Juve Stabia, il Savoia e la Nocerina hanno potuto vantare alcune stagioni in B. Ma è in Sicilia che è possibile ravvisare imprese capaci di portare la provincia alla ribalta. Nel 1988 il Licata è riuscito a vincere il campionato di C1 e a diventare la prima squadra di una città siciliana non capoluogo a entrare in cadetteria. Fino a quel momento il calcio che conta sull'isola era stato appannaggio solo delle grandi città. Nel 1993 si è avuta invece la promozione dell'Acireale, squadra dell'omonima cittadina della provincia di Catania. Un arrivo in B avvenuto proprio nell'anno del fallimento della squadra del capoluogo etneo, costretta a ripartire dall'Eccellenza.

In tempi più recenti, sono da segnalare le fugaci ma importanti apparizioni in B del Carpi, capace di arrivare in A nel 2015, del Gubbio e del Gallipoli. C'è poi il caso del Sassuolo, oggi tra le società più stabili in Serie A. Ma qui i successi sportivi sono arrivati grazie agli investimenti di una delle proprietà più ricche nel panorama calcistico italiano. Circostanza che non sminuisce il carattere dell'impresa dei neroverdi, ma che la pone su un altro piano rispetto ai sogni coltivati dalle altre piccole/grandi provinciali.

L'unico comune denominatore: la programmazione

Pochi fondi oppure importanti proprietà, le squadre della provincia italiana arrivate in alto hanno avuto, a prescindere, un unico elemento comune: la programmazione. Investimenti mirati e scelte ben definite, hanno fatto da corollario alle imprese spinte poi dall'entusiasmo di piccole ma calorose piazze.

La FeralpiSalò altro non è che l'ultima dimostrazione di come il mix tra programmazione ed entusiasmo può far raggiungere salti prima insperati. E andando a guardare la griglia dell'attuale Serie C, è possibile scorgere all'orizzonte altre future imprese del genere. Come nel caso della Virtus Verona, squadra del quartiere di Porta Venezia del capoluogo scaligero famosa per avere in panchina da 41 anni lo stesso allenatore. Ossia quel Luigi Fresco che della società è anche presidente.

C'è poi il Renate, squadra della provincia di Monza anch'essa più volte vicina alla Serie B.

Così come l'Arzignano, formazione della provincia di Vicenza che alcuni giorni fa si è tolta la soddisfazione di battere i più blasonati cugini biancorossi del capoluogo al Romeo Menti. Picerno, Cerignola e Virtus Francavilla sono invece le tre società che stanno facendo sognare i tifosi nel meridione.

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