Dopo il trionfo dell’Atalanta in Europa League molti hanno dimenticato la prima provinciale ammazza-grandi, la squadra che ha dimostrato come gestendo un club in maniera razionale ed oculata si possano garantire risultati e profitti anche nel calcio italiano. Eppure, a pochi minuti dalla fine dell’ultima giornata di Serie A, l’Udinese rischiava la retrocessione dopo 30 anni di permanenza nel massimo campionato. Il modello applicato con costanza dalla famiglia Pozzo si è forse inceppato o si è trattato solo di una stagione sfortunata? Il patron dei friulani, invece di mollare come tanti altri imprenditori italiani, ha deciso di rilanciare, così da garantire un futuro tranquillo e, magari, qualche altra soddisfazione ai tifosi dell’Udinese.
30 anni di alti e bassi
I più giovani possono avere l’impressione che una Serie A senza i friulani non avrebbe senso, tanto siamo abituati alla presenza dei bianconeri nel massimo campionato ma il fatto che una squadra con un bacino di utenza così piccolo sia sempre al top non è affatto scontato. L’undici di Cannavaro è in Serie A da più tempo di squadroni come Juventus, Napoli e la stessa Atalanta, raggiungendo vette altissime e riuscendo sempre, in un modo o nell’altro, a far tornare i conti. Dopo i mitici anni ‘80, quelli che videro campionissimi come Zico al Friuli, sotto la gestione di un imprenditore oculato come Gianpiero Pozzo, l’Udinese è diventata una presenza costante in Serie A dal 1995, quando Alberto Zaccheroni creò una squadra in grado di creare grattacapi alle grandi, tanto da qualificarsi due volte di fila alla Coppa Uefa, chiudendo al terzo posto tre anni dopo.
Salutato Oliver Bierhoff ed il tecnico, saranno parecchi i tecnici a susseguirsi sulla panchina dell’Udinese, da Guidolin a De Canio, da Spalletti all’inglese Roy Hodgson, da Ventura alla seconda era Spalletti, decisamente più fortunata della prima. È proprio il tecnico toscano, con le reti di Iaquinta ed Antonio Di Natale, a trascinare i friulani alla storica qualificazione alla Champions prima di approdare alla Roma e lasciare il posto a Cosmi. Nonostante il terzo posto dietro a Barcellona e Werder Brema, il vulcanico tecnico venne esonerato, aprendo una nuova girandola di allenatori fino all’arrivo di Pasquale Marino. L’Udinese nel 2007 sfiorò ancora la Champions, finendo settima per due anni consecutivi, grazie al duo Di Natale-Quagliarella per aprire un nuovo ciclo con Guidolin nel 2010.
Con talenti come Handanovic, Alexis Sanchez, Cuadrado e Benatia, i friulani si guadagnano due qualificazioni consecutive alla Champions, con Di Natale capocannoniere e bandiera a vita. Nonostante le sconfitte ai preliminari con Arsenal e Braga, l’Udinese gioca alla grande, rimanendo ancora per due anni ai vertici, prima dell’inizio di un periodo complicato e tante cessioni dolorose. Stramaccioni, Colantuono, De Canio rischiano più volte la retrocessione, come lo stesso Tudor nel 2018 al passato più recente, con troppi cambi in panchina e diverse salvezze in extremis. Il 12° posto dell’Udinese di Cioffi e di quella di Sottil sembravano aver rotto la maledizione ma l’ultima stagione si è rivelata un calvario, con la situazione sempre più precaria nonostante il ritorno di Cioffi fino alla serie di risultati utili fatti segnare da Fabio Cannavaro che sono valsi ai friulani la trentesima stagione nel massimo campionato.
