Rebus De Ketelaere: flop o chiave del futuro?

Dopo l'arrivo trionfale e un cartellino da 35 milioni pochi si aspettavano che l'adattamento del talento ex Bruges fosse così complicato. Eppure il campioncino belga sembra pronto a svoltare l'angolo, nonostante l'insofferenza del pubblico milanista

Rebus De Ketelaere: flop o chiave del futuro?

La storia del calcio italiano è costellata di grandi campioni che hanno avuto bisogno di parecchio tempo prima di brillare anche alle nostre latitudini. Alcuni, anche talenti assoluti come Zidane, dopo annate complicatissime si sono trasfigurati, mostrando a tutti di cosa erano capaci. Altri, Thierry Henry in testa, hanno avuto bisogno di trasferirsi altrove per brillare di luce propria. Il dilemma che affligge i tifosi rossoneri di fronte al momento nero di quella stella che avrebbe dovuto far fare il salto di qualità all’undici di Pioli, quel ragazzo dalla faccia pulita e dal nome complicato, non è una novità ma non per questo è meno angosciante. Charles de Ketelaere finora non ha fatto vedere che una minima frazione di quelle giocate da campione assoluto mostrate nella sua Bruges ed il suo sorriso timido, onesto, è ormai un ricordo lontano, come il suo arrivo trionfale a Casa Milan la scorsa estate. Più che chiave di volta del futuro del Diavolo, il giovane belga è un oggetto misterioso che fa disperare i sempre più nervosi tifosi rossoneri. Il dilemma è ormai davanti a tutti: ammettere di aver preso una topica o sperare che in qualche modo Charles si metta dietro le paure e riesca a convincere anche i critici più feroci?

Una scommessa ambiziosa

La lunga rincorsa estiva del duo delle meraviglie Maldini-Massara, cui si deve buona parte dell’inopinato 19° scudetto milanista e la tanto agognata firma sembravano un ritorno ai bei tempi andati, quando i rossoneri potevano permettersi il meglio del meglio del calcio mondiale. Difficile trovare un rifinitore migliore di poco più di vent’anni in tutto il panorama europeo, uno in grado di fornire la fantasia e la creatività mostrata solo a sprazzi da Brahim Diaz. Le sempre più importanti analitiche sembravano dipingere un futuro brillante per questo longilineo belga, reduce da una stagione scintillante in patria, con 14 gol e 8 assist. La vera novità era però un’altra: dopo una lunga traversata nel deserto, la sponda rossonera del Naviglio era in grado di spendere parecchio e strappare una giovane promessa alle grandi d’Europa. De Ketelaere era stato paragonato ad altri top del passato, dotati di grande tecnica ed eleganza innata, gente come Riccardino Kakà, l’antitesi al calcio muscolare ed atletico dei nostri tempi. Molti avevano alzato il sopracciglio di fronte al cartellino del prezzo, ben 35 milioni, ma fino a quel momento Maldini e Massara non avevano sbagliato proprio niente. Il passaggio dal grande entusiasmo e dalle aspettative forse irrealistiche alla dura realtà della Serie A è stato tanto brutale quanto traumatico. Dopo un girone d’andata da incubo con poche presenze e nessun gol, molti sono d’accordo con chi sui social chiedeva a gran voce un rimborso per il “pacco” ricevuto dal Belgio. Ogni errore è un chiodo in più sulla bara virtuale del giovane promettente che sarebbe dovuto diventare la bandiera del ritrovato orgoglio del Diavolo.

Charles De Ketelaere

Accuse forse ingiuste?

