"Dammi solo un minuto", si sgolavano i Pooh, provando a raccogliere gli ultimi cocci di una relazione frantumata. DeLa e Luciano da Certaldo però no, non si vogliono più concedere nemmeno un soffio di fiato, un attimo ancora. Stare insieme è finito. Dirselo se lo sono detti. Ora tocca sciogliere l'impasse per comunicarlo ufficialmente al resto del mondo. Sbrogliare il surreale stallo alla messicana che si è creato a ridosso di un titolo ancora caldo, eppure così soltanto parzialmente goduto.
Spalletti, al solito dispensatore munifico di periodi sintattici vagamente logorroici, ha cercato di essere il più esplicito possibile. "Non sto aspettando niente, è tutto chiaro e definito. E abbiamo convenuto con De Laurentiis di aspettare a dirlo". Gioco, partita e incontro. Nemmeno il tempo degli strapazzi fisici per festeggiare un titolo che languiva da 33 anni. Una compressa al cianuro sciolta dentro la più succosa delle bibite. Chiaro che il legame non possa derubricarsi a sabbia che scorre improvvisamente via tra i polpastrelli. Il rapporto era logoro da un pezzo. Niente è piovuto addosso, come ha rammentato il mister.
Se esistesse una piega spazio - temporale dentro la quale sporgersi, per scorgere la nascita di questo malessere, probabilmente sarebbe quel famigerato 24 aprile di un anno fa. Il Napoli si fa crivellare a Empoli e smarrisce la via dello scudetto. Anche la qualificazione alla Champions sembra oscillare. Aurelio è furente. Il viaggio di ritorno pare un soufflé di rabbia e mestizia. Medita l'epurazione istantanea, poi ci rimugina e cambia idea. Spalletti resta in sella, vince a manovella, va in Champions e il resto lo sappiamo già.
Ma da quel giorno si forma una crepa destinata a spingere i due bordi sempre più distanti. Fino ad erompere in voragine insanabile. Assurdo, se si soppesa la questione, che l'allenatore del terzo scudetto non guidi la squadra anche il prossimo anno. Quello, per intendersi, del tentativo annunciato di abbordaggio alla Champions. Parrebbe un harakiri sportivo quasi inedito, ma l'alternativa non esiste. DeLa e Luciano devono aver vissuto un ultimo anno intriso di frizioni. Da separati in casa. E quando i sentimenti si rompono, non c'è pomata salvifica che possa ripararli.
Certo, l'allusione campestre di Spalletti invita a pensare ad un anno sabbatico. A quel ritorno, stivali ai piedi, nella tenuta che gli è tanto cara, tra paperi e filari. Anche perché la clausola scattata con il rinnovo automatico del contratto non consente altrimenti. A meno che non arrivi qualcuno a saldarla, ovvio. E il Napoli, improvvisamente orfano del suo più lucente condottiero? Le suggestioni si sprecano. C'è un piccolo esercito di svincolati di lusso dannatamente appetitosi. Antonio Conte è il primo della lista, anche se la sua attitudine con le coppe è inversamente proporzionale all'andamento in campionato. Poi c'è l'ex Bayern Julian Nagelsmann, ma per liberarlo serve pagare una clausola da 10 milioni di euro. Tra i pezzi pregiati figura pure Luis Enrique, uno che sa come flirtare con le coppe. E poi occhio alle strade che portano a Gasperini, Italiano, De Zerbi.
Tutti certamente ottimi, nessuno come Spalletti. L'impressione - sussurrano i menagrami - è che in estate si debba assistere alla rifondazione calcistica di una squadra che aveva mostrato sincronismi perfetti. Il ds Giuntoli verso la Juve. Le sirene della Premier pronte a ghermire Osimhen e Kim. Sarebbe un mezzo delitto smontare questa ensemble, anche se poi il pallone insegna che sempre si può rinascere. L'estate scorsa il Napoli non veniva indicato nemmeno tra le prime quattro.
La combinazione
magica è però frutto di equilibri gracili. Ritrovarla potrebbe essere un'impresa. Nel frattempo dal cielo azzurro viene giù il primo pezzo d'intonaco. "Noi tranquilli e lontani, ognuno per sé, piangeremo domani".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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