Sul filo del rasoio
Da quel lontano 29 luglio 1986, quando l’imprenditore friulano comprò l’Udinese in un momento molto difficile per il club, la strategia della famiglia Pozzo è sempre rimasta la stessa: innovazione e sostenibilità prima di tutto, senza fare mai il passo più lungo della gamba, tenendo d’occhio l’equilibrio tra ricavi e costi. La seconda proprietà più longeva della Serie A dietro alla famiglia Agnelli è sempre riuscita a tenere la barra dritta, nonostante le spese sostenute per la ristrutturazione dello stadio: il passivo di 69 milioni di euro fatto segnare l’anno scorso è una rarità quasi assoluta, considerato che, secondo lo studio del Cies Football Observatory, l’Udinese è il decimo club al mondo in quanto ad utili, guadagnando ben 131 milioni di euro dal 2018 al 2023. Il successo ad Udine ha consentito ai Pozzo di espandersi, prima riportando nella Liga il Granada, poi ceduto ad un colosso cinese, fino all’acquisto più importante, il Watford.
Dal 2012 ad oggi, gli Hornets hanno vissuto parecchie stagioni in Premier League, garantendo enormi profitti e diverse soddisfazioni alla famiglia Pozzo. Molti in Friuli si sono detti convinti che i problemi dell’Udinese siano iniziati proprio da quando il club londinese ha attratto la maggioranza degli investimenti e dell’attenzione ma questo è inevitabile, considerato quanto possa valere una stagione in Premier League. Per anni il modello Pozzo ha funzionato grazie ad una struttura di scouting ai massimi livelli, tanto da garantire un livello di plusvalenze inusitato in Italia: dai primi anni ‘90 al 2016, il club friulano ha guadagnato qualcosa come 647,8 milioni di euro rivendendo a peso d’oro i propri giocatori. Dalla storica cessione di Marcio Amoroso al Parma che garantì 71 miliardi di lire di profitto fino al passaggio del Niño Maravilla Alexis Sanchez al Barcellona, una plusvalenza da oltre 35 milioni di euro, il modello sembrava a prova di bomba. Eppure è un gioco pericoloso, sempre sul filo del rasoio: bastano un paio di scommesse sbagliate per far saltare tutto.
Pozzo: “Squadra da metà classifica”
Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, il patron dell’Udinese ammette il grande spavento per la salvezza conquistata all’ultimo minuto e come abbia sofferto tantissimo nello scontro salvezza contro il Frosinone. L’Udinese resta una passione vera ma anche l’azienda di famiglia, il che ha reso ancora più dolorosa la parabola discendente dei bianconeri in una stagione disgraziata, con i tanti infortuni che hanno rischiato di rovinare una striscia memorabile. Pozzo ammette di essersi “vergognato di certi risultati” e che l’Udinese non è più abituata a soffrire: alla lunga la strategia di puntare sui giovani Brenner e Davis ha pagato ma è stato davvero un cammino ad ostacoli, risollevato in extremis dall’arrivo di Fabio Cannavaro, tecnico che i Pozzo vorrebbero trattenere ad Udine anche per la prossima stagione.
Questo non vuol dire che il modello Pozzo sarà abbandonato del tutto: difficile vedere giocatori italiani, gli affari si fanno ancora all’estero e nessuno dovrebbe affezionarsi troppo ai campioni più talentuosi. L’approccio del patron è sempre lo stesso: “Siamo una provinciale. Non dipende da noi. Se arriva una grande squadra e una super offerta come fai a tenerli?”. Il futuro, però, dovrebbe essere più tranquillo: ripartendo dagli eroi della salvezza, Lucca e Davis, Pozzo promette investimenti e “una squadra da metà classifica”, magari riportando Antonio Di Natale in società, come già fatto con Pinzi. Le Zebrette si sono guadagnate sul filo di lana la trentesima stagione consecutiva in Serie A, ricordando a tutti come la salvezza non sia affatto scontata.
La speranza è che il modello venga imitato sempre più spesso: magari sarà rischioso, magari ti fa perdere qualche anno di vita ma è l’unico modo per fare calcio in Italia in maniera davvero sostenibile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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