I primi segnali dell’indisponenza dell’ambiente milanista nei suoi confronti si erano già visti prima del mondiale, quando aveva convinto poco col Monza e con la Cremonese, lontanissimo parente di quel calciatore sicuro, più maturo della sua età che aveva fatto impazzire il Real in Champions. Pioli lo difende, non vuole caricarlo di responsabilità ma, sotto sotto, si aspetta di vederlo rigenerato, finalmente ritrovato dopo il mondiale invernale. Speranza vana, visto che nel tracollo dei Diavoli Rossi di Martinez, Charles trova pochissimo spazio, venendo beccato anche dalla solitamente paziente stampa belga. Lo si accusa di non avere carattere, di essere troppo “molle”, lezioso, tanto irritante quanto abulico, insomma, lo vorremmo diverso da quello che è, un calciatore molto tecnico, leggero, che ha bisogno di parecchio aiuto dai compagni di reparto. Qui forse sta la differenza principale tra gli altri talenti giovani sbocciati sotto l’ala protettiva di Pioli. Sia Leao che Tonali sono forti fisicamente e perfettamente in grado di fare giocate clamorose da soli, stringendo i denti o diventando trascinatori. De Ketelaere è diverso: quando la macchina gira può raggiungere vette sublimi ma, quando le cose non vanno, scompare spesso e volentieri. In sintesi, le stesse ragioni che avevano fatto innamorare il Diavolo del suo “piccolo principe” belga sono quelle che ora vengono usate contro di lui. Charles è troppo tecnico, complicato dentro, etereo nelle sue geometrie mentali eppure capace di illuminazioni straordinarie. Pretendere che abbia la grinta di un Gattuso d’annata è oggettivamente irrealistico. I fatti però sono davanti a tutti: con tutte le sue grandi qualità, De Ketelaere in questo Milan sembra un corpo estraneo.

Stefano Pioli e Charles De Ketelaere

Serve una mano dai compagni

La cosa che fa andare in bestia i tifosi del Diavolo è che, ogni tanto, si intravede quanto bene potrebbe fare il belga con il Milan. Alcuni suoi tocchi precisi ed eleganti sono merce rarissima nel calcio di oggidì. Le solite statistiche, quelle delle quali l’universo pallonaro non riesce a fare a meno, raccontano come, sebbene manchi di regolarità, quando Pioli lo mette in campo, Charles comunque crea occasioni, passaggi interessanti. Più che il ruolo in campo, il problema vero sembra l’affiatamento coi compagni di reparto, che non hanno ancora capito come sfruttare al meglio la sua visione di gioco unica. Questa, forse, è la fonte alla base dell’imbarazzo mostrato in campo dal belga, troppo timido per pretendere che i compagni gli diano una mano e troppo sfortunato per trovare quel colpo risolutivo. Nel disastro col Toro in Coppa Italia non aveva fatto nemmeno troppo male, prima di finire la benzina ma un paio di occasioni non sono certo il contributo che Pioli si aspetta da lui. Vorrebbe che facesse la differenza ma da solo non può riuscirci: ha bisogno che gli altri giochino per lui, richiesta poco realistica in un momento di forma tanto buio. La sensazione è che sia sul punto di trovare la svolta, che gli manchi solo un colpo di fortuna, una deviazione, qualcosa in grado di farlo tornare quello di una volta.

Infierire non serve a nessuno

Sembra abbastanza evidente che il prezzo importante e le aspettative eccessive dell’esordio gli stiano rendendo la vita molto più complicata del dovuto. Non dimentichiamo che questa era una scommessa ambiziosa anche per lui. Avrebbe potuto accontentarsi di fare da comprimario in una squadra della Premier, senza avere tutti i riflettori puntati addosso ma ha scelto di scommettere su sé stesso e sfidare il giudizio severo di un pubblico di bocca buona come quello milanista. A volte, come ha ammesso lo stesso Pioli, la parte difficile è capire quali siano i blocchi mentali ad impedire ad un campione di rendere al massimo. Marcel Jacobs ha avuto bisogno di un mental coach per svoltare l’angolo e trionfare a Tokyo. Forse il problema di De Ketelaere è simile, forse è diverso ma una cosa è certa: accanirsi su di lui sui social, fischiarlo ogni volta che non gli riesce una giocata non solo è ingeneroso ma quasi tafazziano. La rinascita della Serie A non verrà dall’ennesimo campione stagionato venuto a svernare al sole italiano. Per tornare a far innamorare il mondo servono giocatori giovani, speciali, capaci di incantare il pubblico con un tocco. Charles De Ketelaere potrebbe essere un talento del genere o intristirsi ulteriormente, perdersi nel labirinto mentale delle sue insicurezze.

Vogliamo davvero che faccia la fine di Kulusevski e Bentancur, costretti a fuggire da un calcio che non sapeva valorizzarli per confermarsi i campioni che sono in Premier League? Il Milan e la Serie A non se lo possono davvero permettere.

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